You'll Never Find Me

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Raggiunta Luxor, i tre ragazzi piombarono nel primo hotel che gli capitò sott'occhio, guardandosi intorno sospettosi a causa dell'avvertimento dato dal faraone: qualcuno li stava seguendo. Anzi, stava seguendo Joey, ma non avevano idea di chi fosse e se li stesse già attaccando con qualche strano potere stand difficile da notare.

Non uscirono dalle loro stanze fino al mattino successivo, quando si incontrarono al buffet per fare colazione.
«Ti senti strano?» fu la prima cosa che Ofelia chiese al ragazzo, mordendo un cornetto al cioccolato.
«Sei tu che mi fai sentire strano, smettila di guardarmi in quel modo» rispose lui di pessimo umore, dato che non era riuscito a chiudere occhio.

Aveva passato la notte a rigirarsi tra le coperte che, poco collaborative, si erano intrecciate così tanto alle sue gambe da farlo inciampare quando si era alzato per andare in bagno. Nonostante la stanchezza, irritazione e brutti pensieri gli avevano impedito di dormire in modo decente, come se la preoccupazione che un nemico lo stesse prendendo di mira non fosse abbastanza. Di sicuro era colpa di quell'antipatico di Tutankhamon, lo aveva davvero fatto innervosire con quel tono melenso e lo sguardo altezzoso.

«Ho già chiamato l'autista, ci sta aspettando fuori» disse Theodor, senza alzare lo sguardo da un opuscolo sulla Valle dei Re che aveva trovato sul tavolino della sua camera da letto.
«Ma certo, bzzz l'intelligentone ha già deciso tutto, come al solito, senza chiedere o confrontarsi con nessuno»
Joey scacciò via quella vocina ronzante, scambiandola per nervosismo. Quindi bevve tutto d'un fiato la spremuta d'arancia e abbandonò a malincuore la ciotola di cereali piena per metà. Era stanco di quei ritmi e della costante paura di essere attaccato, e non fare un buon primo pasto lo faceva sentire ancora peggio. Sperava solo di non avere un calo di zuccheri.

Ad attenderli c'era una bellissima ragazza dalla pelle scura, con un velo avvolto attorno alla testa così lungo da arrivare fino a terra. Davanti ai suoi occhi di una particolarissima sfumatura viola, pendevano due ciocche di capelli, intrecciate e decorate con alcune perline.
«Dov'è Beifong?»
«Abbiamo sbagliato auto?»
«Nessun errore! Sono Kamila, è davvero un piacere conoscervi» sorridente, aprì le portiere per far accomodare i passeggeri.
«Non credo di averti mai vista» mormorò il biondo, cercando di ricordare quel volto tra i tanti che aveva incontrato a lavoro.
«Sono stata trasferita a Venezia poco dopo la vostra partenza, tutti non facevano altro che parlare di voi!» e così mostrò il tesserino della Fondazione, a cui nessuno poté replicare.

Avendo notato il malumore dell'amico, Ofelia gli concesse il tanto agognato sedile anteriore ma, nonostante il movimentato paesaggio fuori dal finestrino, star seduta lì dietro la annoiava tantissimo. Dopo aver tirato a Theodor un bel pugno sulla spalla urlando «Macchina gialla!» iniziò a parlottare con lui ininterrottamente, disturbando il povero Joey che avrebbe tanto voluto recuperare qualche ora di sonno.
«Joey Jordie traditore, dannato ed impostore! Il passato è tornato, e la sua morte hai rinnegato!»
«Cosa farai una volta trovata la freccia? Metterai di nuovo i tuoi compagni in pericolo o la affronterai da solo?»

Di nuovo, il ragazzo tentò di ignorare quei brutti pensieri dettati solo dalla stanchezza. O almeno così credeva.

Non sapeva che l'attacco dello stand nemico era iniziato già da quando aveva incontrato il faraone, ecco perché si era comportato in modo impulsivo e impaziente. Era stato preso di mira da ore, motivo per cui la parte più oscura della sua coscienza aveva ormai preso il sopravvento, ottenendo la forma fisica di una cimice che continuava a sussurrargli nelle orecchie tutte quelle cose orribili. Con il tempo sarebbe solo peggiorato, fino al punto di perdere il controllo della sua mente e abbandonarsi all'oblio.

Non sapeva nemmeno che Beifong era stato aggredito e messo dentro il cofano dell'auto con le mani legate, un bavaglio e una brutta ferita sanguinante alla testa.

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