02. 𝐎𝐦𝐛𝐫𝐞

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L'odore di caffè appena fatto e il particolare rumore della caffetteria sul fuoco pervadeva il piccolo monolocale. Il naso molto sensibile del giovane studente venne stuzzicato dall'odore pungente; era sempre stato molto sensibile agli odori. Alzò gli occhi dal piccolo quadernetto dalla copertina di un azzurro simile a quello di un fiordaliso, levò il caffè dal fuoco e lo versò nel suo termos. Non era il tipo dipendente dalla caffeina o che beveva più di cinque caffè al giorno, era semplicemente curioso di prepararne uno. In fondo tra poco sarebbe diventato un guru nel preparare i caffè.

La sera prima aveva aperto il pacco consegnato dalla signora Choi, era pieno di tanti oggetti utili: la caffettiera, del bagnoschiuma ai fiori d'arancio, un libro di ricette scritto a mano, dei semi di piante aromatiche... Inoltre, c'erano tanti piccoli oggettini di arredamento ma fu colpito da una serie di lucine a LED.

Da piccolo, per colpa di qualche bambino che gli aveva tirato un brutto tiro, rinchiudendolo per più di tre ore in uno sgabuzzino, facendo versi spaventosi e burlandosi di lui, aveva paura del buio. Non riusciva mai a dormire, così i genitori gli comprarono delle lucine da mettere sulla testiera del letto; era un po' come dormire sotto le stelle. Non le aveva mai viste; dal suo quartiere la vista del cielo era limitata dai tetti delle grandi fabbriche e degli alti condomini. Ma a contrapporsi alla paura c'era l'attrazione che aveva per la notte, quell'attrazione misteriosa e pericolosa. Molti artisti facevano, e fanno, della notte fonte d'ispirazione.

La vita è arte per quanto bella o brutta sia. Può essere un quadro con immense praterie attraversate da fiumi o una straziante e macabra melodia ma era pur sempre la forma d'arte che più conosciamo e più ignoriamo.

Uscì di casa saltellano tra le mattonelle dei marciapiedi. Il cortile era gremito di studenti di ogni facoltà: gli studenti di lingue straniere raccontavano le loro vacanze in località straniere e riportavano i bizzarri accenti delle altre persone; i ragazzi che frequentavano i corsi d'arte lodavano e auto criticavano i propri disegni; i musicisti chiacchieravano allegri cantando le canzoni dell'estate passata simulando con le dita le note.

Un ragazzo in particolare muoveva le dita sul vuoto ma a Jungkook sembrò di vederlo per le strade afose a suonare con la sua tastiera, forse anche con una bandana tra i capelli per coprire la fronte sudata. Magari aveva unito coppie facendoli ballare sulle note di una hit estiva o della musica latina o aveva regalato ricordi con le ballate sulle spiagge. Alla fine se non riusciva lui a immaginare le cose chi poteva farlo.

Jungkook avrebbe voluto diventare uno scrittore o anche un giornalista. Sentiva di avere il potere di trasformare il leggiadro volo di una libellula in una storia. Il suo quadernino azzurro era pieno di appunti su trame e sottotrame. Delle volte appuntava cosa gli veniva in mente, da cosa aveva mangiato a cena a riflessione più profonde e accurate di un piatto di noodles freddi.

Vedeva già delle ragazze dai capelli colorati come le future fate o come personaggi di un fantasy. Altri ragazzi più robusti come gli impavidi cavalieri del ragazzo che fungeva da leader nel gruppo. Lotte, castelli infestati, delitti passionali e amori proibiti...

Il pianista di prima, ad esempio, non sapeva se classificarlo come un musicista di quelli delle spiagge della California o come una persona più tormentata e introversa, un po' un Edward Cullen senza i canini da vampiro.

Gli piaceva sconvolgere stereotipi. A prima vista quel ragazzo all'ombra dell'albero con le cuffiette nelle orecchie e lo zaino sulle gambe sarebbe stato preso per un pianista depresso, il cui diletto era suonare melodie tristi e malinconiche.
Aveva i capelli marroncini con delle ciocche bionde che coprivano il viso pallido che aveva un'espressione rilassata mentre continuava a suonare.

Decise di appuntarlo sul suo quaderno.

Il pianista dell'ombra/Musicista delle spiagge della California

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