winter sadness

30 4 9
                                    

˚ ༘♡ ·˚ ₊˚ˑ༄ؘ

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

˚ ༘♡ ·˚ ₊˚ˑ༄ؘ

I fiocchi di neve cadevano fuori dalla sua finestra fluttuando nell'aria in una magnifica e melanconica danza, piroettando su loro stessi, accarezzati dai pungenti venti freddi, illuminati dalla luce fioca di un tardo pomeriggio invernale. Andavano poi a posarsi sull'asfalto, sciogliendosi al primo contatto con esso, imperlandolo di gocce d'acqua, raggruppandosi in torbide pozzanghere.

Elia guardava fuori dalla finestra lo spettacolo dell'inverno. Vedeva le cime degli alberi piegarsi e incurvarsi in lontananza a causa delle raffiche di vento che li colpivano, ed i palazzi rabbrividire per il gelo e stringersi nella loro coperta d'intonaco grigiastro. Il freddo s'infilava in ogni crepa presente sui muri, in ogni piccola intercapedine, sussurrando un'aspra nenia, invitando le persone a non uscire dalle case, a crogiolarsi ancora un po' nel più caldo degli abbracci, o davanti al camino.

Sebbene fossero le sei di pomeriggio, Elia fingeva di dormire. Aveva gli occhi gonfi di pianto salmastro, resi opachi ed annacquati da tutte le lacrime che aveva versato finché non ne era rimasta neanche più una goccia, finché l'unica cosa che rimaneva era il ricordo del loro contatto con la pelle del volto, il loro sapore salato sulle labbra e sulla punta della lingua, il pizzicore che avevano lasciato impresso sotto le palpebre. Occhi rossi, bianchi e neri, che avevano perso ogni scintilla d'emozione, ogni briciolo di passione per la vita. Fingeva di dormire cullato dal fruscio che il vento produceva zigzagando fra i rami semi-spogli degli alberi, dal rumore delle sporadiche auto che sfrecciavano per le strade, dai sospiri stanchi del sole, che ancora si stagliava pallidamente contro la distesa del cielo, un po' restio a cedere il posto alla luna e alle stelle. Lo scorcio di cielo che Elia riusciva a scorgere tra i tetti delle case e il bordo superiore della sua finestra era di un colore che non aveva mai visto prima, in bilico fra il bianco lattiginoso tipico di dicembre e il freddo blu cobalto di una notte in procinto di nascere e discendere sull'intera città. Con lo scorrere frettoloso dei minuti, anche lunghe pennellate di blu scuro iniziarono ad allungare le loro braccia e ad avvolgere le case, stritolandole tra le loro dita affusolate, infilandosi e strisciando per i vicoli più stretti, serpeggiando fra le auto parcheggiate, fra gli alberi e i pali della luce, destreggiandosi come esperti piloti fra i fiocchi di neve che ancora vorticavano nel cielo. Un pittore maldestro iniziò a spruzzare la sua tela con scintille bianche e gialle – la luna non accennava ad apparire.

Elia stese una mano verso l'alto, l'allungò alla volta del soffitto come a volerlo toccare, e sospirò. Gli sembrava così lontano. Tutto gli sembrava così lontano. Girò la testa verso destra solo per trovarsi faccia a faccia con l'intonaco bianco crema della parete della sua stanza. Tirò un altro sospiro lunghissimo, infinito, e tornò a fissare il soffitto. Gli balenò in testa il pensiero che forse era lui quello che si era allontanato da tutto. I suoni della sua città gli arrivavano ovattati alle orecchie – il rumore degli pneumatici che stridevano sull'asfalto pieno di buche, il ticchettio dei tacchi di una donna che passava di fretta proprio sotto la sua finestra, il clangore delle persiane delle finestre che sbattevano, le urla indemoniate del vento che sferzava l'aria.

𝗴𝗵𝗼𝘀𝘁𝘀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora