Sara.

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Sara era spaventata

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Sara era spaventata. non poco. ma non era quella paura che ti prende quando guardi un film dell'orrore. era terrore puro che la stava mangiando da dentro. la divorava. lei non poteva fare nulla per impedirlo. lei continuava a sostenere che tutto ciò fosse colpa sua - ma è quello che facciamo un po' tutti, no? ci addossiamo delle colpe che non abbiamo, forse per sentirci l'anima piena. tutto ciò era colpa dei suoi occhi, invece. i suoi occhi non le donavano - erano troppo scuri su una pelle già scura, di un tono sbagliato - non riuscivo mai a guardarla negli occhi. erano occhi che vedevano, sì, lei ci vedeva. (no, portava gli occhiali ma diceva di non averne bisogno, perciò non li indossava mai).
beh, i suoi occhi vedevano gli sbagli del mondo - lo so che è poetico detto così. teneva spesso gli occhi chiusi, perché non voleva vedere più, non voleva vedere gli sbagli, non voleva sbagliare, non voleva essere sbagliata. la notte non dormiva, ma a occhi chiusi sognava sigarette, lamette e sangue secco, dolci melodie di sottofondo alla sua vita - braccia doloranti e odore di campagna.
Sara morì in una mattina d'inverno. si gelava eppure lei era a maniche corte. sono sicura che volesse tornare a provare qualcosa, provare qualche sentimento, uno qualunque, e il freddo bruciante sulla pelle nuda era l'unico che riuscisse a tirarla fuori dalla bianca apatia in cui era sprofondata e riuscisse a farle capire che era ancora viva. voleva sentirsi viva, viva per l'ultima volta, prima di morire, morire per rinascere. Sara morì in una mattina d'inverno e io mi sento in colpa perché io ero lì e non l'ho impedito. mi sento in colpa ma non è colpa mia, rimpiazzo solo questo vuoto che sento con qualcosa, qualche sentimento, uno qualunque. Sara morì in una mattina d'inverno e aveva gli occhi chiusi per non vedere l'ultima cosa sbagliata che stava per fare. Sara morì in una mattina d'inverno, quando fuori si gelava ma lei dentro si sentiva finalmente scaldata, scaldata da qualcosa, qualche sentimento, uno qualunque. Sara morì in una mattina d'inverno, quando il suo corpo steso sul marciapiede gelato emanava un alone di battaglia, un alone di vittoria. aveva combattuto e aveva vinto. Sara morì in una mattina d'inverno, quando nella mia mente era rimasto solo il suono del suo corpo che cadeva, era rimasto impresso il rosso del sangue, il colore scuro dei suoi occhi aperti, che non le donava. Sara morì, quando nella mia mente non c'era più nulla che potesse ricordarla, nulla che potesse riportare in vita la sua memoria. Sara morì quando i suoi occhi si chiusero. Sara morì quando i suoi occhi non riuscirono più a vedere sbagli, non riuscirono più a vedere me, non riuscirono più a vedere e basta. Sara morì e basta.

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