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apre gli occhi solo per sbattere la faccia sul muro della notte. è paralizzato, incapace di muovere braccia o gambe, di girare il collo a sinistra o a destra, non riesce nemmeno a schiudere la bocca - le labbra sembrano incollate fra loro. è fermo, immobile, impietrito. il suo corpo non collabora, e per quanto cerchi di muoversi e fuggire rimane sempre lì dov'è. ma poi, dov'è? non lo sa, non ne ha idea. la sua mente è così offuscata che non saprebbe neanche dire se si trova in piedi o se giace supino. l'unica cosa che percepisce è una sensazione di gelo che percorre tutto il suo corpo inerme.
poi, nella solida, blasonata oscurità che lo circonda, sente mancare per un attimo la terra sotto i piedi - o sotto la schiena, chi lo sa - e annega nel vuoto. annega annega annega. prova ad aggrapparsi all'ultimo ricordo felice, allunga la mano e crede di poterlo afferrare - ma quello sfugge, davanti ai suoi occhi sbiadisce fino a scomparire, si dissolve, svanisce. e lui cade cade cade. precipita in un mare in burrasca, i suoi polmoni si riempiono d'acqua fino a soffocarlo e ucciderlo e affogarlo, e il gelo delle violente onde s'infila fin dentro le sue ossa, finché non viene trascinato via dalla corrente, finché non viene sbattuto contro gli scogli, contro la riva, contro la sabbia.
finché non si ritrova disteso nel suo letto. finché non viene sbattuto contro la realtà.
tutto sembra tacere attorno a lui, l'unico rumore che si sente solo le piccole gocce di pioggia di un temporale estivo che picchiettano incessanti sull'asfalto e sui tetti delle automobili. lancia uno sguardo alla sua finestra e le osserva scendere e rincorrersi sul vetro. portate via con voi tutto il mio dolore, portate via i miei ricordi, le mie sofferenze, fateli scivolare via dal mio corpo. è l'unica cosa a cui riesce a pensare mentre si strugge e si rivolta in un letto di lacrime.
però però però.
però gli sembra di non essere mai stato felice.
ha accartocciato gli anni migliori della sua vita e li ha gettati nel cestino della carta, con un canestro perfetto da sei metri di distanza - come si fa con gli scontrini vecchi, i tovaglioli sporchi, i fogli usati ormai inutili. sente un vuoto lacerante dentro, una cosmica mancanza siderale. una rabbia ingiustificata verso chiunque. solo la voglia di essere sepolto vivo, tre metri sotto terra. sente che stava andando tutto così bene, così bene, poi ha girato la testa e s'è distratto un attimo e tutto è svanito in un battito di ciglia, in un millisecondo. la felicità è davvero così fugace, effimera? ma come ha fatto a perdere tutto in così poco tempo? come ha fatto a non accorgersi di essere rimasto solo?
eppure, eppure, eppure! vorrebbe mangiarsi le mani fino all'osso! si è lasciato sfuggire tutto da sotto gli occhi, come una folata di vento autunnale trascina via con sé le ultime foglie rosse e gialle attaccate ai rami degli alberi. andava tutto così bene e lui stava così bene. era così felice. e poi, nel tempo di un respiro, di lui non era rimasto niente. si era reso conto che di lui non era rimasto proprio niente, solo un involucro vuoto della persona che era una volta. solo fotografie in bianco e nero e ricordi dal retrogusto amaro. spine nel cuore di chi l'aveva conosciuto. macchie d'olio sulle tovaglie, ventidue libri iniziati ma mai finiti e fin troppi scheletri negli armadi. aveva perso tutti i suoi colori, tutte le sue emozioni - però l'invidia e la rabbia ancora ringhiano in fondo alla sua gola.
sbatte gli occhi un milione di volte per cancellare tutte le visione che il suo cervello gli piazza davanti con prepotenza. vorrebbe solo cancellare una volta per tutte la sua intera esistenza sulla terra. sarebbe forse stato meglio se non essere mai nato? magari, se non fosse mai esistito sul pianeta terra... riusciva a vedere il suo corpo fluttuare in eterno nello spazio, fra le stelle e le nebulose, navigando fra le galassie.
perso nei suoi pensieri iperspaziali, viene assalito da sfrigolanti memorie dal sapore di casa. dolci, dolcissimi ricordi. odore di pane fatto in casa e cloro di piscina, tramonti rosa-arancio, lenzuola stropicciate, gli sguardi delle persone che aveva amato tanto da impazzire. e forse accenna un sorriso fra le lacrime. e forse qualcuna delle crepe del cuore, adesso, non sembra poi così profonda.
ma ancora lui non ci capisce niente di niente, non è ancora in grado di rimettere insieme i pezzi - quei pezzi scheggiati che si sono sparsi su tutto il pavimento quando lui è rovinosamente crollato e precipitato in terra.
è ancora così difficile, per lui, fare ordine fra la matassa annodata dei suoi pensieri. provarci gli sembra persino inutile: per quanto si sforzi, tutto pare essere solo un enorme banco di nebbia lattiginosa, che striscia indisturbato fra i suoi ricordi felici, avvolge visi e corpi delle persone, s'infila fra paesaggi e scenari, ovatta tutti i suoni, nasconde gli odori. c'è però un odore che continua a distinguere chiaramente su tutti gli altri: è un odore acre di terra bagnata, l'odore che ha l'erba dopo che la tempesta è passata. passerà anche per lui la tempesta? passerà. passa sempre per tutti. e quindi passerà anche per lui, ne è sicuro. si culla nelle pieghe di questo pensiero, specchiandosi nella memoria di tutte le tempeste che sono già passate.
passerà.
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ugh. cosa posso dire? saranno sei mesi che non scrivo niente per questa raccolta. non mi sentivo più all'altezza di questa storia, se pure ha senso quello che ho appena detto. però rieccomi. questi mesi non sono stati un granché per me, senza farla più tragica e drammatica di quella che è. ma è così che va la vita. conto sul fatto che anche per me passerà.
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𝗴𝗵𝗼𝘀𝘁𝘀
Разноеstorie di persone che si nascondono, storie di persone nascoste. storie di fantasmi del mio passato e del mio presente. storie di fantasmi che aleggiano per le strade della mia mente. perché io, di fantasmi, ne ho visti tanti. © messagegxrl, 201...