~ 6 Special ~

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Lui non è mai stato un tipo particolarmente impaziente.
Ha sempre aspettato che gli eventi volgessero a suo favore, studiando nel frattempo la tattica più adatta da adottare per vincere. Ma adesso non è così. La sua infinita pazienza si è esaurita tutto in un colpo, il suo temperamento tendenzialmente imparziale è andato completamente in frantumi e adesso si muove costantemente come un'anima in pena per il suo enorme maniero, impaziente di poter avere la creatura che tanto li sta facendo dannare finalmente sotto controllo.
In questo preciso istante, però, non è lei il suo problema, ma bensì l'enigmista psicopatico che ormai ha preso residenza in casa sua.
Mentre cammina con passo svelto e deciso per i lunghi corridoi del maniero, tutti decorati ed arredati in maniera impeccabile, nota in lontananza la figura ricurva di Killian, intento ad intagliare un uccellino in un pezzo di legno.
Lo avvicina affrettando il passo, senza riuscire ad attirare minimamente la sua attenzione. Rimane infatti accovacciato sul cornicione della finestra, con dei deboli raggi di Sole che gli illuminano il viso tormentato.
«Dov'è Wulfirc?» sbotta con voce rabbiosa, ringhiando sommessamente quando il ragazzo non solleva neanche gli occhi su di lui.
«Buon pomeriggio anche a te.» risponde con strafottenza, continuando ad intagliare con attenzione il legno chiaro «È nel laboratorio dell'ala sud. Giù, nelle vecchie cripte.» aggiunge distrattamente, soffiando via i trucioli in eccesso, sorridendo nel vedere il piccolo animale inanimato prendere una forma decente.
«Cosa è andato a fare?» gli domanda burbero l'Imperatore, facendolo sbuffare infastidito.
«Non ne ho idea.» risponde semplicemente, alzando finalmente gli occhi chiari e inchiodandoli in quelli del suo Signore, sorridendo sghembo nel mostrargli i palmi ustionati delle mani «So solo che molti di noi si sono dovuti rovinare le mani per fargli avere quello che voleva.»

Dal buio di quella lugubre stanza è visibile solo un quadrato di cielo, che si scorge dalla minuscola finestra con le sbarre.
L'occhio color cobalto dell'Imperatore scruta con attenzione ciò che lo circonda, notando quanto i suoi preziosi macchinari per l'estrazione e la creazione del “V” siano sempre perfetti e ben tenuti.
Nota anche un paio di occhi castani che scrutano il vuoto. Una ragazza, giovane, forse troppo per aver già scoperto i piaceri della carne, se ne sta rannicchiata in un angolo, con le gambe stese a terra, le ginocchia girate verso l'interno a toccarsi tra loro e i piedi spostati verso l'esterno, le braccia intrise di sangue abbandonate lunghi i fianchi, il corpo coperto soltanto da un semplice vestito bianco sporco. Ha un'espressione calma, lo sguardo fisso sul pavimento, l'aria di chi ormai ha perso completamente la speranza.
Sembra quasi una bambola tale che è la sua immobilità. Solo il leggero movimento del petto lascia capire che il suo cuore regge ancora.
Ma all'Imperatore non importa di lei. Se Wulfric vuole portarsi degli spuntini sul posto di lavoro, che lo faccia pure. L'importante è che non gli riduca casa ad un covo di cadaveri flatulenti.
Gli si avvicina tranquillo, osservando i vari pezzi di armature ancora non assemblate tra loro sul grosso piano da lavoro che si era fatto precedentemente costruire.
Perché Wulfric è un genio, lo è sempre stato. Basta solamente saperlo prendere per il suo verso, cosa non difficilissima in realtà.
«Cosa stai facendo?» domanda realmente incuriosito, soprattutto notando il suo sguardo completamente rapito dal proprio lavoro.
«Vibranio ricoperto d'argento. Incassi perfettamente il colpo, ne assorbi l'energia e nel frattempo l'avversario si ritrova con delle gravi ustioni addosso. O crepa direttamente per ingestione, nella migliore delle ipotesi.» spiega con una punta di soddisfazione nella voce Wulric, lanciando poi una veloce occhiata alla giovane donna che ha osato lamentarsi dal suo angolino.
«Vibranio?»
«È una rarissima lega metallica praticamente indistruttibile. Ci sto costruendo delle armature per tutti noi.» spiega tornando serio il Mietitore, mettendo sotto lo sguardo dell'Imperatore degli abbozzi che aveva precedentemente progettato «Si, anche per voi bestie. Ti dirò, quelle sono state particolarmente divertenti da progettare, ma hanno dato qualche rogna nell'assemblaggio. Non temere, comunque, consentono una perfetta libertà di movimento.»
«Per quale ragione staresti costruendo delle armature?» domanda l'uomo, osservando con attenzione i disegni che gli sono stati messi sotto gli occhi. Ogni volta che si trova a parlare con lui rimane sempre piacevolmente sorpreso da ciò che la sua brillante mente riesce a partorire.
«Non è chiaro?» domanda sarcasticamente, alzando giusto per un istante gli occhi di ghiaccio dal proprio operato «Se quello psicopatico è davvero in circolazione, presto si arriverà ad una nuova guerra.»
«La visione della vecchia può essere cambiata?» c'è una nota di preoccupazione adesso nella sua voce, e ciò non sfugge all'eccentrico uomo col cilindro.
«Non lo so. Andrò a farle visita non appena avrò finito alcune modifiche qui. Secondo il mio modesto parere, però, la risposta sarà affermativa.» risponde distrattamente, armeggiando con i vari oggetti che ha di fronte, ringhiando appena quando si brucia un polpastrello con un pezzetto di argento «Dà la caccia a noi tanto quanto la dà a lei. Sa bene, quel cane bastardo, che avere la creatura dalla sua parte gli darebbe un grande vantaggio su di noi.» aggiunge subito dopo, portandosi il dito leso tra le labbra sottili, distese in un sorriso diabolico.
«Allora vediamo di non dargli questo vantaggio.» ringhia in risposta l'Imperatore, girando sui tacchi, più che deciso a chiudersi nella sua stanza a rimuginare su altri metodi d'attacco.
«Un'ultima cosa.» lo richiama con disinteresse Wulfric, facendolo bloccare davanti alla porta «Astrid vuole vederti.»
«Per quale ragione?» domanda sbuffando il maggiore, passandosi una mano tra i capelli. L'ultima cosa di cui ha voglia in quel momento è un suo capriccio.
«E io che ne so? Va' e scoprilo da solo.»

Segue il suo dolce profumo per i lunghi corridoi del palazzo, arrivando finalmente di fronte alla tanto temuta stanza della Regina.
Si, temuta. Perché se c'è una sola cosa al mondo in grado di far tremare il terribile Imperatore è lei, Astrid Anwend, un tempo conosciuta come “la fanciulla dello scudo”, ora nota a tutti come la Regina degli Immortali, o la Strega. Per lui, in ogni caso, rimarrà sempre la Regina del suo Cuore.
Bussa lentamente alla porta, tenendo la testa china e trattenendo il respiro per l'attesa.
Dal loro ultimo colloquio non si sono più rivolti neanche uno sguardo, e il fatto che adesso voglia rivederlo lo manda completamente nel panico.
'Che voglia andarsene?'
Quando sente la voce vellutata della donna giungergli alle orecchie, apre debolmente la porta ed entra, non riuscendo a trovarla da nessuna parte.
«Mi avevi mandato a chiamare?» domanda a voce alta, cercandola con lo sguardo.
Quando poi, dopo aver sentito un fruscio alle sue spalle, si volta e la vede con una leggera vestaglia da notte di seta nera ad avvolgerle il corpo, sente distintamente il suo cuore dannato fargli una capriola nel petto.
«Ma cosa...?» continua a fissarla mentre chiude lentamente la porta e si attacca di nuovo alla bottiglia ormai finita di assenzio, sospirando frustrato.
«Ti ci è voluta una sbronza per arrivare ad una scelta?» si passa le mani tra i capelli castani, scompigliandoli ulteriormente.
Scioglie i lacci resistenti che tengono in piedi la sua corazza, si toglie la benda dall'occhio mancante, sistemandosi i capelli in modo che quella menomazione non sia evidente agli occhi della magnifica immortale che si sta lentamente denudando di fronte a lui.
«Soffrivo, tale era la mia brama di amore.» mormora con voce vellutata la donna, avvicinandolo con passo felpato, quasi stesse danzando «Il mio ventre era privo di risa.» aggiunge poi, posando i palmi delle mani pallide e apparentemente delicate sul torace muscoloso dell'uomo, sentendo così il battito frenetico del suo cuore.
«È questo quello che vuoi? Vuoi che ti faccia ridere?» le domanda sempre più vicino alle sue labbra, mentre si lascia spingere all'indietro, sempre più vicino al letto che più volte hanno condiviso.
«Adesso non voglio ridere...» mormora Astrid, spingendolo con più forza, fino a farlo cadere sul morbido materasso.
Si fa scivolare di dosso la preziosa vestaglia, mettendo così in mostra il corpo vellutato dalla pelle diafana, con tutte quelle forme che lo hanno sempre incantato.
Si siede a cavalcioni su di lui, prendendogli una mano e portandosela sul seno prosperoso, abbassandosi quel tanto che basta per sfiorare le sue labbra sottili.
«Voglio cavalcarti... come un toro selvaggio.» sussurra prima di leccargli il profilo della bocca con la punta della lingua, mentre l'eccitazione di entrambi sale fino alle stelle.
L'uomo l'afferra con forza per la vita sottile e ribalta la posizione, inginocchiandosi in mezzo alle sue gambe. Sfiora con la punta delle dita il suo addome perfetto, risalendo fin sul seno abbondante e pallido.
«È questo quello che vuoi?» le domanda con la voce resa roca dall'eccitazione, lasciando che la donna lo spogli con movimenti lenti e precisi.
«Si, mio Signore.» risponde sincera, artigliandogli i capelli e costringendolo ad abbassarsi di nuovo su di lei, a sovrastarla con la sua mole, con i suoi muscoli d'acciaio che gli tendono la pelle bronzea.
«E lo vorrai sempre?» le domanda ancora l'uomo, impedendole di baciarlo come sta provando disperatamente a fare.
«Si...»
Basta solo quella parola, detta con così tanta sincerità e carica di desiderio per farlo capitolare, per far crollare tutti quei muri che aveva faticosamente eretto per proteggersi.
La bacia con quanta più passione ha in corpo, stringendola convulsamente a sé come era solito fare, tirandole i capelli, lasciando che lo morda come e quanto vuole, fregandosene delle gocce di sangue che macchiano le lenzuola candide.
«Mi eri mancata... Astrid...» mormora tra un sospiro e l'altro, beandosi delle sue attenzioni da tempo solo sognate, del calore della pelle al contatto con la sua, dimenticandosi completamente di tutto il resto.
«Mi eri mancato pure tu...» ansima la donna, lasciando che la bocca vorace dell'uomo le torturi i seni, che la faccia sua, che la faccia urlare e sciogliere per il piacere che solo lui, in tantissimi anni, è mai riuscito a darle «...Fenrir.»

La Fenice e l'angelo demoniaco Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora