Ad un primo impatto Helheimr può sembrare un'isola uscita direttamente dal sogno più roseo e splendente; è così luminosa, pulita, non c'è traccia di criminalità. Ma scavando un poco più in profondità si può scoprire che non è così perfetta come si può credere.
Tre livelli sotto La Solitaria, infatti, c'è quello che tutti definiscono "il magazzino", ovvero quel luogo tetro e umido dove sono situate le celle di contenimento, generalmente vuote, e quelle che invece servono per mantenere in vita gli esseri umani che vengono usati come riserve di sangue. Vengono nutriti con delle flebo, tenuti perfettamente immobili in stato vegetativo, ed ogni giorno viene sottratto loro un litro e mezzo di sangue. Non tutti gli immortali, infatti, sono riusciti ad adattarsi al sangue sintetico, così Fenrir ha escogitato un modo per far felici tutti: prelevare coloro che non hanno famiglia o qualcuno che comunque sentirà la loro mancanza, e usufruirne fino alla fine dei suoi giorni.
Li tengono rinchiusi, immobili e freddi, e li spremono fino all'ultima goccia. Dopo, semplicemente, li scartano, dando i resti a chiunque voglia nutrirsene, come se non fossero mai stati esseri umani -con degli affetti e dei sogni, come se fossero sempre stati solo ed esclusivamente delle sacche di carne piene di dolce nettare scarlatto.
Marshall D. Teach ne ha visti morire parecchi in quei dieci giorni di permanenza forzata nella sua piccola cella di isolamento.
Li ha visti morire, venire staccati dai loro tubi e sostituiti. Ha visto i suoi carcerieri, una coppia di anziani Windigo, nutrirsi di quelle carcasse. Li ha visti farli a pezzi a mani nude e strappare lembi di carne a morsi, divorandoli e dando infine le ossa rotte ai cani zombi che spesso e volentieri bivaccano da quelle parti.
Ha paura, Teach.
Ha paura di essere messo a sua volta in una di quelle cellette, di ricevere una mazzata in testa per essere trasformato in un vegetale, di essere dissanguato lentamente e di essere infine smembrato da quelle enormi mani artigliate e poi digerito nei loro stomaci.
Continua a sperare che il suo ormai ex capitano decida di perdonarlo, che sia così attaccato a lui da volergli dare una seconda possibilità, ma in cuor suo sa che ciò è assolutamente impossibile. Ciò che ha fatto è quanto di più grave possa fare un pirata, e lui ne è pienamente consapevole.
Adesso, nella sua solitudine, non può far altro che domandarsi perché Týr abbia lottato tanto contro gli altri membri del Consiglio per farlo rimanere in vita.
Nella sua mente sono ancora vividi gli occhi fiammeggianti di quella bellissima donna dai capelli color dell'oro, che continuava ad urlare che doveva essere messo al rogo. Ricorda pure il tizio con i lunghi capelli grigi che diceva che il suo è stato un crimine troppo grande per poter chiudere un occhio e lasciarlo vivere.
Ma no, i loro discorsi non sono serviti a niente. Týr aveva già deciso in partenza quale sarebbe stata la sua condanna, e con le sue grandi doti da oratore è riuscito ad imporre il suo volere pure agli altri, facendolo rinchiudere in quella misera celletta da cui mai potrà scappare.
È stato sbattuto in cella con violenza.
Gli hanno legato al collo un collare di metallo per tenerlo legato alla parete.
Lo hanno schernito, gli hanno lanciato addosso oggetti e gli hanno sputato per divertimento.
Quella che ha capito essere la promessa sposa di Satch, Mimì, è andata a trovarlo qualche giorno dopo, e gli ha simpaticamente mostrato cosa fanno i mostri come lei, staccando senza delicatezza alcuna una di quelle povere sacche di sangue disumanizzate e nutrendosene davanti ai suoi occhi. Ha poi dato la carcassa di quella povera donna ad un piccolo grifone, ricordandogli che presto o tardi toccherà anche a lui.
Adesso, stanco e malandato, non può far altro che rimanere in silenzio per non essere deriso da quei mostri... e attendere l'inevitabile fine.Ci sono delle mattine in cui ci si sveglia e qualcosa non va. A volte sappiamo di cosa si tratta e risolviamo il problema il prima possibile, così da evitare di doversi svegliare altre mattine allo stesso modo. Altre volte, invece, non abbiamo idea di quale sia questo problema, e tutto intorno a noi appare in modo diverso.
Akemi si è svegliata in questo modo, con qualcosa di sbagliato che la agita e non le permette di ragionare lucidamente come sempre, senza sapere di cosa si tratti.
Ha osservato per qualche interminabile minuto l'uomo che giaceva al suo fianco, ascoltando il suo respiro e il battito calmo e regolare del suo cuore, cercando così di allontanare quella sensazione sgradevole che le attorcigliava lo stomaco, ma non è servito a niente. Quella sensazione è rimasta immutata.
Si è quindi alzata e ha cominciato a camminare nervosamente per la stanza immersa nel caos più totale, pensando e ripensando a cosa possa esserci nella sua vita che non va, senza però trovare una risposta.
In suo aiuto, se così si può definire, è arrivato il suo stomaco insopportabilmente vuoto, che l'ha ridestata dai suoi pensieri con una brontolata degna di nota.
Ha sorriso tra sé, ripensando a nove giorni prima, quando il suo stomaco si è messo prepotentemente a borbottare nel momento più sbagliato possibile, ovvero quando stava ricevendo dell'ottimo sesso orale. In quel momento era imbarazzata a morte e Marco rideva, ed era dannatamente bello mentre lo faceva, così spontaneo e felice come forse non lo aveva mai visto.
Quando il suo stomaco ha ripreso a brontolare, Akemi ha dovuto ricacciare violentemente quel pensiero per riuscire a trovare dei vestiti in mezzo al caos che invade la sua stanza e, non appena li ha trovati, si è resa conto di una cosa che per lei ha dell'impossibile: è ingrassata.
I pantaloncini che ha sempre portato e che le sono sempre calzati come una seconda pelle, non si chiudono più. Per dirla tutta, in realtà, arrivano a fatica sul culo!
In quel momento ha pensato, scioccamente, che il brutto risveglio fosse dovuto al fatto che il suo corpo, prima di lei, si fosse reso conto che qualcosa non andava, ma le è bastato sentire un mugolio di Marco, prossimo a svegliarsi, per capire che non era affatto così. Sennò per quale ragione il suo cuore avrebbe cominciato a battere più velocemente?
Adesso, il più silenziosamente possibile, zampetta come uno stambecco su una gamba sola, avvolta nel lenzuolo di seta egiziana per coprirsi, per non farsi vedere agitata e con le sue nuove e poco gradite ciccette al vento.
Ma quando una giornata inizia male, raramente ciò che desideriamo si realizza.
«Ehi...»
La voce di Marco, ancora tranquillamente disteso nel suo enorme letto sfatto, le arriva addosso come una secchiata d'acqua gelida e, tremante, fa emergere giusto la testolina da sotto le lenzuola chiare, sorridendogli in maniera assai imbarazzata. Mentre lo fissa con sguardo colpevole riesce pure ad infilarsi i pantaloni della tuta, rischiando in più di un occasione di sfracellarsi al suolo.
«C- ciao.» balbetta in risposta, cercando di rassicurarlo con un sorriso, che di rassicurante ha ben poco.
Marco fa leva sui gomiti per poterla vedere meglio. È agitata, molto più di lui, e non riesce a capire perché. Sono stati dieci giorni di sesso ininterrotto, ed è stato fantastico. Perché mai essere imbarazzata?
Il secondo giorno c'era stato dell'imbarazzo, ma solo perché alla ragazza brontolava tanto lo stomaco da impedire a Marco di concentrarsi su ciò che doveva fare da quanto rideva. Per loro fortuna, però, la soluzione è stata trovata immediatamente: ogni tot di ore i "domestici" lasciavano davanti alla stanza della ragazza delle assai considerevoli quantità di cibo, che venivano velocemente spazzolati da entrambi.
All'inizio era pure divertente, ma da tre/quattro giorni qualcosa è cambiato pure in quel tranquillo momento: Akemi ha cominciato a volere sempre più cibo, sempre di più, tanto da arrivare a prendere la metà della porzione di Marco.
Questo non gli ha dato minimamente fastidio, no. Lui, in fondo, non è mai stato un tipo particolarmente mangione. È stato strano il suo atteggiamento nei confronti del cibo: ordinazioni sempre più bizzarre e consistenti, il suo modo di buttar giù qualsiasi cosa senza neanche averla vista e, ancor peggio, l'avere sempre più fame.
Uno di quelli che gli porta da mangiare ha provato a tranquillizzarlo, seppur con poco successo, dicendo che la Luna Piena si sta avvicinando e che soprattutto le lupi subiscono spesso questo genere di cambiamenti.
«Tutto bene?» le domanda realmente interessato alla sua salute, alzandosi a sua volta alla ricerca delle mutande perdute.
«Beh-... i- io...» balbetta, è nervosa e non sa esattamente cosa vuole. Non sa se vuole lui, l'uomo per il quale ha pianto fino a terminare le lacrime, o se vuole scappare da quella stanza per andare tra i suoi simili a mangiare tutto quello che il suo stomaco la sta implorando di ingerire.
«Ho una fame da lupi!» butta lì alla fine, infilandosi al contrario una canottiera arancione e ravvivandosi alla meglio i capelli indomabili.
«Dammi cinque minuti e vengo a fare colazione con te.» propone gentilmente il Comandante, sicuro di aver finalmente trovato quei cinque minuti necessari per poter finalmente parlare.
«No!» il suo è un urlo quasi isterico e Marco si blocca di colpo, osservandola come si può osservare un pazzo appena scappato dalla clinica «Tu stai pure qui, riposati! Io vado a mangiare e poi probabilmente ho l'allenamento... comunque ci vediamo dopo!»
Marco rimane immobile, la camicia infilata sono in un braccio e lo sguardo che va dallo scocciato al rassegnato. Ma sa che si dovrà abituare a nuovi cambiamenti, a nuove difficoltà, ed è disposto a provarsi.
C'è solo un piccolo problema nella questione...
«Avevo fame anche io, ma va bene.»
E detto questo, si spoglia di nuovo e si butta a peso morto in quello che, ne è sicuro, è il materasso più comodo mai prodotto al mondo.
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La Fenice e l'angelo demoniaco
FanfictionDurante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura. Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli dell...