48. Piacevolmente ingiusto

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Nella vita avevano ucciso tante, innumerevoli volte, ma niente è paragonabile a ciò che hanno appena vissuto.
Passata l'esaltazione iniziale, in cui hanno esultato fino a lacerarsi le corde vocali per la gioia, si sono resi conto di quanto successo, del sangue che hanno versato, delle vite che hanno stroncato. Tra quella ressa c'era chi invocava pietà, ma loro lo hanno fatto comunque a pezzi per vendetta.
Guardandosi attorno, ora, vedono gli immortali che si trascinano, sfiancati e feriti, sulle imbarcazioni come se la cosa non li riguardasse, e lo stomaco gli si attorciglia.
Fossa, dopo aver aiutato Namiur a montare sulla nave, si lascia quasi cadere a terra sul ponte e si trascina accanto ai fratelli feriti, tutti abbandonati contro il parapetto. Ha le orecchie piene di urla strazianti, di invocazioni e lamenti, le mani sporche di sangue.
Izo zoppica lentamente fuori dal sottocoperta, dove ha trasportato d'urgenza Halta. Le infermiere che si sono portati dietro sono immerse nel lavoro fino al collo, non hanno un secondo di pausa né di respiro. Per prima cosa hanno cauterizzato e somministrato dosi massicce di morfina ai feriti più gravi, poi sono passati ai meno gravi, disinfettando le ferite e ricucendole, ordinando poi a chi ne ha ancora le capacità di aiutare gli altri.
Týr, senza tante cerimonie, le ha cacciate tutte via per prendersi personalmente cura del fratello, il cui battito cardiaco è sempre più tragicamente debole. Gli ha cauterizzato e disinfettato le ferite, lo ha ricucito, gli ha dato il suo sangue, e ora attende solamente il suo risveglio, pregando tutti gli déi affinché ciò avvenga.
Sakura gli ha comunicato immediatamente che Akemi è ormai fuori pericolo, che il suo corpo è riuscito a rimarginare in modo sorprendentemente rapido i danni non appena la scheggia è stata rimossa.
Marco, completamente sfinito, siede sul ponte assieme ai fratelli, circondato dai grifoni, ormai profondamente legati al pirata. Il loro capo, sorprendendo i compagni, gli si è appallottolato vicino, come un fedele cagnolino, riscaldandolo con le proprie piume.
Nessuno di loro proferisce una sola sillaba, troppo scossi dallo scontro. Alcuni si fissano le mani ricoperte di sangue, altri fissano il vuoto con sguardo inebetito, altri ancora fissano le nuvole cariche di pioggia che coprono la Luna Piena.
Wulfric, silenzioso come uno spettro, poggia una mano sulla spalla di Marco, scuotendolo appena. Non lo guarda però, non guarda nessuno di loro: tiene gli occhi fissi sull'isola che diventa sempre più lontana, sulle pire funebri, sulla distruzione che hanno causato.
Marco segue il suo sguardo, non provando il minimo rimorso per quello che ha fatto. Dopo aver visto le condizioni di Satch o, peggio, quelle di Akemi, non riuscirà mai a provare rimorso. Al massimo rimpiangerà di non aver fatto di peggio.
«Presto ci sarà una nuova invasione di licantropi.» afferma distaccato il Mietitore, lasciando che uno dei loro corvi si poggi sulla sua spalla.
Marco volta lo sguardo, confuso. In fondo era convinto che li avessero uccisi tutti quanti.
«Ne sono scappati molti?» domanda con un filo di voce, attirando pure l'attenzione di chi lo circonda.
«Acqua licantropica, raccolta nelle impronte lasciate da un uomo–lupo. Se la bevi, diventi un lupo mannaro. Se sopravvivi, certo.»
Freki, riprese le spoglie umane, gli si avvicina e si appoggia alla balaustra, accendendosi una sigaretta. Lancia il pacchetto ai presenti, sbuffando una densa nuvoletta di fumo.
«Chi si è astenuto dalla guerra verrà per racimolare qualcosa» sibila nervoso, passandosi una mano dietro al collo «E l'acqua licantropica si vende bene.» spiega, piegando lievemente gli angoli della bocca in un falso sorriso.
I presenti sbuffano e scacciano violentemente il pensiero che, un domani, potrebbero dover affrontare di nuovo una situazione analoga.
«Tenete, mangiate qualcosa.»
Tutti voltano leggermente la testa verso Arista, coperta di sangue e fango dalla testa ai piedi, che butta ai loro piedi dei sacchi pieni di cibi in scatola e carne secca.
Si siede poi al fianco di Kingdew, poggiando la testa sul legno alle sue spalle e chiudendo gli occhi. Lei, esattamente come loro, vuole solamente dimenticare.
«Come stanno gli altri?» le domanda con voce ferma Izo, che di mangiare non ne vuole neanche sentire parlare. Dopo aver visto quelle bestie infernali sventrare e mangiare le interiora di creature che aveva imparato a conoscere ed apprezzare, mangiare è proprio l'ultimo dei suoi desideri.
«Halta è sotto sedativi, si riprenderà presto. A Curiel ed Ace stanno facendo delle trasfusioni, e Rakuyo è sotto osservazione per il trauma cranico e la ferita alla spalla; probabilmente c'era del veleno sulla lama, quindi è bene tenerlo sotto tiro.»
«Satch e Akemi?» domanda sbrigativo Fossa, dando così voce al timore più grande di tutti.
Li hanno visti venir portati via di peso, privi di conoscenza, pallidi come morti, sporchi del loro stesso sangue. Hanno anche visto le espressioni dei curatori quando li hanno presi in custodia, e non erano meno spaventate e disperate di quando hanno visto le condizioni di Fenrir.
Sospira forte, Arista, non trovando però il coraggio necessario per dire loro la verità. Il che è buffo, considerato che fino a poco prima non si era fatta il minimo problema a gettarsi in mezzo alla mischia.
In suo soccorso giunge prontamente Freki, che ha un minimo di tatto in più rispetto al Mietitore.
«Akemi si riprenderà. Ha la pellaccia dura ed è rimasta disperatamente attaccata alla vita fin'ora, dando così tempo al suo formidabile organismo di combattere l'argento anche mentre era ancora nel suo corpo.» spiega con voce abbastanza tranquilla, abbassando però il tono mano a mano che si avvicina alla seconda parte del discorso, quella più critica.
Quando sta per cominciare a parlare, però, un urlo da parte di un infermiere lo fa trasalire, accendendo in lui un sonoro campanello d'allarme.
Si porta subito in posizione di difesa, le zanne snudate e gli artigli pronti a lacerare ancora. Se qualcosa fosse riuscito a montare sulla nave, dovrà essere eliminato senza esitazioni.
Il problema, però, sta proprio nel fatto che qualcosa, un parassita, si è realmente imbarcato, rimanendo nascosto dentro al proprio ospite.
Dal sottocoperta, dalla quale proviene il fastidiosissimo e rivoltante odore di carne bruciata, sangue e disinfettante, spunta qualcuno. Qualcuno traballante, coperto con un camice bianco, i capelli disordinati che gli ricadono sulle spalle e le gambe martoriate che riescono miracolosamente a reggere il suo peso.
I presenti lo guardano sotto shock, non riuscendo a capacitarsi di come Satch, le cui tibie erano state spezzate, riesca a starsene in piedi senza l'ausilio delle stampelle.
Freki, che scemo certo non è, si muove lentamente di lato, cercando di restare fuori dalla sua visuale, fino a raggiungere il fratello stremato ma al contempo attento.
«Passamela.» mormora al suo orecchio dopo essersi scambiati un'occhiata d'intesa.
Il minore gli porge l'oggetto richiesto, tenendolo avvolto dentro ad un pezzo di stoffa scura.
«Være forsiktig.»
Freki annuisce, tenendo sotto tiro il pirata che viene stretto amorevolmente dai compagni. C'è chi gli urla che è un incosciente, che non doveva alzarsi dal lettino dell'infermeria; c'è invece chi piange dalla gioia, non riuscendo a separasi da lui.
Nessuno, tranne gli immortali, si accorgono di quei dettagli allarmanti: le gambe improvvisamente rigenerate e capaci di sostenerlo, le ferite quasi completamente rimarginate... il fiato che diventa sempre più corto.
Ma i Comandanti non vi badano minimamente: perché mai dovrebbero farlo?! Satch è vivo, sta bene!
Lo invitano a mangiare qualcosa con loro, a bere un po' di vino per riprendersi, ma il pirata rifiuta tutto ciò che gli viene proposto. È troppo intontito, troppo sconvolto e maledettamente confuso.
Freki, nel frattempo, lo avvicina con calma e lo convince a farsi legare, seppur in modo lente, una sottile catenella al collo per sicurezza. A contatto col metallo freddo e fastidioso, Satch comincia ad innervosirsi e dimenarsi, gesto che fa allarmare tutti gli immortali presenti.
Mimì alza di scatto gli occhi al cielo, notando che quelle fastidiose nubi che i lupi presenti hanno tanto maledetto si stanno diradando velocemente e subito capisce.
«State indietro...» mormora con il cuore in gola, abbassando gli occhi su Satch. Delle lacrime scarlatte sfuggono al suo controllo, mentre le braccia forti di Wulfric la stringono per impedirle di compiere qualche imprudenza.
«Che succede?» domanda Marco, provando ad avvicinarsi all'amico, venendo però bloccato da Killian.
«Stai indietro, Fenice. Non sarà un bello spettacolo.» lo avverte con voce solenne e subito dopo un urlo carico di dolore si leva in aria, facendoli voltare tutti quanti di scatto.
Satch si è accasciato a terra, le mani strette attorno alla testa che pulsa insopportabilmente, il corpo che continua a tremare, ricoperto di sudore.
«AIUTATEMI!» urla disperato, notando però che gli immortali si sono messi come scudi di fronte ai suoi amici e che Wulfric sta abbracciando forte la sua Mimì.
Riabbassa la testa, provando dentro di sé una rabbia che non aveva mai provato prima. Neanche l'essere stato rapito, aver visto la propria donna venir sventrata come un pesce davanti al propri occhi... nulla. Niente è paragonabile all'odio e alla rabbia che sta provando in questo istante.
«Sarà morto tra trenta secondi.» sentenzia Týr, apparso dal niente come è solito fare, aiutando i compagni a creare un solido cerchio attorno all'uomo, così da aver più campo d'azione.
«Cosa?!» urla Izo, che subito prova a scavalcare un enorme Windigo, tra gli ultimi della sua specie. Il tentativo fallisce miseramente e l'immortale, giusto per fargli capire quanto la situazione sia grave, lo afferra per le spalle e se lo mette davanti, consentendogli di vedere.
«Il cuore di un licantorpo è più grosso di quello di un essere umano, ma per allargarsi, prima deve smettere di battere. In altre parole: avrà un infarto. Tutti gli altri organi interni subiranno lo stesso trattamento. I primi a collassare sono il fegato e i reni.»
Satch di colpo smette di urlare. Alza a scatti la testa con la bocca spalancata, gli occhi fuori dalle orbite e la catena ben stretta al collo nerboruto.
Molti dei presenti vorrebbero intervenire per aiutarlo, per lenire questo suo male, ma ci sono troppi licantropi esperti in mezzo a loro che mai e poi mai lasceranno che ciò accada.
«Non è perché non sente più dolore, ma non può più urlare perché le corde volali e l'esofago si sono lacerati e non può emettere alcun suono. A questo punto l'ipofisi dovrebbe fare gli straordinari, inondando l'organismo di endorfine, ma è ormai fuori uso anche quella.» spiega con il solito tono menefreghista Týr, osservando quella creatura che muore e rinasce.
Satch si accascia al suolo, sbattendo i pugni sulla superficie lignea del ponte. La pelle gli prude insopportabilmente per lo spuntare del folto manto nero. I muscoli delle braccia e delle gambe si tendono, tanto da strappargli letteralmente la pelle, imbrattando di sangue il ponte.
Sgrana gli occhi, percorso da uno spasmo, e le ossa nelle ginocchia scrocchiano. Le gambe si piegano innaturalmente, assumendo una forma diversa, diventando sempre più lunghe e muscolose, ricoperte da una folta pelliccia nera.
Si piega in due e geme di dolore quando la cassa toracica si allarga di colpo, quando sente la spina dorsale spezzarsi e poi ricomporsi.
Rabbrividisce per il dolore e delle lacrime gli rigano il volto ricoperto di peluria.
La mascella si frantuma e i connotati del suo bel viso cambiano, diventando più animaleschi: i denti si allungano, trasformandosi in zanne candide e affilate; le orecchie troppo grandi gli permettono di sentire qualsiasi cosa, pure i battiti cardiaci accelerati dei compagni; gli zigomi si ingrossano e si alzano, facendo risaltare gli occhi d'oro liquido come due piccole fessure nell'oscurità; l'olfatto sopraffino gli fa bramare con un'intensità inimmaginabile il sangue dei suoi stessi fratelli.
Alza di scatto il muso, provando a scattare contro Marco per affondare le zanne nelle sue viscere, per togliersi così quel desiderio angosciante dal cuore, ma la catena che Freki gli aveva precedentemente messo al collo diventa improvvisamente stretta e l'argento compie il suo lavoro, facendolo guaire forte per il dolore e distogliendolo dai suoi istinti omicidi, dando così il tempo a Killian di saltargli in groppa ed iniettargli nella collottola un infuso di calmanti misto a qualche goccia di strozzalupo.
Satch prova inutilmente ad alzarsi, a scappare in cerca di prede più facili, ma i due antichi mannari se lo caricano in spalla e lo trascinano nelle viscere della nave, dove lo mettono ai ferri e lo tengono sotto stretta osservazione.
I presenti respirano affannosamente per lo stupore, cercando una risposta che però non arriva. Nell'aria risuonano solo i discorsi senza senso di Týr, che cammina con passo quasi danzante verso l'alloggio di sua figlia.
«Dovrebbe essere morto, ma qualcosa glielo impedisce. È questo che trovo incredibile: viene trascinato all'Inferno ma lasciato in vita, cosciente perché possa sopportare ogni secondo di quella sofferenza. Niente di tutto questo nasce dall'evoluzione: sono le creazioni degli déi!» prima di sparire nell'ombra si volta verso di loro, mostrando il solito ghigno perverso «Sono creature piene di rabbia e odio... perfette
Nessuno dice niente. Sono così scossi che non saprebbero neanche cosa dire.
Continuano a fissare il punto in cui il compagno è sparito, domandandosi come dirlo al capitano e, soprattutto, come risolvere la situazione. Per quanto ne sanno, non c'è alcuna cura per la licantropia.
Kakashi, fregandosene delle urla dei medici e di Geri, ha afferrato una stampella ed è uscito a fatica sul ponte. Gli girano le palle come le pale di un elicottero per essere stato mutilato, ma confida di poter ricevere una bella protesi come quella di Hidan.
Quando però ha visto Satch, imbottito di calmanti e aconito, caricato sulla spalla di Freki come un sacco di patate, ha capito che, forse, forse, non gli è andata così male. Dover fare i conti per l'eternità con un'entità maligna che vive dentro di te e si scatena una volta al mese non è il massimo della vita.
«Avete delle facce orrende!» afferma con una certa allegria, portandosi in mezzo ai pirati con una certa goffaggine. Si siede poi su una pila di scudi nemici, osservandoli distrattamente per scegliere quello migliore da appendere ad una delle pareti della cucina.
Tra i pirati di Barbabianca, il primo a ritrovare la voce è Namiur, che si butta a terra come se la forza di gravità, improvvisamente, lo schiacciasse.
«Come faremo con lui adesso? Nella sua condizione sarebbe troppo pericoloso intrappolato sulla nave.» mormora sconcertato, dando vita alla più grande preoccupazione di tutti.
Kakashi si volta verso l'uomo-pesce, reclinando un poco la testa sulla spalla destra.
«C'è solo una cosa che potete fare in questo caso.» risponde tranquillo, rigirandosi tra le mani un pugnale affilato che ha attirato la sua attenzione in mezzo a quelli presi sul campo di battaglia.
«Non lo uccideremmo mai, razza di stronzo!» gli urla contro Kingdew, rabbrividendo leggermente quando il vampiro rizza la schiena e lo fulmina con lo sguardo.
Si alza sgraziatamente reggendosi alla stampella e si avvicina saltellando al pirata, portandosi a pochi centimetri dalla sua faccia: «Intendevo dire che dovrete prolungare la vostra permanenza ad Helheimr, coglione

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