6.1 All'attacco!

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Nero. Nero assoluto.
Nessun rumore rompe questa quiete surreale.
Nessun odore aleggia in quest'aria.
Vedo il mio corpo, solo questo. Vedo le mie mani, le unghie nere e lunghe, come se non fossero immerse in questo nero.
Vedo i miei vestiti. Vedo il sangue sulla maglia colare giù fino ai pantaloni. Non sento il dolore.
Tocco con timore la ferita, adesso rimarginata.
Non sento caldo. Non sento freddo.
Non sento niente.
E questo fa più male della ferita che mi ha uccisa.
Sono morta, finalmente.
Tutti quei sogni, tutto quel dolore... erano un presagio, forse?
«Apri gli occhi.»
Una voce. L'ho sentita, sono sicura.
«Ti ho detto di aprire gli occhi.»
Una voce dura, ma allo stesso tempo vellutata e rassicurante. Dove sei?
«Svegliati.»
È lui, lo vedo davanti a me. I vestiti sporchi di sangue, gli occhi glaciali che mi bloccano il respiro.
Niente ci circonda, nessuna minaccia.
«Chi sei?»
«Apri gli occhi.»
Si avvicina con movimenti fluidi, calcolati e dannatamente perfetti. È un angelo, forse?
«Lascia che scorra.»
Cosa deve scorrere?
«Lascialo uscire.»
Ma che dice?
Dio, la sua mano sulla mia guancia è così morbida e fredda. Fa paura, da una parte, mentre dall'altra è la cosa più rasserenante del mondo.
È un tocco lieve, dolce. Non riesco a staccare gli occhi dai suoi.
«Sono morta come te?»
«Non è il tuo momento.» ritrae la mano in un movimento lento e pentito, gli occhi diventano freddi ed impenetrabili «Svegliati.»
«Non posso.»
Uno schiaffo, forte e deciso. La mia guancia brucia, il dolore però è assente.
«Ti ho detto di svegliarti!»
Da dove arriva questo gelo?
Aria...

Gli occhi si aprono di scatto, i polmoni si riempiono di ossigeno.
Nessuno l'ha visto, neanche Barbabianca, troppo affranto per potersi concentrare su una qualsiasi cosa.
Akemi si porta lentamente una mano sul petto, tastando in cerca di quel foro che l'ha fatta cadere in quell'oblio oscuro, constatando che non c'è più.
'Cosa è successo?'
Il ricordo dell'uomo dei sogni è vivido nella sua mente, come se lo avesse realmente vissuto.
Si alza piano, frastornata e confusa, trovando i suoi fratelli intenti a combattere con ferocia, i marines che provano a respingere i loro attacchi.
Le fiamme calde e brillanti di Ace squarciano il cielo, non riuscendo a battere in bellezza quelle ipnotiche e fredde della Fenice.
Li guarda combattere con abilità, forza e ferocia, trovandoli incredibilmente fantastici.
Vede Satch brandire la spada con maestria, il sangue colare dalle ferite che infligge.
Si alza a fatica, spinta da una forza interiore che la obbliga a muoversi. Qualcosa di oscuro, qualcosa di cui ignorava l'esistenza. Si muove lento, insinuandosi nella sua mente e nel suo cuore, facendole provare una rabbia così forte e incontrollata che le annebbia completamente la vista, facendola muovere alla cieca.
Sente il sangue scorrerle vischioso sulle mani, le gambe e le braccia dolerle in seguito a degli attacchi che non vede, le urla dei suoi fratelli, sorpresi e spaventati nel vederla di nuovo in piedi, a cui però non riesce a rispondere.
Non riesce neanche a vederli.
«Ritirata!»
«Non lasciarli andare...» quella voce, melliflua e incantevole, la voce dell'uomo dei sogni, le rimbomba nella testa e Akemi non riesce a far altro che eseguire.
Continua a mietere vittime, a stroncare vite come se fosse una cosa di vitale importanza per lei, incurante dei richiami dei fratelli e del capitano, finché due mani roventi le afferrano le spalle. Tocco che, miracolosamente, le restituisce la vista e la ragione.
I cadaveri si ammassano di fronte a lei, il sangue scorre sulle assi di legno e sulle sue mani, di quel rosso così vivo e affascinante che la confonde.
Le navi della marina si allontanano velocemente, ma nessuno esulta per quella vittoria.
Izo le si avvicina incredulo, toccandole con la punta delle dita la guancia pallida e fredda, incerto.
«Sei viva...» mormora con un filo di voce, mentre gli occhi gli si riempiono di lacrime.
Di slancio l'abbraccia, stringendola con forza a sé, ringraziando ogni divinità di cui ha mai sentito parlare in vita sua per avergliela riportata.
Le si avvicinano tutti, increduli, allungando una mano per toccarla, per assicurarsi che sia veramente lì, che sia veramente in piedi, esultando felici, non rendendosi conto di quanto la cosa sia strana.
Se avesse ingerito un frutto del diavolo potrebbero anche considerare la cosa normale. Ma lei non l'ha fatto, e ne hanno la certezza dal momento che nuota tranquillamente.
Barbabianca, con voce tuonante, la richiama a sé, ancora sconvolto e incredulo.
Quando la giovane gli si avvicina, con passo lento ed incerto, quando finalmente può stringerla a sé e sente quella stretta ricambiata, allora si, ci crede, è viva.
Non gli importa come, proprio per niente. L'unica cosa che per lui conta è che è salva, che sta bene, che può continuare ad averla intorno, che le ultime parole che si sono detti non sono state piene di rabbia.
La stringe, trattenendo le lacrime, quando Vista gliela stratta senza tante cerimonie dalle braccia, facendola volteggiare in aria, con un sorriso enorme stampato in faccia.
Sorriso che però si spegne di fronte all'espressione sconvolta di Akemi, che, una volta rimessa a terra, vomita anche l'anima, in preda ad atroci dolori.
C'è del sangue in mezzo alla poltiglia che imbratta il ponte. Del sangue scuro, quasi nero, ma nessuno fa in tempo a dire una parola, a chiederle come stia, che Akemi crolla a terra, afferrata al volo dalle braccia muscolose del primo comandante.
Per un attimo sente la voce del fratello che la richiama con preoccupazione, ma poi tutto diventa incredibilmente buio.

La Fenice e l'angelo demoniaco Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora