Chapter 11

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ATTENZIONE! CAPITOLO NON ADATTO ALLE PERSONE SENSIBILI. QUESTO TESTO POTREBBE CONTENERE SCENE SENSIBILI E SCONVOLGENTI.

Provai a urlare, ma questo non servì a nulla, perché nessuno arrivò, e prima che io potessi scacciare un altro grido mi tapparono la bocca con dello scotch e mi spinsero per terra, facendomi molto male. Sussultai e, in preda alla paura, feci uscire qualche lacrima, che scorse sulle mie guance fino ad arrivare al collo, facendomi provare una sensazione di fastidio.

Iniziai ad agitarmi, volevo liberarmi da quelle corde e scappare, ma non ci riuscivo, così iniziai a piangere ancora di più.

"Zitta troietta del cazzo, non vuoi farci scoprire, vero?" Sussurrò una voce al mio orecchio. Aveva l'accento messicano e, dal tono, sembrava un uomo intorno ai cinquant'anni.

"Bene, ora siediti su questa cazzo di sedia." Disse un'altro uomo, lui intorno alla ventina d'anni. Avevo così paura di aprire gli occhi da non essermi resa conto del fatto che avevano acceso la luce.

Mi avevano messa seduta su una sedia di metallo e mi stavano esaminando da testa a piedi, il più grande sorrideva meschinamente. Guardavo loro con terrore, i miei occhi erano pieni di lacrime che non volevano scendere, avevo paura di cosa potessero farmi.

"Andiamo al dunque: hai ucciso tu mio figlio?" Chiese l'uomo più grande.

Cercai di parlare, cercai di giustificarmi e di dire che io non ero stata, che io non avevo ucciso nessuno, anche se avevo del nastro adesivo in faccia che mi tappava la bocca, continuavo a negare con la testa, ma mi risero soltanto in faccia.

"Tesoro, non abbiamo tempo per i tuoi giochetti. Dicci che sei stata tu e faremo qualcosa di veloce, sennò ti pentirai della tua decisione." Disse il può giovane dei due.

"No, mio figlio sarà vendicato come nessun uomo al mondo lo è mai stato. Ora dimmi: conosci per caso una ragazza di nome Maria?" Chiese l'altro uomo con un sorrisetto diabolico stampato nel viso.

Annuii con faccia confusa, cercando di capire cosa centrasse Maria con tutto ciò. Mi ricordai poi della storia che mi aveva raccontato su Chico e del fatto che l'aveva ucciso lei. Ora tornava tutto; Maria, per vendicarsi e, allo stesso tempo, per salvarsi il culo, ha detto al padre di Chico che io ho tagliato la gola al suo unico figlio.

"Bene, ora dimmi: sai che la tua carissima amiga mi ha detto tutto su te e Chico? Sul fatto che andavate a letto insieme, sul fatto che sei rimasta incinta e sul fatto che lui ti ha costretta ad abortire?"

Il mio sangue d'un tratto gelò: ero morta.

Ero fottutamente morta;

Maria aveva raccontato una storia fin troppo realistica, molto probabilmente non avrà lasciato alcun dettaglio.

Non riuscivo più a muovermi, ero come paralizzata. Le lacrime smisero di scendere, i miei occhi da spalancati iniziarono a socchiudersi poco alla volta, il sudore smise di colare;

"Già, proprio così. Dopodiché tu, in preda alla rabbia, l'hai seguito fino a Las Vegas e l'hai ucciso. Giusto?" Sussurrò lui goffamente mentre si avvicinava a me con passi lenti e decisi. Mi arrivò davanti e, con delicatezza, si abbassò alla mia stessa altezza e mi accarezzò il viso.

Mi spaventai quando iniziò ad avvicinarsi sempre di più alla mia faccia, finché non iniziammo a respirare la stessa aria;

Mi lasciò qualche bacio bagnato sulla fronte, per poi abbassarsi sempre di più fino ad arrivare al collo.

Ansimavo ad ogni suo tocco; ero allucinata da quella situazione, avrebbe potuto fare di tutto e io sarei potuta morire da un momento all'altro, o peggio ancora. Non riuscivo ad immaginare cosa stava per accadere, non potevo;

Fatti per stare insieme // 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐮𝐬 𝐀𝐫𝐠𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora