Chapter 13

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"Claire, tutto bene? Ti vedo turbata." Affermò Brandy prendendomi per mano e portandomi lontano dagli altri.

"Ehm...certo, sisi sto bene."

"No, non stai bene. Cosa succede?"

"Non lo so, cazzo. Non lo so. Non dovrei provare sentimenti per Marcus, lo conosco persino a malapena. Allora perché quando lo vedo sento mille farfalle volare agitate nel mio stomaco e il mio cuore rimbalzare come se stesse saltando la corda? E perché quando lo vedo in compagnia di Maria sento dentro di me rabbia mischiata ad invidia e tristezza? Dimmi il perché, dimmelo. Io non ce la faccio più, capisci?" Dissi io cadendo in un pianto silenzioso e isterico mentre Brandy mi portava fuori dallo stanzone.

Arrivammo in giardino, dove la mia amica accese due sigarette, porgendomene una.

"Cerca di calmarti, ok?" Disse lei sorridendomi. Ricambiai il sorriso mentre mi asciugavo le lacrime.

"Sai, è un po' quello che provavo per Viktor. L'ho visto per la prima volta nei corridoi vicino alla classe di chimica. Sentii come una stretta al cuore quando a lui si avvicinò Alicia, una ragazza un anno più piccola di lui. Lei lo baciò e in quel momento a me caddero i libri dalle mani. È stata una reazione un po' inaspettata e soprattutto esagerata. Sai, nemmeno lo conoscevo. Tornai in camera che volevo piangere, ma non lo feci. Sarebbe stato così stupido, ma così tanto. Nemmeno lo conoscevo, cazzo, l'avevo visto per due minuti e già mi aveva spezzato il cuore. Non era possibile, però è stato così, e me l' avrà rispezzato altre cento volte come minimo, e io continuo a cascarci. Si chiama adolescenza, ti innamori degli stronzi oppure di quelli dolci, che ti trattano come una regina. Non sempre però l'amore è corrisposto, ma non possiamo farci niente, dobbiamo accettarlo e basta. Oppure dobbiamo cercare di far innamorare qualcuno di noi, questo ovviamente con un limite. Non possiamo andare dietro a qualcuno per mesi, cercare di farlo innamorare di noi o comunque di fargli provare un minimo di interesse. Se non è fato non è fato."

Mi soffermai sulla frase "non sempre però l'amore è corrisposto, ma non possiamo farci niente, dobbiamo accettarlo e basta."

Mi sentivo uno schifo in quel momento; impotente, triste, arrabbiata, invidiosa, non abbastanza per lui. Mi sentivo così. Come però ha detto Brandy, non posso farci nulla, non posso cambiare i sentimenti di Marcus e nemmeno il destino.

-

Passammo la serata in giardino a fumare e guardare le stelle, finché non iniziò a far freddo e fummo costrette a tornare dentro.

Arrivammo davanti la stanza e notammo che era aperta. Entrammo e, proprio seduta sul tappeto, c'era Maria che piangeva con accanto, non poteva mancare, Marcus che cercava di consolarla: avevano trovato l'orologio.

Maria si fiondò verso di me per tirarmi uno schiaffo, ma riuscii a prendere la sua mano e contorcerla su se stessa, mentre lei fissava i miei movimenti.

"Smettila cazzo! Non vedi che le fai male?" Urlò Marcus. Lo guardai stupefatta. Era serio? Mi fa attaccata per prima, mi stavo solo difendendo.

"Sei serio? Ti rendi conto di quanto sei ridicolo? Sei accecato dai sentimenti che non riesci a vedere la verità dei fatti. Parla con uno psicologo amico, ti farebbe bene." Disse una voce maschile dietro di noi, che riconobbi subito. Era arrivato Willie.

"L'unica qui a cui serve uno psicologo è Clarissa." Disse Marcus guardandomi con disprezzo. Lo fissai per qualche minuto, mentre continuavo a stringere la mano di Maria, che ansimava ogni tanto non riuscendo a staccarsi dalla presa.

Fuoriuscii dal mio occhio destro una lacrima che non riuscii a trattenere, mentre continuavo a guardare Marcus dritto negli occhi, nei suoi profondi occhi marroni.

Lasciai la presa e mi avvicinai a passi lenti verso Marcus.

"Sai cosa mi ha fatto la tua ragazza? Sai cosa cazzo ho passato? È stata l'ora più traumatizzante e orribile della mia vita. Sono stata rinchiusa in una cazzo di stanza, nell'aula di combattimento per la precisione. Era tutto buio, non riuscivo a vedere niente, sentivo solo passi, dopodiché mi afferrarono quattro mani: due mi tapparono la bocca, per poi iniziare ad accarezzarmi il viso, mente le altre due mi legavano ad una sedia. Mi hanno picchiata perché pensavano avessi ucciso Chico. Ah, giusto: erano due uomini messicani, uno sulla cinquantina di nome Damiel e l'altro più giovane, il nome non lo so. Il più vecchio, come ho detto prima, iniziò ad accarezzarmi il viso per poi lasciarci baci dappertutto, fronte, guance e collo. Poi mi ha tolto camicia e reggiseno, ti lascio immaginare cos'è successo dopo. Stavano per stuprarmi, uccidermi, ma fortunatamente i professori son venuti in tempo. Ah, ma certo, no tu non capisci la gravità della situazione, a te non te ne frega un cazzo. A nessuno gliene frega un cazzo di niente, perché a qualcuno dovrebbe fregare qualcosa, infondo Maria non ha fatto niente, giusto?" Urlai io ormai piena di lacrime che mi rigavano la faccia, diventata rossa dalla rabbia.

"Come fai ad essere sicura del fatto che è stata Maria ad incastrarti." Sussultò Marcus.

"Perché me l'ha detto il vecchio. Maria ha riferito loro tutto."

"È vero Mari?"

Fatti per stare insieme // 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐮𝐬 𝐀𝐫𝐠𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora