Chapter 3

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"dolore"

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I giorni passarono, io mi ero unita al gruppo dei messicani date le mie origini. Mio padre veniva da Monterrey, mia madre da Chiapas, sapevo persino bene la lingua, perciò allearmi con loro era la scelta migliore che potessi fare.

A quanto pare il loro ex capo, un tipo di nome Chico, era morto poche settimane prima, perciò non si facevano molti problemi a mettere nuova gente.

"Allora, vuoi raccontarci un'altra volta come hai ucciso quelle due puttanelle?" Mi chiese Juan abbastanza divertito. Quel ragazzo mi stava così tanto sul cazzo che, se mai mi dessero l'opportunità di uccidere qualcuno, praticherei le mie tecniche con il mio amato coltellino su di lui.

"Te l'ho raccontato cinque minuti fa, non lo ripeterò." Risposi io fissandolo. Quel ragazzo mi dava sui nervi. Si credeva Dio sceso in terra, andava a letto con una diversa ogni giorno e si vantava pure perché alla fine le lasciava lì, da sole, consapevoli del fatto che avevano appena perso la verginità con qualcuno che voleva solo divertirsi e che a loro non ci teneva minimamente.

"Dai, tesoro. Fai la brava e racconta al paparino di quando hai ucciso a sangue freddo due povere ragazze che non erano altro se non tue compagne di classe." Sussurrò lui accarezzandomi la guancia con due dita, che senza esitare presi e stritolai.

La mia mossa provocò però rabbia immediata in Juan, che mi lanciò un forte schiaffo in faccia. Sentii la mia guancia destra arrossirsi d'un colpo e provai un misto tra dolore e bruciore molto forte, così forte che mi scesero un paio di lacrime.

Guardai il ragazzo per un attimo, aveva un'aria divertita ed allo stesso tempo gloriosa, come se avesse fatto qualcosa di fantastico, di coraggioso, che nessuno avrebbe mai potuto fare, che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di eseguire.

Posai le mani sulla guancia dolorante e cercai di non far uscire le lacrime dai miei occhi, che però scesero comunque.

Ho sempre saputo proteggermi ma in quel momento era come se mi fossi paralizzata. Ero spaventata, terrorizzata dall'idea che una persona potesse farmi così tanto male. Non provavo questo dolore da anni.

"Ti sta bene, troia." Dissero alcuni dei suoi amichetti, che lo seguirono mentre usciva dalla mensa.

"Clarissa, stai bene tesoro?" Mi chiese Maria poggiando le sue calde mani sulle mie.
Annuii cercando di non guardarla negli occhi, non volevo che qualcuno mi vedesse così. Così debole.

Mi diressi in bagno, cercando di non dare nell'occhio. Mentre ero in corridoio però, con la mano ancora poggiata sulla guancia pompante, andai a sbattere contro qualcuno.

"Ehm, oddio scusami non- non ti avevo visto. Scusami davvero, mi dispiace molto." Dissi balbettando. Non vidi chi era, cercai di tenere la testa bassa. Provai a scappare dalla parte opposta a quella in cui stavo andando quando la persona su cui mi schiantai mi tirò delicatamente per un polso.

"Ehi, va tutto be-"  Era Marcus. I miei occhi, ormai pieni di lacrime, si fermarono sui suoi. Erano di un color ambra scuro, ci erano alcuni punti un po' più chiari e altri più scuri.

Mi guardò con aria allarmante, voleva che gli dicessi cos'era successo, voleva delle spiegazioni.

"Non è successo niente, ora lasciami perfavore." Sussurrai io, il moro però non lasciò la presa.

"Ti prego...devo-"

"Chi è stato," chiese leccandosi il labbro. Aveva gli occhi socchiusi, stava aspettando una risposta che però non volevo dare.

"Nessuno, son caduta e ho sbattuto la testa contro uno dei numerosi tavoli della mensa." Risposi tremante.

"Sei brava a mentire, peccato che non ti credo." Mormorò Marcus.
"Dimmi chi è stato, sennò ti porto dal Maestro Lynn."

E in quel momento vidi passare la banda dei messicani, la mia banda, che mi guardava e mi prendeva in giro.

"Guardala, le do un piccolo schiaffo e va a piangere dall'ex della sua migliore amica malata."

In meno di mezzo secondo Marcus saltò sopra a Juan, non ci volle però molto a riportarlo in piedi.

Juan si alzò con il naso sanguinante e due ferite pulsanti in faccia, probabilmente dovute ai due anelli che Marcus portava sulla mano destra.

"Toccala un'altra volta e ti ritroverai a bruciare all'inferno come sta facendo il tuo amichetto Chico" disse il moro aggiustandosi il colletto della camicia.

"Dì un'altra parola su Chico e giuro che-"

"Che succede qui?" Disse una signora di mezz'età avvicinandosi a noi con passi lenti.

"Non tollero risse in questa scuola. Forza, sgomberate!" Continuò lei.

Juan e il suo gruppetto andarono da una parte, mentre io e Marcus da un'altra.

"Chi era quella?" Chiesi a Marcus. La mia curiosità a volte era così tanta che alla gente infastidiva, perciò avrei dovuto contenermi.

"Quella è Madame Chao, la sorella del Maestro Lynn. Ora però tu-"
"Ti ringrazio" interruppi Marcus intenzionalmente. "non dovevi proteggermi in quel modo, avresti potuto farti del male. Loro erano in 5 tu eri solo uno."

"Sono degli stupidi teppistelli a cui quest'anno è morto il capo, che cercano di colmare il vuoto che hanno dentro di loro" mormorò Marcus sarcasticamente, provocando la mia risata.

"Se hai bisogno, io sono a tua disposizione." Concluse chinandosi leggermente verso di me e porgendomi un sorriso, per poi entrare nella sua stanza.

Tornai anch'io in camera, dove ad aspettarmi c'era la fantastica Brandy.

"Ti ho visto sai, tu e Marcus. Siete piuttosto carini insieme. Oh, aspetta, forse dovrei dire muy bien juntos."

"Cosa vuoi biondina? Mamma non ti ha portata a vedere i fuochi d'artificio nazisti? O forse hai perso l'autografo che Hitler fece a tuo nonno nel 1933? In ogni caso, stammi alla larga e cerca di superare i tuoi traumi infantili da un'altra parte." Risposi a Brandy, che però non la prese bene, perciò mi spinse al muro e mi puntò un taglierino nel grosso livido che mi aveva lasciato Juan.

"Facciamo una cosa: tu stai lontana da Marcus e da Maria e io ti lascerò stare, intesi?" Mi provocò lei. Feci una risata sarcastica, dopodiché le risposi.

"Io.faccio.il.cazzo.che.mi.pare." Dissi, per poi prenderla dalla mano con cui teneva l'attrezzo che spingeva contro la mia guancia e spingerla a terra. La presi per i capelli e le sussurrai all'orecchio che se avesse continuato così avrebbe vissuto un inferno.

Ho fatto la pappamolle con Juan e il suo gruppetto, non ricapiterà un'altra volta.

Fatti per stare insieme // 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐮𝐬 𝐀𝐫𝐠𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora