Parte 3

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Arrivata in albergo svuotai la mia borsa da spiaggia spargendo sabbia per tutta la stanza e entrai in doccia. Decisi di non fare pettinature strane e di lasciare i capelli ricci com'erano. Mi truccai, ma non troppo. Davanti allo specchio provai il vestito elegante che mi aveva regalato mia nonna e che mi scopriva tutta la schiena. Mi piacevo quella sera. Scesi alla reception coi tacchi a spillo che mi spaccavano i piedi e arrivai sul terrazzo proprio mentre il sole si stava tuffando in mare. Era pieno di tavoli decorati eccessivamente e troppo kitsch per i miei gusti. L'ambiente però era bello: c'era musica Jazz e il tramonto colorava di rosa il cielo. Mia mamma era scesa prima di me e stava aiutando lo sposo a versare Prosecco a tutti.  

Conoscevo già la maggior parte della gente invitata. Persone semplici e molto simpatiche, ognuno lavorava in un settore diverso e tutti avevano avventure da raccontare, vissute durante viaggi per il mondo. Al mio tavolo erano seduti dei miei cugini e una vecchia e simpatica coppietta, lui colombiano e lei giapponese. Con ogni portata che arrivava il mio stomaco si riempiva di più, finché mi sembrava di dover vomitare.

-"Come va all'università?", mi chiese mio cugino. Con lui andavo molto d'accordo e agli incontri di famiglia era l'unico che mi intratteneva al meno un po', mentre gli adulti parlavano di lavoro. Era però anche molto strano. Ogni volta che lo vedevo aveva un'altra passione: prima i dinosauri, poi aveva iniziato a leggere libri su macchine, poi era diventato un appassionato di aeroplani. Vorrebbe fare il pilota, ma soffre di acrofobia. 

-"Bene direi, Bologna mi piace molto. All'inizio avevo paura che mi sarei stufata di studiare Giurisprudenza, ma dopo un anno ancora mi piace.".

Sorrise e continuò a sorseggiare il suo bicchiere di Prosecco. Poi iniziò un discorso lunghissimo su un libro che parlava dell'importanza dell' intestino, che, a quanto pare, è un organo pieno di sensibilità, responsabilità e volontà di rendersi utile . Alle undici non ce la facevo più e mi alzai per andare in bagno. Al ritorno vidi il bar dell'albergo. Si trovava al centro della sala e era a forma di rettangolo. In mezzo, tra numerose bottiglie di alcol, c'era il barista che cercava di impressionare i turisti con le sue abilità nel versare cocktail. Esausta mi sedetti su uno degli sgabelli alti da bar e presi un Martini, e quando alzai lo sguardo lo vidi, seduto al bancone di fronte a me. Presi uno spavento, ero molto sorpresa di incontrarlo lì. Lui però non mi vide, era impegnato a guardare il suo cellulare. Subito mi raddrizzai sulla sedia e feci finta di non averlo visto. Non sapevo dove guardare, il cellulare lo avevo lasciato al tavolo. Disperata alzai di nuovo lo sguardo per guardarlo, ma lui mi vide. Si alzò subito e mi venne incontro per poi sedersi accanto a me. Aveva un buon odore, ma sentivo il velo umido di sudore che lo circondava e dalla fronte gli colavano minuscole goccioline di acqua in viso. 

-"Salve, come sta?", lo salutai.

-"Che bello rivederti. Diamoci pure del tu, dopo tutto siamo in vacanza", disse e si ordinò del Whiskey. Non riuscivo a guardarlo negli occhi.

-"Non mi sarei mai aspettata di incontrarti qui", risposi. Non sapevo che altro dire e non volevo neanche dargli fastidio. Stava per iniziare a parlare, ma da dietro arrivò una coppia, tutta agitata di vedere il premier al bar dell'albergo. Gli fecero mille domande, tra cui anche se era solo o se invece aveva portato anche suo figlio e la sua fidanzata. Rispose che era solo e, girata dall'altro lato, sorrisi soddisfatta. Mi meravigliai di me stessa. Ma che mi importava se era solo o no? 

-"Scusa per l'interruzione, è da tutti il giorno che la gente mi viene a parlare. L'altro giorno, appena arrivato, salii in stanza. La donna delle pulizie aveva appena finito di prepararla e quando mi vide fece una faccia così spaventata, pensavo sarebbe svenuta", disse e si mise a ridere. "Subito iniziò a complimentarsi con me per il lavoro che avevo fatto e il modo in cui avevo gestito il problema del virus l'anno scorso. Solo quando le dissi che ero molto stanco e volevo riposarmi tacque e se ne andò. ".

Io risposi con una battuta qualunque e iniziò una vera e propria conversazione. Gli argomenti non finivano più e lui continuava a parlare e parlare, facendomi ridere con le sue storie e il suo modo di gesticolare con le mani. Quasi mi faceva pena, dal modo in cui parlava sembrava che era da giorni che non parlasse con qualcuno di qualcosa che non fosse lavoro.

Quando ebbe finito di raccontare di un suo buon amico che viveva ad Agrigento, tutti e due ci girammo verso il bancone. In due avevamo scolato ben quattro bevande e la mia testa stava iniziando a girare.

-"Per oggi niente più alcol, direi. Io salgo, buona notte". Pagò i drink e se ne andò.


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