capitolo 23

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Jane's pov

Le 11 scoccano sull'orologio, e il mio cuore quasi sussulta assieme al ticchettio.
Cammino avanti e indietro per la stanza, cercando una soluzione e di trovarla anche il più presto possibile.

Quell'indirizzo, quel maledetto indirizzo è casa nostra. È la casa dove abita mia madre. Perché Scott è lì?
Perchè l'hanno rapito lì?

James, che era affianco a me ad ascoltare la telefonata, si mangia nervosamente le unghie, esasperato con me.
Cerco di calmarmi, bevo un bicchiere d'acqua, per poi sedermi sul divano a gambe incrociate.
«Cosa dobbiamo fare?» chiedo, stringendomi la testa fra le mani.
«Dobbiamo andare lì, dobbiamo farlo, altrimenti lo uccideranno, lo sai già.»
È vero, lo faranno, è solo una tattica per attirarci lì, siamo noi che vogliono. Infondo si sapeva già, lo avevo già capito dalle foto su quella lavagna.
«Stabiliamo un piano, organizziamoci per bene, non abbiamo molto tempo. Per l'ora di pranzo noi dobbiamo essere lì, entrare in quella casa e coglierli di sorpresa.» dico velocemente, gesticolando con le mani.
«Possiamo entrare lì, io ho le chiavi che mi diede la mamma anni fa..» inizia lui, facendo un ipotesi di come potrebbe andare.
«Poi senza farci notare cerchiamo dove sia Scott.»
«E dove potrebbe essere?» chiede, grattandosi la nuca.
«Penso che ormai sia chiaro che quell'oca faccia parte di tutto questo, solo non capisco in cosa, perché puntare proprio su Scott? C'entra con nostro padre?» gli chiedo, ma in realtà è come se stessi ponendo le domande a me stessa.

Vorrei solo delle risposte, risposte che in questo momento non posso averle, e ciò mi fa impazzire. Detesto non sapere tutto di un argomento, devo esserne informata, conoscere più cose possibili per poi agire.

«L'avranno chiuso in cantina, è l'unico luogo più nascosto della casa.» dice convinto.
«Va bene, io mi porto una pistola.»
«Jane, se arriviamo già così, ci faranno fuori e-»
«Chi era che entrava nelle case delle persone a nove anni?»
«Jane ma-»
«Chi era che rubava documenti per poi sgattaiolare come se niente fosse?»
«Non possiamo-»
«James, si che possiamo. Faccio cose di questo genere da anni, mentre tu facevi lavoretti col tuo amato computer. Quindi dammi retta, anche se non mi hai mai visto all'opera, la mira non mi manca.»

Sbuffa arrendendosi, cosciente del fatto che alla fine io avrò sempre ragione. Troverò sempre il modo per avere tutto dalla mia parte.

«Il tuo cuore? Ce la farà?» mi chiede all'improvviso, come se fosse una cosa che voleva domandarmi da tanto tempo.
Lo guardo facendo un sorriso triste, spostandomi accanto a lui.
Da quando sono piccola nessuno mi ha mai dato certezze, la mia vita è sempre stata in bilico a causa di questo problema.
Potrei vivere per altri sessant'anni come potrei morire domani.

Gli prendo le mani, stringendole forte «Andrà tutto bene, dobbiamo arrivare alla fine di questa storia una volta per tutte.»
«Io non voglio perderti Junior.» mi abbraccia cogliendomi di sorpresa, come se avesse paura che possa sparire da un momento all'altro.
«Non mi perderai, fidati di me. Ti voglio bene James.» appoggio la testa sulla sua spalla, accarezzandogli i capelli come fece quella notte, mentre il mio corpo tremava tra i singhiozzi.

James's pov

Lo scrittore Robert Louis Stevenson è stato colui che ha cercato di dare una spiegazione al lato cattivo dell'essere umano. Il cosi detto lato oscuro dentro di noi, quella parte che tutti abbiamo paura di scoprire, come se potessimo lasciar scappare un serial killer.
Stevenson aveva in mente l'idea di una doppia natura dell'essere umano, ovvero una parte buona e una cattiva che convivono dentro di noi. La dimostrazione di tutti questi suoi pensieri ed idee sono state raccolte in un libro, rimasto impresso nella mia mente.

Vi è mai capitato di avere paura di voi stessi? Di non riuscire a comprendere una parte di voi, spinti dalla curiosità di sapere di più ma allo stesso tempo col timore di scoprire la verità.
Vi siete chiesti "cosa succederebbe se tirassi fuori questo lato cattivo di me?" oppure "quali sarebbero le conseguenze?".
La verità è che forse proprio questo lato buono e cattivo, ci rende l'essere umano che siamo. Eppure l'ho sempre vista diversamente.
Nella mia testa ho sempre pensato che ci siano persone buone e cattive, oppure semplicemente persone che lasciano uscire quel lato oscuro dentro di sè, mentre altri evitano di farlo.

Mia madre è esattamente la dimostrazione che esiste un lato malvagio dentro di noi. Questo perché nonostante non mi abbia mai fatto mancare nulla, mi ha sempre dato cibo, un posto dove vivere e una buona educazione, alla fine ha sempre rivelato la sua vera natura.
Non è la donna che si mostra con gli altri, sempre disponibile e col cuore d'oro, quella è solo la sua copertura.
Lei è capace di manipolarti, strapparti i tuoi segreti più grandi per poi distruggerti con essi.
Ma nonostante ciò non riesco a tradire la sua fiducia o a trattarla come fa mia sorella, non posso farlo.

Anche per questo non le ho ancora detto niente della pistola. Se sapesse che ne ero già a conoscenza, Jane mi brucerebbe vivo probabilmente.

«Siamo arrivati.» sospira, fermandosi davanti alla porta della nostra grande casa. Non più nostra ormai, ma alla fine il luogo in cui si è cresciuti rimane sempre casa propria, no?
«Qualsiasi cosa accada, ti voglio bene.» le sorrido, e lei anche se con un po' di incertezza, ricambia.
Tiro fuori le chiavi di casa dalla tasca, poggiandole sulla sua mano.
Si avvicina sempre di più al terreno di guerra, gira la chiave nella serratura e apre la porta, e con grande sorpresa e sollievo non troviamo William all'ingresso.

Cerchiamo di fare meno rumore possibile, ci guardiamo velocemente intorno e andiamo verso la cantina. Lancio uno sguardo all'orologio, situato nel salotto, sono le 13:45.

Ci avviciniamo alla porta della cantina completamente dipinta di nero, che sembra quasi la via d'entrata dell'inferno.

La sua mano si posa lentamente sulla maniglia, ma quando arriva a un centimetro di distanza dal toccarla, il rumore di un grilletto ci fa sobbalzare.
Alziamo entrambi le mani in aria, girandoci verso la direzione del rumore che abbiamo sentito, e i nostri occhi incrociano un volto conosciuto.
È l'uomo che ci ha rapiti al centro di organizzazione.

«Era ora, vi aspettavamo da tanto.» dice, senza abbassare la pistola.
Jane ne ha una nella tasca inferiore dei jeans, eppure non la tira fuori, perché? Che ha in mente?
«Dov'è nostra madre? Ormai è chiaro che collabora con voi.» dice mia sorella a denti stretti.
Lui ridacchia, avvicinandosi di qualche passo «Non vedo motivo per cui dovrei dirtelo, ormai non avete via di fuga. Ora scendete nella cantina, ci divertiremo.» dice facendoci un occhiolino e sento il sangue gelarsi nelle vene.

Ci giriamo stando ai suoi ordini, capendo entrambi che è meglio non fare cazzate, o almeno spero. Non si sa mai cosa passa nella testa di Jane.

Stiamo praticamente andando in faccia alla morte, o almeno credo. Non ho idea di cosa succederà, so solo che ora che varcheremo questa porta sarà l'inizio di questa guerra.

Mi auguro solo di vincerla.

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