Accadde tutto cosi velocemente. Venni trascinata via dal corpo tremante di Zoe, il volto ricoperto di sangue, il sorriso ancora stampato in faccia. Scalciai, arrabbiata, cercando di liberarmi da quelle braccia che mi trattenevano dal correre da lei per continuare quello che avevo cominciato.
Poi realizzai.
La sua voce mi diceva di stare ferma, le sue braccia mi stringevano tanto da farmi male, ed io mi immobilizzai. Non ero solo terrorizzata, ma disgustata.
Quando si rese conto che avevo smesso di lottare, mi lasciò andare, ed io caddi sbattendo le ginocchia a terra. Sentivo fischiarmi le orecchie, la vista appannarsi, poi delle lacrime calde mi bagnarono il viso. E subito mi arrabbiai con me stessa, per la debolezza che stavo mostrando davanti a lui. Cercai di asciugarmi il volto con le mani, sporcandomi però il viso col sangue di Zoe.
Quando l'adrenalina si esaurì, prosciugandomi, cominciai a prendere consapevolezza di quello che avevo fatto. Di quello che avrei potuto fare.
Quello che più mi spaventava, era che non me n'era importato nulla. L'avrei potuta uccidere. Anzi, l'avevo colpita con la speranza di farlo.
Io non ero così. Non ero quel tipo di persona. Ero una stronza, sì, ero sempre arrabbiata, e avevo già fatto a botte con altre ragazze, ma non ero mai stata così furiosa. Non avevo mai avuto pensieri del genere.
Guardavo le mie mani insanguinate, tremavo, e mi chiedevo: quando sono diventata così? Quando mi sono trasformata in un mostro?
Alzai lo sguardo verso Zoe, che aveva smesso di ridere; tossiva, sputava sangue e respirava a fatica. Vederla in quello stato, macchiata di sangue e rannicchiata su se stessa col suo corpo denutrito, era una scena triste e pietosa, ma ancora non riuscivo a provare compassione per lei.
Avevo giurato a me stessa che non sarei diventata come lei, che lui non mi avrebbe cambiata, invece lo aveva fatto eccome.
Un sospiro. «Non doveva andare così.» La sua voce, roca e profonda, con una punta di divertimento, mi congelò sul posto. In quell'istante ricordai della sua presenza alle mie spalle.
Sentivo il suo sguardo sulla mia nuca, penetrante e persistente, come se mi stesse sfidando a voltarmi, a guardarlo in volto per la prima volta. In quei giorni, o ore, non sapevo dirlo, lo avevo immaginato in mille versioni differenti nella mia testa. L'unica cosa di cui ero certa è che era alto e grosso, lo ricordavo dalla sera in cui mi aveva rapito. Avevo visto solo le sue braccia, le sue mani enormi sul mio viso, la mia testa che batteva sul suo petto. Ma non ero mai riuscita a dargli un volto definito.
A quel ricordo le mani cominciarono a prudermi, e nonostante mi pulsasse la testa e mi tremassero le gambe, mi alzai in piedi come una molla. La furia riprese possesso di me, mi voltai e mi lanciai contro di lui, senza pensare alle conseguenze, senza pensare a nulla. Non mi importava. L'unica cosa che vidi furono i suoi occhi, di un blu agghiacciante, così simili ai miei.
Poi mi colpì in viso, con forza, sentii il mio corpo battere sul pavimento e tutto divenne nero, in un istante.
Quando mi svegliai, la testa mi pulsava dal dolore, e a fatica riuscì ad aprire l'occhio destro, probabilmente gonfio. Provai a sfiorarlo con le dita, ma mi resi conto di avere i polsi legati tra loro alla testiera del letto.
Le ombrose braccia della paura mi avvolsero, più strette della corda che mi bloccava, e sprofondando nel terrore cominciai a dimenarmi e a urlare, ancora e ancora, fino a quando dalla gola non uscii altro che qualche verso rauco, i polsi cominciarono e bruciarmi dal dolore e rivoli scarlatti a colarmi lungo le braccia.
Svuotata di ogni cosa, mi sentì sprofondare nel buio; come un filo sottile s'infilò tra le mie carni, da capo a piedi mi avvolse in ogni dove, e il freddo si infiltrò fin dentro le ossa.
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Gioco perverso
Mystery / Thriller«Lasciami in pace, ti prego.» «Non adesso. Ora è tempo di giocare, piccola Lèa.» Quando non fai che pensare a te stessa, ai tuoi limiti e non pensi a nient'altro, tutto il resto ti sfugge di mano. Rifiuti persino la protezione e la fiducia delle per...