Capitolo 4 - Spezzata

16.4K 130 15
                                    

Il tempo trascorse, ma non saprei dire come. Lo impiegai piangendo ogni lacrima, finché anche quelle finirono. Il viso appiccicoso, gli occhi gonfi e tanta voglia di vomitare. Ogni secondo sentivo il peso di quel silenzio opprimente, straziante; avevo provato a colmarlo con la mia voce, ma dopo indefiniti momenti passati ad urlare anch'essa mi aveva abbandonata, lasciando il ricordo di sé nella mia gola bruciante.

Restai a fissare la porta in attesa, di cosa, però, non lo sapevo. Volevo restare vigile, essere pronta nel momento in cui qualcosa sarebbe accaduto. Perché qualcosa doveva pur accadere, no? Non potevo restare in quella stanza per sempre. Non potevano lasciarmi lì, giusto? Se prima i sentimenti mi avevano abbandonata, a quel pensiero tornarono prepotentemente, come una grande onda che investe una spiaggia, distruggendo ogni cosa.

Solo qualche tempo prima mi ero considerata una persona forte, in quel momento non lo ero affatto. Ero devastata, come lo scheletro di una città fantasma. Di me era rimasto poco e nulla, se non le fondamenta, mentre i pensieri mi uccidevano la testa.

Così mi addormentai, le forze ridotte al niente e la paura che mi divorava. Non sognai nulla, probabilmente non avevo le forze nemmeno per sognare. A svegliarmi fu il suono di una melodia che iniziò ad echeggiare nella stanza: dolce, delicata, un ritmo leggero e rilassante. Sembrava la ninnananna di un carillon, come quelli che collezionavo. L'armonia di quel momento mi fece dimenticare tutto, lasciando spazio ad un incantevole fantasia nella mia mente. Sognai me e Michael in riva al fiume, uno dei posti in cui passavamo più tempo. Sentii il suono dello scorrere dell'acqua per poi scivolare giù dalla piccola cascata. Pulita. Fresca. Cristallina.
Immaginai il vento soffiarmi sul viso e accarezzarmi i capelli, mentre le mie dita venivano racchiuse da quelle di Michael in un gesto romantico. Il mio cuore tornò, per qualche attimo, a scalpitare in preda a sentimenti meravigliosi.

Non durò molto. Presto la sinfonia cambiò, il suono divenne più lento, lugubre. Quell'incantevole ricordo s'infranse di fronte ai miei occhi, uno specchio distrutto che piangeva lacrime taglienti. Mi ritrovai spedita nella realtà e l'impatto fu doloroso. Non conoscevo l'intento di chiunque mi avesse rapita, ma se la sua volontà fosse stata quella di devastare la mia persona, presto avrebbe raggiunto il suo obbiettivo.

Poi sentii uno stridio che mi portò a coprirmi le orecchie per attutirne il suono. Cessò e, inaspettatamente, udii una voce: "Ciao Lèa, ti piace la tua nuova stanza?"

Il mio corpo cominciò a tremare, mi sentivo come un cane con la coda tra le gambe. La persona che mi aveva rapita era un uomo: la sua voce era bassa e rauca, come quella di un fumatore accanito.

"Non aver paura, tesoro." Il suo tono era basso, a malapena udibile, credetti persino di essermelo immaginato. Era plausibile, no? Ero rinchiusa da così tanto tempo - o almeno così mi sembrava - da poter essere arrivata al punto di immaginarmi le cose. Stavo forse impazzendo?

«Tu non sei qui, non sei reale!» singhiozzai, senza però versare alcuna lacrima. Credevo di essere arrivata al culmine.

"Certo che sì. Sono qui, solo che non sono lì."

La sua voce era così subdola da darmi il volta stomaco, ma mi sforzai di non vomitare. Non volevo mostrargli com'era riuscito a ridurmi, non volevo dargli anche quella soddisfazione.

«Lasciami in pace, ti prego.»

"Non adesso. Ora è tempo di giocare, piccola Lèa."

Le sue parole erano così enigmatiche che non potei evitare di innervosirmi. Cos'altro voleva da me? Era una situazione talmente allucinante ai limiti del surreale. Ma non era un'allucinazione, stava accadendo davvero, ed io non avevo via di scampo.

«Cosa vuoi da me?» Alla fine piansi. Credevo di non avere altre lacrime da versare, eppure i miei occhi iniziarono a pizzicare e la vista ad appannarsi e ben presto il mio viso venne rigato da acqua salata.

"Alzati."

«Cosa vuoi da me?!» gridai; non sapevo come, ma ero riuscita a trovare ancora un briciolo di coraggio per fronteggiarlo. Sapevo, però, che non l'avrei affrontato a lungo. Mi stavo spezzando, ormai consapevole di non aver più il libero arbitrio. Basta questo, per distruggere una persona, toglierle la libertà di scegliere. O, almeno per me e la mia personalità non tanto forte come pensavo, era abbastanza.

"Alzati, Lèa. Vai alla porta, la troverai aperta. Alla tua destra ne troverai un'altra, anch'essa aperta. Varcala. Non perdere tempo a provare ad aprire le altre: sono chiuse." A queste sue parole seguii un altro suono acuto, questa volta non mi coprii le orecchie.

✂️✂️✂️

N/A:

Capitolo molto corto, mi dispiace, ma non potevo farlo più lungo per diversi motivi.

Spero comunque che vi sia piaciuto! Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo molto!

Il prossimo capitolo è più lungo e rimarrà tale nel caso in cui non farò dei tagli. Si vedrà 🤷‍♀️

Auguro a tutte tante cose belle🌈

Gioco perverso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora