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Che dire, follettini e follettine. Ce ne ho messo di tempo, ma mi faccio perdonare con un capitolo lunghissssimo (e RICCO) e la promessa che questa storia non rimarrà assolutamente incompleta. Ho avuto un lungo periodo in cui l'ispirazione si era volatilizzata ma finalmente sto ritornando alla scrittura, che mi è mancata tanto, tanto. Questo capitolo è tipo le montagne russe. Mi dispiace di non essere riuscita a dare la continuità di aggiornamenti che volevo, perché ogni capitolo costruisce un pezzo e vorrei che venissero visti tutti di seguito, ma farò del mio meglio ora per darmi una reffata ed essere più ordinata su Wattpad in generale, invece di essere chaotic come sempre. Spero che ricordiate dove siamo arrivati. Ditemi, cosa ne pensate di questo casino che sono Frank e Gerard? Spero che stiate tutti bene. Tenete duro in questo periodo insensato, tutto passa. Grazie di essere qui. ♡


-17.


Non ricordo molto di quando l'alcol era ancora un divertimento.

I pavimenti appiccicosi dei locali dove non sarei dovuto entrare, il bruciore della birra che non avevo gli anni per bere. Quel calore nel petto, languido. L'eccitazione del proibito. Il gusto nella bocca: fruttato, aspro, amaro; caldo sulla lingua, ghiaccio che si scioglie in un liquido che è una carezza. Le risate degli amici. L'imbarazzo felice della mattina seguente. La sensazione di avere il mondo tra le mani.

Ricordo bene, invece, quando iniziò a non esserlo più.

Uno solo, poi due, tre, quattro, quanti erano? Mi accorsi che da sobrio non mi divertivo più. Non ero abbastanza loquace, abbastanza simpatico, abbastanza libero. La testa pesava così poco che avrebbe potuto prendere il volo, e invece avevo la maglietta macchiata di sudore, la faccia schiaffata sul divano. Iniziare la giornata con un'aspirina, all'improvviso, non fu più qualcosa di cui vantarsi. Leggero divenne schiacciante, amaro divenne insapore. Le etichette non erano importanti. La mia testa era possessiva, cattiva. La bottiglia era la prima cosa che raccoglievo, quando arrivavo a una festa. A cena al ristorante. Al supermercato. Finchè non sostituì la sveglia sul mio comodino, mezza vuota, con lo scontrino ancora accanto. Il paracadute mi aveva fatto toccare il cielo con un dito, per poi strangolarmi nella discesa.


Frank era abituato a uscire di notte. A volte, gli scalini nel retro di casa di Ray erano l'unico luogo dove riusciva a pensare; quando tutto dormiva, la notte taceva e le dita si raffreddavano così tanto intorno alla sigaretta da fargli male. Guardava il parco giochi deserto, ed era così grande e vuoto. C'era spazio anche per lui. L'unico a trovarsi fuori alle tre del mattino in quel quartiere di giardini ordinati era uno spacciatore coi capelli rasati e l'aria annoiata, che si aggirava tra gli alberi al confine del parco. Ogni tanto, quello gli faceva un cenno di saluto. Forse glielo leggeva negli occhi, nel modo ossessivo in cui a volte lo fissava e le ginocchia gli fremevano, che avrebbe voluto alzarsi e andare da lui. Non l'aveva mai fatto. E non ricambiava mai. In qualche modo, gli sarebbe sembrato di sgarrare, se l'avesse fatto. Anche se, a quel punto, tanto sarebbe valso fare tutte le presentazioni del caso e sedersi assieme, lupo e pecora. Non lo salutò neanche quella notte; anzi, sbuffò e camminò più forte, sotto i suoi occhi stupiti e bianchi nel buio, mentre attraversava il parco vuoto trascinando un corpo a peso morto sull'erba.


Il giorno precedente.


Frank iniziò la giornata con la sua dose quotidiana di caffeina e autocommiserazione. Si era svegliato tardi e tutti erano già usciti, lasciando il tavolo sgombro e i piatti della colazione impilati nel lavello. La casa era silenziosa e l'auto di Ray non era nel vialetto, quindi poté strascicare le ciabatte da un corridoio all'altro senza la paura di venire incastrato in una seduta di terapia a sorpresa. Si sedette su una delle poltrone del salotto, con i piedi alzati sul tavolino e il naso affondato nel profumo del suo caffè. I pantaloni della tuta gli calavano sulle gambe e lui non era dell'umore per sistemarli. Sua madre l'aveva chiamato, il pomeriggio precedente. Aveva risposto, ma non avrebbe fatto alcuna differenza se non l'avesse fatto, visto che non aveva detto una parola.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 26, 2021 ⏰

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