Capitolo 9

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Quando riapro gli occhi, tutto intorno a me è ancora confuso. Devo sbatterli per un po', prima di capire dove sono: davanti a me, vi sono delle sbarre. Sbarre? È una gabbia? No, è una cella. E sono seduta per terra, appoggiata a un muro. Il terreno sotto di me è lurido, umidiccio e ricoperto di paglia secca. Mi alzo in piedi e provo a correre verso le sbarre, ma dopo due o tre passi, mi accorgo che la mia caviglia destra è legata a una pesante catena attaccata al muro. Inoltre, i miei polsi sono ammanettati da due ferri ricoperti ormai di ghiaccio. Non c'è modo di liberarsene, per quanto possa strattonare.

Il rumore attira due demoni di guardia, che si scambiano un'occhiata veloce e si dicono qualcosa in una lingua mai sentita prima. Uno di questi apre la cella con una particolare chiave. "Se provi a scappare, te ne pentirai." Dice in uno strano accento. Poi mi slega dalla pesante catena legata alla caviglia: quest'ultima è arrossata e dolorante.

Con i polsi che rimangono legati, i due demoni mi accompagnano in uno stretto e buio cunicolo. Non ho idea di dove siamo diretti, né di cosa abbiano intenzione di fare. Tengo la testa bassa per tutto il tragitto.

Ad un tratto, giungiamo davanti a una porta isolata. I demoni si fermano, e si scambiano un breve cenno. Poi, con un gesto deciso, spalancano la porta e mi ci gettano dentro, per poi richiuderla a chiave alle mie spalle. Sono atterrata bruscamente in ginocchio, a causa dello spintone. Il mio sguardo è fisso sul pavimento, non lo sollevo nemmeno per rendermi conto di dove mi trovo. Inizialmente, penso che mi abbiano gettata in una segreta, per prepararmi a una qualche condanna a morte. Ma poi sento una voce.

"Bentornata all'Inferno." Dice. Conosco quella voce, è molto familiare. Sollevo la testa, e scorgo una figura nera di spalle. Non si è ancora voltata.

"Immagino sia tu il capo di cui parlano tutti. Che cosa vuoi? Uccidermi? Beh, perché non lo fai subito, allora?" Affermo. La figura ridacchia sotto i baffi: "Ucciderti?" Chiede. Solo allora, si volta mostrandomi il suo viso:"E perché mai dovrei farlo?"

Non so cosa provare, in quell'istante. Se gioia, sollievo, oppure tanta rabbia e tristezza. Sta di fatto che quegli occhi non mi sono nuovi. E il modo in cui i capelli corvini ricadono sulla fronte, incorniciandoli perfettamente, scuote in me una miriade di sensazioni stupende, ma allo stesso tempo, serve solo a montare la rabbia, dentro di me.
Che cosa ti ha fatto?  Penso, con il cuore che va in frantumi. Resto lì per lì senza parole, con gli occhi e la bocca spalancati in un'espressione di terrore.

"Shadow..." Provo a rimettermi in piedi e a corrergi incontro, non so per quale motivo, ma con un gesto della mano, lui libera un attacco che mi respinge via e mi costringe a cadere nuovamente per terra.
"Non provare mai più ad avvicinarti a me, sporca sanguesudicio."  Sibila quasi sottovoce, in un tono e in con una voce che non è decisamente suo. Poi, sembra riprendersi.

"Oh, a proposito. Quelle non sono necessarie." E con un piccolo gesto della mano, fa scomparire le manette attorno ai miei polsi arrossati. Me li massaggio, cercando di alleviare il fastidio dell'irritazione; il mio sguardo cade più volte sulla cicatrice a forma di mezzaluna. Vorrei che scomparisse da lì, subito.

"Tu..." dico con sguardo truce: "Che cosa hai fatto a Shadow?" Il mio sguardo sprigiona puro e immenso odio.

"Sta solo dormendo, mentre tutti credono che sia io." Dice lui, con il suo solito sorriso inquietante.

"Che cosa hai intenzione di fare?!"

"Oh, ma è semplice. Distruggere gli umani. Te l'ho detto, nulla che riguardasse te. Non potevo permetterti di andare dai tuoi zietti per avvisarli del nostro attacco imminente, oh no. Saranno colti impreparati. Non preoccuparti, sarà tutto veloce, indolore, e se saranno bravi moriranno e non se ne accorgeranno nemmeno." Dice guardandosi le unghie con aria annoiata.

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