Capitolo 12

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Sto correndo lungo un sentiero sterrato. Il cielo è plumbeo e sta cominciando a nevicare, ma non arresto la mia corsa. Ciò che mi ha attirata è una farfalla dalle ali bianche, come i miei capelli, la sto inseguendo. La mia vista è amplificata, e posso registrare ogni suo singolo movimento, forse persino anticiparlo. Ma eccola, finalmente si è fermata. Proprio su un cespuglio spruzzato di nevischio. Il pallidume delle sue ali si mimetizza bene, in questo modo. Sarà difficile acchiapparla. Con passo furtivo, mi avvicino piano. Come un felino quando fa un agguato alla sua preda, mi preparo al grande balzo. Mi dò lo slancio, e mi butto a peso morto sul cespuglio, nel tentativo di catturare la farfalla, ma finendo soltanto per incastrarmi in mezzo ai rovi.
"Chi è là?" Esclama una voce dietro al cespuglio. Sussulto, e mi ordino di restare immobile. Sento dei piccoli passi avvicinarsi, e l'altrettanto piccola voce parlare: "C'è nessuno?" Dice con tono incerto. Il mio cuore sta cominciando a battere fortissimo, sento che mi sono cacciata in un guaio serio, e i passi sono sempre più vicini. Delle mani spostano i rovi, e mi rivelano quel volto misterioso: è una bambina. I suoi capelli sono biondi e raccolti in due trecce, e nel mezzo del vispo viso rotondo cosparso di lentiggini campeggiano due grandi occhi verdi. O sono forse azzurri?
"E tu chi sei?" Dice la bambina. È più alta di me, e forse anche più grande. Mi sento piccolissima al suo cospetto, e le mie guance arrossiscono di botto. Potrei mettermi a piangere dalla vergogna da un momento all'altro.
"Dai, ti aiuto ad uscire da lì." Dice poi, tendendo la paffuta mano verso di me, con un sorriso.
Esito un poco prima di afferrarla, ma poi mi rendo conto che i rovi mi stanno graffiando, e che non ci tengo a restare lì dentro. Insicura, afferro la mano della bambina, e appena lei tira un po', mi sollevo per aria, volando.
"Lo sapevo..." Mormora la bambina, delusa:"Non possiamo essere amiche. Io sono la principessa di Arendelle, mentre tu... Sei una di quegli spiritelli che chiamano mezzosangue! Già, lo so perché posso vederti! Và via, mezzosangue! Via"

"Stupida ragazzina."
Tutto d'un tratto, le immagini intorno a me cambiano. La bambina scompare, e al suo posto compare un ragazzo dai capelli corvini, vestito completamente di nero, dal viso pallido e magro, e dagli occhi color zaffiro. Mi fissa con aria a dir poco infastidita:"Tu non sai nemmeno cosa significa essere mezzosangue."
"Non sei una mezzosangue."

"Non lo sei mai stata."

Apro gli occhi, con quella frase che mi ronza in testa, e un nome tra le labbra:"Shadow."
Ho il fiato corto, e la fronte sudata. Con la mente in subbuglio, mi tiro su e mi massaggio gli occhi, turbata. Inoltre, odio me stessa con tutto il cuore perché mi sono permessa di dormire, dopo tutto quello che è successo. Dopo tre giorni che non chiudo occhio, però, la stanchezza prende il sopravvento.
Non è ancora l'alba, e il cielo è di un azzurro cupo, quasi ancora blu. Ripenso alle parole della madre di Shadow, ieri: "Per diventare demone, uno spirito deve rinunciare a tutti i momenti di felicità e di gioia che ha vissuto nella sua storia, e che ancora avrebbe dovuto vivere, e convertirsi alle tenebre. Ciò significa dimenticare anche le persone che ti sono più care, e tutti i sentimenti che non siano odio o rancore. Sono in pochi disposti a fare questo enorme sacrificio, spesso perché spinti dall'estremo desiderio di vendetta. Ma ascoltami bene, Luna; la vita del demone è una vita di sofferenze, e non si torna più indietro."
Che cosa devo fare? So benissimo che lo spirito di Pitch è ancora in circolazione, alla ricerca di una nuova preda di cui impossessarsi. Non lascerò che la morte di Shadow sia vana. Devo eliminarlo una volta per tutte da questo mondo, cosa che nemmeno mio padre era riuscito a fare. Nessun comune spirito può farlo. Ma un demone sì. Devo solo restituire a Pitch il suo corpo.
Shadow... Non resterò a lungo lontana da te. Prometto che quando avrò risolto la questione e avrò reso degno il tuo sacrificio, ti raggiungerò. Lo giuro.
Afferro la pietra di colore nero che mi ha lasciato ieri la madre di Shadow, in caso avessi preso la decisione di diventare demone. Dimenticherò tutte le persone care. Dimenticherò i biondi capelli di Elizabeth e il suo sorriso allegro, i bellissimi occhi di mia madre e l'amore che mi ha sempre dato e che io sono sempre stata incapace di ricambiare, dimenticherò le lentiggini sbiadite e i confortevoli abbracci della zia Anna... Perderò il ricordo del mio papà, il migliore che si potesse desiderare, e i sentimenti che ho provato per il ragazzo dai capelli neri e gli occhi che mutano il loro colore. Diventeranno estranei, e non potrò più tornare indietro.
"Lo sto facendo per loro, solo per loro." Penso dentro di me.
Prendo un lungo respiro, e con i pugni stretti sulla gemma nera, pronunciò le parole che la madre di Shadow mi aveva detto il giorno prima:
"Rinuncio per sempre a tutto ciò che mi impedisca di compiere il mio desiderio di vendetta. Rinuncio al bene e alla gioia e mi concedo al male e alla sofferenza, per l'eternità. Qui e ora, come in principio. Che la mia anima diventi oscura, e il mio cuore cessi di provare emozioni."
Dalla pietra esce qualcosa, come del fumo, denso e nero, che comincia a salire, sfiorando le braccia, le spalle, fino al viso. Non appena lo inspiro, la testa comincia a girarmi, e fatico a respirare, tanto che sono costretta a piegarmi in due e a tossire. La pietra mi cade dalle mani, così come io cado in ginocchio, tossendo con violenza. Nel mio petto sta crescendo qualcosa che mi impedisce di respirare, e diventa sempre più grande. Ad un tratto, anche i miei occhi cominciano a bruciare e a lacrimare. Adesso, il dolore del petto si è spostato lungo la spina dorsale, e mi impedisce di muovere un muscolo. Frustrata oltre ogni limite, caccio un urlo di dolore, e tutto d'un tratto, quel dolore, si trasforma in un paio di ali nere, che spuntano maestose dalla mia schiena. Tutto il bruciore passa, e piano piano mi rimetto in piedi. I miei vestiti stanno lasciando spazio a una lunga veste nera, e inoltre, anche le mie unghie sono diventate nere.
Mi trascino per qualche metro sulla riva di un laghetto, dove potrò dare un'occhiata al mio nuovo volto. Incredibilmente mi accorgo che i capelli sono rimasti chiari, cosa che non avrei mai pensato potesse accadere. Avvicinandomi un po' al mio riflesso, noto anche qualcosa che mi turba: la parte bianca dell'occhio, adesso è tutta nera, ma le iridi sono rimaste azzurre. Sbatto le palpebre, e improvvisamente i miei occhi tornano alla normalità. Chissà se posso controllare questa particolarità degli occhi a mio piacimento.
Complessivamente, il mio aspetto non è cambiato radicalmente. Ciò che è diverso, sono soltanto le grandi ali nere, i vestiti, e lo sguardo; è lo sguardo di una persona che non sa cosa sia la felicità. È uno sguardo pieno di odio, di rabbia, e di sete di vendetta.

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