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12 luglio

Quando Jungkook si ritrovò ad origliare la discussione tra gli infermieri, con la spalla bruciante, sperò di morire.

Jungkook non aveva mai pensato di morire, di suicidarsi, perché per quanti problemi avesse non voleva ancora mettere fine alla sua vita, ed era comunque troppo codardo per farlo, eppure in quel momento si ritrovò con la mente offuscata di bruti scenari in cui era lui a prendere fuoco e gridare dal terrore.

Erano morti.

Ecco che dicevano gli infermieri. Erano tutti morti nella compagnia. Erano tutti morti bruciati, o soffocati, o schiacciati dai pesanti oggetti di scena. Erano tutti quanti morti.

Tutti, tranne lui. E Jungkook si chiedeva quale stupido dio avesse deciso di risparmiargli la vita e di non mozzargliela come aveva fatto con quella dei suoi amici– e Jimin – perché Jungkook credeva di meritare di morire come gli altri, e non di rimanere lì a respirare mentre gli dicevano – non lo stavano dicendo direttamente a lui, ma non faceva la differenza – che le persone più importanti della sua vita era morte in un cazzo d'incendio.

Anche Jimin era morto in quell'incendio. Se lo erano tutti lo era anche lui, ma non poteva essere vero. Jungkook non voleva crederci, non poteva, era così surreale da essere uno schifoso incubo dettato dalle sue ridicole paranoie. Sì, era di sicuro così. Perché Jimin non poteva essere morto, no, non poteva essere bruciato come gli altri in quel dannato teatro, non poteva essersi fatto sciogliere la faccia come gli altri, no.

Eppure gli infermieri parlottavano convinti, dicevano che c'era un solo sopravvissuto– e se fosse stato Jimin? Forse era lui quello morto, forse era lui il fantasma con la faccia bruciata e non Jimin, non l'amore della sua vita, forse era proprio lui stesso ad essere solo una sporca allucinazione nel mondo reale, in attesa di andarsene su un altro pianeta allontanandosi dalla sua metà.

«Jungkook!»

No, non era lui l'allucinazione, non era lui quello morto e Seokjin che gli si avvicinava di fretta lo dimostra. Forse anche Seokjin è morto e non lo sa?

Delirando, stava fottutamente delirando nel suo stesso cervello annebbiato dal fumo.

Forse era il fumo che gli stava risucchiando gli occhi, e gli mandava a puttane il cervello: ci ballava un delizioso valzer per poi afferrargli entrambe le braccia e spiattellarlo sul suo cranio. A Jungkook sembrava quasi di poterlo vedere. E sentire, perché sentiva il fumo pizzicargli le narici, i polmoni e il cervello.

«Signore–» Qualcuno l'aveva fermato. Jungkook non sapeva chi fosse, non gli importava neppure.

«È mio fratello.»

«È in forte stato di shock.»

Shock un cazzo. Aveva appena scoperto che i suoi amici e il suo amore erano morti, che cazzo doveva fare? Scoppiare a ridere? Sì, probabilmente Jungkook, se non fosse stato un'ameba, sarebbe esploso in una fragorosa risata e poi si sarebbe piantato delle forchette negli occhi nella speranza di dimenticare le figure brucianti dai visi sgocciolanti che continuavano a volteggiargli di fronte.

Jungkook continuava a vivere sotto le palpebre la stessa scena, un fottuto loop straziante che gli scioglieva gli occhi e gli prendeva a coltellate lo stomaco e Jungkook non era sicuro che quel sangue che gli sgorgava dal ventre fosse vero o frutto della sua immaginazione, e non era neanche sicuro che il sapore metallico sulla lingua fossero le sue gengive tagliate o i suoi polmoni infuocati.

Morti. Come era possibile Jungkook forse lo sapeva troppo bene, ma la sua testa cercava di allontanare dalla sua testa la scena delle luci che cadeva dal cielo per schiacciarsi contro le persone, creando una deliziosa opera di sangue e brandelli sul pavimento. Le pupille gli andavano a fuoco mentre davanti agli occhi correva sfrenata la scena di Hoseok – era Hoseok? Jungkook in quel momento era così confuso da ricordarsi a malapena il suo di nome – che correva con le fiamme ad avvolgerli il corpo, e le urla, le urla strazianti, dolorose, taglienti nelle sue orecchie che gli davano ancora i brividi. Le voci s'ammassavano una sull'altra e gli scorticavano le orecchie, sembravano aggrapparsi ai suoi timpani per implorare aiutato, per trovare un'appiglio mentre venivano trascinate nel baratro della morte e a Jungkook sembrava solo di sanguinare e sanguinare sulle sue guance.

Non riusciva a eliminarsi quelle scene da davanti gli occhi, forse avrebbe fatto bene a piantarsi due forchette nelle orbite perché se non vedeva non poteva neppure più vedere la gente bruciare, e anche se fosse morto, tanto meglio così. Tanto a Jungkook non importava più della sua vita, che senso aveva adesso? Erano tutti morti e il suo sogno s'era infranto e ne avrebbe dovuto trovare un altro e Jungkook non voleva.

Ma Jungkook non aveva forchette in quel momento. Era in un cazzo di ospedale e non era ora del pranzo, ovvio che non ne aveva una. E sembravano aver capito i suoi piani e aver reso quel lettino su cui era seduto Jungkook a prova di neonato, perché ogni cosa che Jungkook avrebbe potuto usare per strapparsi la gola o accecarsi gli occhi sembrava improvvisamente sparita.

«Kookie?» La voce di Seokjin era morbida, malleabile nella mente di Jungkook e si trasformava in lontane grida di dolore.

«Hyung...» Gli bruciavano gli occhi. «Jimin è–» La voce gli si spezzò in gola, ma non stava piangendo. Non aveva le lacrime non gli rigavano il viso e non avrebbe avuto intenzione di farlo fino al mese dopo, o quello dopo ancora. Jungkook non ricordava se avesse pianto o meno.

Se, mesi dopo, ci avesse ripensato avrebbe detto che non aveva mai pianto. Non aveva mai pianto la morte di Jimin perché, mesi dopo, non ne aveva ragione, non aveva nessuno motivo per provare dolore, perché Jimin lo vedeva ogni giorno al teatro, la sua compagnia la vedeva ogni giorno e Jungkook era così fottutamente felice nella sua piccola fantasia immacolata, da non voler neppure provare a ignorare la vocina zuccherosa del suo ragazzo, che gli sussurrava nella testa mentre dormiva e lo perseguitava quando aveva gli occhi aperti.

Jungkook si scolpiva un sorriso di lacrime scarlatte sul volto e ci baciava Jimin con quella bocca insanguinata, ci baciava le labbra bruciate del suo ragazzo in un edificio a pezzi.

𝐍𝐔𝐓𝐒𝐇𝐎𝐖Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora