20 dicembreČajkovskij era arte in vìolini stonati e fotogrammi in bianco e nero, vasti ricordi dell'infanzia che andavano a guidare i fili dei ballerini, spostandoli sul palcoscenico da una parte all'altra.
Il primo atto prevedeva un balletto colmo di comparse e di giochi di luci; il palco si fece pieno e Jungkook prese posto a lato pronto a immergersi nel mezzo per mescolarsi alla dozzina di protagonisti. Anche Jungkook era uno dei protagonisti – ovviamente lo era, Jungkook era così competitivo da essersi allenato per un intero mese per beccarsi uno dei ruoli principali.
Sotto al palco, lontano dall'orchestra, gli occhi di Miss Yang scrutavano attenti i dettagli, pronta a interrompere l'intera esibizione se avesse notato un passo sbagliato.
La musica incominciò: l'orchestra versava rabbia sulle corde, il teatro si fece buio e il suono basso delle trombe e delle tube riempì l'intera sala e graffiò le orecchie di Jungkook. La musica gli circolò nel sangue, afferrò i suoi nervi e lo trasportò sul palcoscenico, a muoversi circondato dagli altri ballerini.
Le note s'aggrapparono a lui, le iridi si muovevano veloci senza osservare nulla, vagavano sul palco privati della possibilità di vedere chi aveva davanti, perché Jungkook quando ballava non vedeva gli altri, non vedeva la musica, non vedeva se stesso; Jungkook quando ballava la sentiva la musica, gli zampettava sotto la pelle giocando con i suoi nervi e gli posava dolce le mani sugli occhi, e Jungkook avrebbe potuto farsi tirare i tendini e accecarsi gli occhi per il resto della sua vita.
Ma Jungkook, in quel momento, si ritrovò a vedere e a sentire il palco; sentì i violoncelli farsi possenti, i vìolini gli tranciavano i timpani, le corde si spaccavano sotto gli archetti, saltavano e tagliavano le gole dei violinisti.
Jungkook sentiva le urla, le sentiva strazianti e pietose sotto l'orchestra impetuosa.
Volteggiava ancora sul palcoscenico, spinto dalle comparse a continuare la sua danza, trascinato a destra e manca per le braccia, tirato come se volessero strappargliele. Gli occhi di Jungkook saettavano alla ricerca di un qualcosa a cui aggrapparsi, di qualcosa di sensato che non gli mandasse a puttane la testa senza riuscire a trovare neanche uno sguardo familiare.
Jungkook in realtà non trovava neanche uno sguardo, non c'erano sguardi a cui aggrapparsi perché tutti avevano gli occhi strappati o schiacciati nelle guance, avevano le gengive tagliate e lacerate e i denti sporchi del loro stesso sangue.
Jungkook cercava di rimettersi sui suoi piedi, ci provava, ci provava con tutto se stesso a riprendere il controllo del suo corpo e fermarsi in mezzo al palco, ma sentiva le mani dei ballerini a spingerlo e tirarlo, a farlo volteggiare e cadere e ritirarlo su in piedi.
Sentiva le mani, viscide, sporche di sangue, tirargli le braccia lasciando scie appiccicose di pelle sanguinosa, e la pelle non era sua– Jungkook non ne era sicuro, perché sentiva le braccia essergli strappate via, le sentiva bruciare sotto i tocchi degli altri, sentiva gli artigli bastardi ficcarglisi nelle pelle e dilaniargli le vene, aprirgli le braccia e lasciarlo sanguinare insieme ai vìolini rotti e le trombe affogate nel sangue.
A Jungkook sembrava di impazzire. Jungkook stava impazzendo, doveva essere proprio fuori di senno per immaginarsi i corpi andare in fiamme e la pelle disciogliersi, colando sul pavimento in una disgustosa poltiglia. Sì, era pazzo, pazzo da legare, o forse no, perché per legarlo gli sarebbero servite le braccia ma Jungkook non le aveva più le braccia, non le sentiva più nonostante lo stessero ancora trascinando in giro per il palco.
I suoi occhi continuarono ad andare in giro, ad allontanarsi da tutti i visi scuoiati e stracciati, si poggiavano sui violoncelli che piangevano sangue e s'allontanavano, distratti dal maestro d'orchestra intento a muovere con vivo la mano per metà tagliata. Non aveva mai avuto una mano tagliata... o sì?
Jungkook non sapeva più cosa fosse reale, non ricordava quale fosse il dolce viso della realtà, e si era lasciato coccolare dalla tenera bolla di bugie in cui era avvolto.
Le braccia, le sue braccia, chissà che anche quelle erano reali, chissà se erano sul pavimento con le ossa rotta ad agitarsi sporcando il pavimento di sangue o se erano ancora attaccate alle sue spalle; chissà se i suoi occhi gli erano scivolati viscidi e appiccicosi sulle guance– forse li stava masticando i suoi occhi, li aveva già sotto i denti e per questo sentiva il sangue sulla lingua, forse li stava mangiando senza neanche accorgersene, o erano già caduti sul pavimento?
Le luci dei riflettori si spostavano sul palcoscenico, gli lasciavano quei pochi istanti per osservare le fiamme roventi che gli si aggrovigliavano intorno alle gambe, per poi allontanarsi e lasciarlo con le sue braccia strappate e gli occhi masticati.
«Jungkook!»
Sentì un dolore lancinante alla testa. Si portò una mano sulla nuca, tastando il pavimento freddo su cui era appena caduto.
Jungkook alzò lo sguardo, incontrando i volti preoccupati dei ballerini ancora sul palco e seguendo la figura di Jimin affrettarsi a scendere le scale per andare a soccorrerlo.
Anche Miss Yang, con la sua parrucca bianca e il vestito appariscente, s'avvicinò a lui, passando tra i posti a sedere della platea.
«Jungkook, che ti è preso?» chiese dopo aver notato che non fosse morto lì, sotto il palco, esattamente di fronte all'orchestra.
Non sta bene un cadavere a teatro. Tsk, chissà perché riusciva a immaginarsela a dire una cosa del genere.
Che gli era preso? La mente di Jungkook era così vuota da non riuscire neppure a sentire il graffio che aveva sulla testa, anzi, se ne accorse solo quando Jimin, con le sue mani paffute, lo sfiorò appena, obbligandolo a ritrarsi appena dal dolore.
«Io–» esitò. Incontrò le iridi di Jimin inginocchiato accanto a lui – spalancate, ridipinte della solita apprensione che gli riservava quando lo guardava – e poi quelle dei ragazzi ancora sul palco: i volti contratti, le iridi che andavano dalla preoccupazione al menefreghismo, i costumi di scena addosso e la pelle bianca. «Scusate.»
«Stai bene?» mormorò Jimin e Jungkook rimase in silenzio per qualche secondo prima di mostrargli un sorriso e stringergli la mano.
«Sì, sto bene.» Ma, in fondo, anche Jungkook sapeva che era una bugia e le guance bucate e la pelle bruciata di Jimin, per celeri istanti, lo dimostravano.

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𝐍𝐔𝐓𝐒𝐇𝐎𝐖
Fanfic| 𝐉𝐈𝐊𝐎𝐎𝐊 | ❝Lo spettacolo dei folli non era ancora finito, non sarebbe mai finito finché Jimin e Jungkook avessero continuato a ballare.❞ 𝘁𝗿𝗶𝗴𝗴𝗲𝗿 𝘄𝗮𝗿𝗻𝗶𝗻𝗴! • 𝖽𝖾𝖺𝗍𝗁! • 𝗉𝖺𝗋𝖺𝗇𝗈𝗋𝗆𝖺𝗅!𝖺𝗎 • 𝗅𝗈𝗐-𝗄𝖾𝗒 𝗁𝗈𝗋𝗋𝗈𝗋 •...