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23 dicembre

Jungkook aveva sentito Seokjin tre giorni prima perché il fratello si voleva assicurare che venisse da lui per la vigilia di Natale e Jungkook l'aveva tranquillizzato dicendo che ci sarebbe andato. Non gli aveva detto dello spettacolo, no, se gli avesse parlato del teatro – di nuovo – si sarebbe ritrovato a fare la terapia di gruppo – di nuovo – e Jungkook non voleva sentire la gente parlare dei loro inutili problemi quando lui non ne aveva.

Jungkook non aveva problemi: si sarebbe esibito per Natale con la sua compagnia, stava con l'amore della sua vita e ben presto avrebbe continuato a vivere nella sua folle realtà per l'eternità.

Seokjin l'aveva chiamato anche quella mattina, di nuovo per dirgli del pranzo del ventiquattro dicembre. Aveva detto che aveva preparato il pollo e che non l'aveva fatto piccante perché sapeva che a lui non piaceva. Gentile da parte sua. Gli aveva anche detto che il regalo che gli aveva comprato era bellissimo e l'avrebbe fatto sorridere come un bambino, e su questo Jungkook non aveva neppure dubitato.

Prima di chiudere la chiamata – l'ennesima – gli aveva ripetuto che sarebbe andato a prenderlo a casa sua alle undici e Jungkook a quel punto era tentato a dare una testata sul muro, perché Seokjin gliel'aveva detto così tante volte che, se non fosse già impazzito, l'avrebbe mandato fuori di senno.

Quindi aveva buttato il cellulare sul letto dello schifoso appartamento impregnato dell'odore di umidità e di cannella, perché anche Jungkook – quando aveva iniziato a viverci da solo il mese prima, quando Seokjin gli aveva lasciato il permesso di potersi prendere cura di se stesso senza stargli col fiato sul collo – aveva preso l'inutile vizio d'accendere incensi su incensi. Aveva anche iniziato ad usare il bagnoschiuma alla lavanda. Ogni cosa per non spazzare via Jimin dalla sua mente, dal suo corpo, così tanto che, se ne avesse avuto l'occasione, avrebbe anche leccato le sue ceneri per potersi sentire più vicino a lui. Probabilmente poi se ne sarebbe pentito, perché le ossa disintegrate dovevano essere disgustose e sembrare cartavetrata giù per la gola, o forse sarebbe finito in uno di quei programmi televisivi per gente con delle strane abitudini, però poco importava. Poco importava perché, comunque, Jimin lo vedeva ancora, lo sentiva parlargli nella notte e accarezzargli i capelli, ci faceva ancora l'amore con lui; non importava perché Jimin era ancora vivo nonostante il suo cuore fosse carbonizzato.

Ad ogni modo, Jungkook aveva buttato il telefono sul letto e aveva afferrato il suo zaino, s'era avvolto una sciarpa intorno alla gola ed era ritornato a teatro. Le luci di Natale che avvolgevano flebili e languidi i pali della luce e gli alberi, gli davano il voltastomaco. Quella stupida ambientazione natalizia che piantavano su solo perché dovevano gli dava il voltastomaco.

Fortunatamente, al teatro non c'erano non c'erano le luci di Natale.

Jungkook superò le inferriate e calpestò le macerie che s'accalcavano di fronte all'entrata sul retro, gli scalini cigolarono sotto i suoi piedi, quasi ruppero sotto il suo peso; il tappeto rosso che era solito a coprire le mattonelle era sparito bruciato insieme le tende e il sipario. In realtà, le due entrate erano messe meglio di quanto ci si potesse aspettare, perché l'incendio era stato spento in tempo prima che potesse rende un cumulo di cenere l'intero edificio. Superò il corridoio mezzo malandato, ignorando le colonne spezzate e bruciate sul pavimento ricoperto di ceneri e rimasugli legno.

I camerini erano stati la seconda cosa a prendere fuoco, subito dopo il sipario, e non avevano il soffitto: il tetto era caduto in parte, e il cielo splendeva sopra il legno bruciato e quel soffitto crollato. Jungkook superò i camerini, prima di deviare la solita strada verso il palco ridotto ormai a uno strato di polvere sul pavimento e salendo le tremolanti scale che portavano su, al secondo piano, perché la scalinata che portava alla graticciata, sopra il palco, era andata distrutta insieme a tutto il resto e Jungkook sapeva che salendo dalla platea ai piani alti sarebbe riuscito ad arrivare anche alla torre scenica.

Come previsto, Jungkook si ritrovò di fronte al soppalco, con le sue travi cigolanti e la ringhiera staccata. I piedi si mossero cauti su quell'ormai lastra di metallo che teneva su metà dell'impalcatura dell'intero palcoscenico – o di quel che ne rimaneva, ma Jungkook su questo aveva ancora gli occhi coperti dalle mani di Jimin che gli facevano vedere l'utopia in Terra.

Jungkook guardò in basso: le travi di legno della platea era cadute e occupavano quello che doveva essere il palco, la platea di fronte a lui era formata da rimasugli di sedie bruciacchiate ma davano comunque l'idea a Jungkook di un grande pubblico pronto a osservarlo e applaudirgli mentre si esibiva nel suo ultimo spettacolo.

L'ultima scena, l'ultimo atto e poi si sarebbe scolpito un bel sorriso con un coltello negli angoli remoti dell'inferno.

L'ultimo atto, ed erano tutti lì per vederlo.

Jungkook afferrò dallo zaino la corda, la legò a una delle travi che si dividevano dal soppalco, la legò stretta, fece il doppio nodo e s'assicuro di non farla crollare tirandola.

Ecco, era tutto perfetto. La platea era colma di un pubblico dalla pelle bruciata, i riflettori puntati su di lui per l'ultimo grande spettacolo, l'attenzione era rivolta al suo corpo avvolto nei suoi preziosi abiti di seta per l'esibizione.

Jungkook era pronto a dar fine all'ultimo atto, a concluderlo in bellezza, con un bel cappio intorno al collo e il suo corpo a penzoloni nel bel mezzo del palcoscenico.

Era pronto a salutare il pubblico e dar fine al suo sogno per viverlo con l'amore della sua vita, lo stesso alle sue spalle, laggiù, seduto sul pavimento mentre lo osservava spiegare le braccia e inchinarsi.

Era appena scoccata la mezzanotte che dava ufficialmente vita alla vigilia di Natale, quando la platea andò in visibilio, la gente s'alzò in piedi e urlo, battendo le mani ossessivamente, facendosi esplodere i palmi bruciato.

Tutti quanti applaudivano alla morte di Jungkook.

Gridavano di fronte al corpo penzoloni del ballerino, applaudivano al suo collo spezzato e le sue palpebre aperte e vuote, come quelle di Jimin, alla fin fine, ma Jungkook non si aveva mai fatto caso.

Il grande ultimo spettacolo, lo spettacolo dei matti, degli amori folli e della gente bruciata.

Era un cazzo di spettacolo dei pazzi e Jungkook si era appena suicidato per stare con Jimin per sempre.

Per sempre. Già, faceva proprio un bell'effetto.




***

here we are! alla fine, più o meno, di questo viaggio.

spero che la storia vi sia piaciuta e che sia abbastanza chiara da non aver lasciato alcun dubbio.

tbh è da almeno 2 mesi che non la rileggo, se avete dubbi sono qui per risolverli!

il prossimo capitolo sarà l'epilogò finale,
bye <3

𝐍𝐔𝐓𝐒𝐇𝐎𝐖Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora