14 dicembreJungkook aveva tenuto da parte i soldi necessari per prendersi un cappuccino al bar. Non gli piaceva l'espresso, era troppo amaro, ma non gli piaceva neanche annegare il caffè nel ghiaccio e farlo diventare una schifosa poltiglia annacquata.
S'era ritrovato, dunque, in quel bar dei bassifondi in cui era solito andare quando aveva ancora diciotto anni e il cameriere era carino. Ora che ne aveva ventitré di anni, il ragazzo dietro al bancone era solo un vago ricordo ma, in compenso, la ragazza che l'aveva sostituito era simpatica.
«Il solito?»
Jungkook le sorrise, prendendo posto al bancone. Le dita andarono ad afferrare una bustina di zucchero. Jungkook la guardò, poi l'aprì per farsela scivolare sulla lingua.
Trasmettevano in tv una nuova canzone di Billie Eilish.
Le luci colorate sullo scaffale era un pugno in un occhio, e l'alberello smorto con la punta pendente a destra rendeva il tutto più squallido di quanto già fosse senza le ridicole decorazioni di Natale.
Il suo sguardo si mosse dal cappuccino – con una spolverata di cannella sopra che, inevitabilmente, gli ricordava Jimin e il suo dannato incenso – ai pochi clienti presenti nel locale: lo spirito del Natale era ormai un vecchio ricordo nella sua mente ancora bambina. Forse neanche Jungkook lo sentiva più il Natale, ma far parte del balletto per Lo Schiaccianoci forse l'aveva reso più natalizio del solito, tanto da riuscire ad apprezzare anche la maglietta natalizia e il cerchietto con corna da renna della ragazza al bancone.
L'odore del caffè-latte era buono, gli pizzicava le narici e la brioche al cioccolato gli faceva venire l'acquolina in bocca, ma quando si portò la tazza alla bocca tutto il brio del permettersi finalmente una colazione decente venne brutalmente scaraventato via dalle news sulla televisione.
Parlavano di elezioni, di incidenti, di un ponte crollato e del riscaldamento globale, ma ciò che davvero fece quasi sputare il caffè a Jungkook fu il giornalista che annunciava, fiero, di come si stavano affrettando a buttare giù il teatro – il suo teatro – per costruirci qualcos'altro.
«Alza il volume», e la ragazza, se fosse stato qualcun altro a chiederlo così, gli avrebbe lanciato il telecomando in faccia ma era Jungkook a farlo, era la sua folle nomina a farlo, e alzò il volume del televisore senza farselo ripetere.
Già, allora Jungkook aveva capito bene: avrebbero buttato giù il teatro dopo le vacanze di Natale e questo gli dava i fottuti brividi.
Come potevano buttarlo giù? Jungkook si doveva esibire lì dentro, doveva realizzare il suo sogno e diventare la stella del suo universo, piroettando sul palco insieme al suo amore. Perché volevano distruggerlo quando una settimana dopo ci sarebbe stato uno spettacolo di natalizio? Uno dei più grandi di Seoul, per di più.
Jungkook aggrottò le sopracciglia, le sue orecchie vennero graffiate da parole amare e quando le sentì ripetute dai clienti nel bar – «Era proprio ora che lo buttassero giù.» «Già, ormai non serve più a niente.» – Jungkook sentì il suo cuore frammentarsi e cadere sui suoi polmoni, sulle sue viscere, sul suo respiro mozzato e affaticato, su quelle piccole consapevolezze di aver perso l'occasione di una vita. Ne avrebbe trovata un'altra di compagnia, certo, ma lui non ne voleva un'altra. Lui voleva sentirsi ripetere quanto fosse in ritardo da Hoseok, voleva parlare con Miss Yang delle avventure di quando era giovane e voleva vedere il volto di Jimin ogni giorno, voleva vederlo mentre gli sorrideva fiero quando si complimentavano con lui, voleva sentirlo lamentarsi del suo costume di scena troppo largo e voleva vederlo fare il broncio quando lo vedeva indossare abiti troppo aderenti che lasciavano poco spazio all'immaginazione di chiunque lo guardasse. Jungkook non era pronto a dar fine a tutto quello, e non voleva mai esserlo.
In più, nessuno gli aveva detto niente, perché nessuno gliel'aveva detto? Miss Yang avrebbe dovuto saperlo, non si sarebbero mai dovuti esibire e Jungkook non voleva.
Quando uscì dal bar, aveva lasciato al bancone cinque mila won di troppo che avrebbe potuto usare per comprarsi del ramen, ma era troppo impegnato a correre verso il teatro per far caso alla mancia che aveva lasciato per errore.
Ringraziò il suo distretto del cazzo che era grande quanto una formica, e raggiungere il teatro fu più veloce di quanto si aspettasse.
Fece i gradini dell'entrata per gli artisti due a due e, con il fiatone, superò l'intero corridoio tappezzato di rosso, s'addentrò nei camerini e raggiunse in fretta il palco. Miss Yang stava parlando con il direttore, gli altri fermi sul palco a fare stretching e a provare piccole parti dell'esibizione.
«Che succede, Jungkook?» Miss Yang aggrottò le sopracciglia non appena vide il ragazzo piegarsi con i palmi sulle ginocchia.
«Il teatro—» Jungkook prese fiato. «Lo sapevi che vogliono demolire il teatro?»
Aveva la preoccupazione a dipingergli le iridi di una buffa espressione angosciata, le palpebre strabuzzate e le guance paonazze dalla corsa.
Il suo sguardo corse poi alla ricerca di quelli di Jimin, era diventato un gesto naturale ricerca il suo sguardo nel teatro. Jungkook non era il tipo da trovare gli sguardi fugaci e colmi d'ammirazione delle persone sedute su quelle comode poltrone vermiglie dai ricami dorati, era più il tipo da cercare lo sguardo di cui aveva sempre bisogno nei camerini che puzzavano di sudore e borotalco. E quello sguardo, puntualmente, era quello di Jimin nascosto tra le figure oscure dei fantasmi del balletto, della compagnia su cui Jungkook aveva posato poco e niente gli occhi, perché c'era sempre quel viso ingannevole che lo osservava dalla parte opposta del camerino.
Incrociò lo sguardo di Jimin, due iridi scure e straripanti di – cos'era? Apprensione e angoscia e nervosismo, perché comunque aveva appena detto che volevano buttare giù il luogo dei loro sogni in cui si esibivano ogni anno e questo non andava bene a nessuno di loro.
Miss Yang rise. Rideva. Che diavolo aveva da ridere? Jungkook stava per morirci su quel palco e lei rideva all'idea che l'avrebbero distrutto, così come avrebbero dilaniato il suo cadavere con una palla demolitrice.
«Sarà un'altra di quelle dannate farse per attirare i media», se ne uscì così Miss Yang.
«Ne hanno parlato al telegiornale», continuò Jungkook.
«Beh, posso garantirvi che se fosse vero lo saprei. Dirigo questa compagnia da dieci anni e non c'è stato un anno in cui non ci siamo esibiti qui dentro. Fidati, Jungkook, che se volessero demolire questo cazzo di teatro, sarei la prima a saperlo.»
La voce di Miss Yang era autoritaria – lo era sempre, in realtà – e non accettava repliche, il suo tono era sempre accompagnato da un tono di cattiveria pura che metteva i brividi a Jungkook.
«È chiaro per tutti?» il tono era ancora alto, rumoroso nelle orecchie, graffiava i timpani con il potere che trasmetteva e Jungkook, questa volta, li sentì davvero i brividi accarezzargli dolci la schiena con lame.
Il silenzio si propagò tra i ballerini sparsi sul palco, le orecchie di Jungkook pizzicavano. Non gli era mai piaciuto il silenzio, gli dava spazio per pensare e a Jungkook non piaceva soffermarsi troppo sulle sue emozioni predatorie sempre pronte a sbranarlo vivo. Odiava pensare al suo cuore tappezzato di scotch e tenuto su da indicibili bugie, ma Jungkook non ci pensava abbastanza per ricordarselo.
«Bene.» Miss Yang batté le mani. «Cominciamo dal primo atto, allora.»
***
mi ero dimenticata di aggiornare.

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𝐍𝐔𝐓𝐒𝐇𝐎𝐖
Fiksi Penggemar| 𝐉𝐈𝐊𝐎𝐎𝐊 | ❝Lo spettacolo dei folli non era ancora finito, non sarebbe mai finito finché Jimin e Jungkook avessero continuato a ballare.❞ 𝘁𝗿𝗶𝗴𝗴𝗲𝗿 𝘄𝗮𝗿𝗻𝗶𝗻𝗴! • 𝖽𝖾𝖺𝗍𝗁! • 𝗉𝖺𝗋𝖺𝗇𝗈𝗋𝗆𝖺𝗅!𝖺𝗎 • 𝗅𝗈𝗐-𝗄𝖾𝗒 𝗁𝗈𝗋𝗋𝗈𝗋 •...