Capitolo 30

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- Chi cazzo era quel tizio? - mormora Elia, stringendomi in un abbraccio. Una mano sulla mia schiena per stringermi a lui, l'altra sulla mia testa, come a proteggermi dal resto del mondo.

Abbandono la fronte sul suo petto, inspirando tutto il suo profumo. Mi sciolgo in un pianto incontenibile, stringendo i pugni sulla sua maglia.

- Ssh - mi sussurra all'orecchio, stringendomi ancora più forte.

- Andrà tutto bene - mi rassicura, iniziando ad accarezzarmi i capelli.

Elia guarda in direzione della casa, assorbendo i miei singhiozzi e le mie lacrime. Si perde qualche istante ad osservare il vuoto, cupo e teso, per poi riportare il suo sguardo su di me.

Non riesco a guardarlo negli occhi.

- Andiamo, angelo - dice, ancora con il tono dolce e preoccupato.

Non faccio in tempo a fare un passo. Elia mi alza con estrema facilità e mi tiene salda con un braccio sotto la mia schiena e l'altro sotto le mie ginocchia. Cammina come se stesse portando una bottiglia d'acqua vuota, così mi lascio andare alla sua protezione. Avvolgo le mie braccia al suo collo, nascondo il viso sulla sua clavicola.

Prende una strada a caso, qualsiasi direzione lontano da qui va più che bene. Vaga per qualche altro minuto, finché non arriviamo ad un parchetto vuoto. Ormai il buio si è fatto più fitto. L'aria è ancora tiepida, mentre il mondo inizia a rallentare, preparandosi alla notte.

Mi fa sedere su una panchina di legno, che pare essere issata qui da secoli. Rimango abbandonata allo schienale logoro, le gambe deboli e gli occhi gonfi. Tiro su col naso, ho disperatamente bisogno di un fazzoletto.

Elia si accuccia davanti a me, estraendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Evito il suo sguardo più che posso, ma la sua insistenza sul mio viso non mi lascia scampo. Inciampo nei suoi occhi, intensamente verdi, indagatori, ricolmi di passione. Si legge ogni cosa nelle sue iridi, si legge il dispiacere per ciò che è successo, la sua apprensione, la sua rabbia. Ed è proprio questo che mi ha sempre fatto sentire a mio agio con lui: posso sempre capire ciò che prova, guardandolo negli occhi.

Non l'ho mai visto così, penso. Così serio, preoccupato. È davvero preoccupato per me?, mi chiedo.

O è solo sconcertato da tutto 'sto schifo in cui l'ho trascinato?

Si porta il cellulare all'orecchio.

- Mi dispiace - dico, d'impulso. Il mio pianto si è calmato. Sono solo ricolma di una stanchezza immensa, che percepisco in ogni parte di me.

Elia accenna un piccolo sorriso, alzando un poco un angolo della bocca.

Si alza, per poi chinarsi sul mio viso e lasciarmi un bacio sulla fronte. Abbasso lo sguardo ancora una volta.

- Ciao, amico - lo sento dire al telefono.

- Diciamo di sì. Dicevi che eri riuscito a prenderti una macchina, giusto? - chiede dopo un attimo di pausa.

- Sì. Se non ti disturbo. C'è anche Elena -.

Quando sento il mio nome, pronunciato con premura e una sorta di rispetto, alzo gli occhi.

Chi sta chiamando?

- Mhmm, okay. Ti aspetto qui allora -. Chiude la chiamata, per poi sedersi al mio fianco.

- Chi hai chiamato? - chiedo, con la voce che fatica ad uscirmi dalla gola.

- È sempre bello sentire la tua voce, angelo - mi sorride lui, invece di rispondermi. Mi esce un sospiro tremante, imbarazzato.

SOTTO LE PERSONE - In ProfonditàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora