Capitolo 22

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- Che domande sono, piccola? - Ryan mi risponde con uno sbuffo fintamente divertito. Posso vedere i suoi occhi di ghiaccio scintillare sotto ai deboli riflessi della luna che penetrano dalle tapparelle.

- Rispondimi, Ryan - dico, irrigidendomi. La mia voce è tesa, spezzata, come tutto il resto del mio corpo. Mi sento un tronco di legno rotto. Sposto addirittura le gambe dalle sue, mi preparo già ad allontanarmi da lui e a correre ai ripari.

- Ti amo. Ti ho sempre detto che niente e nessuno cambierà mai i miei sentimenti per te -.

Una lacrima silenziosa prende a scorrermi sulla guancia. Riparata dal buio della notte, lascio che affondi nel cuscino, senza asciugarla prima.

- C'è una sorta di imbroglio, in quella frase - riesco a mormorare, le parole strascicate e ancora spezzate.

- Che dici? - mi chiede lui, quasi... spaventato? No, no. Non è spaventato. L'ho solo colto di sorpresa. Si aspettava che mi andasse bene così, con quella frase. Che mi bastasse.

- Forse niente e nessuno cambierà i tuoi sentimenti per me. Ma questo non significa che automaticamente non proverai nulla per... qualcun'altra. O che comunque vorrai rimanere con me -.

Ryan sospira. La sua mano si allunga sul mio viso, mi accarezza i capelli e la guancia. Non dice niente, quando i suoi polpastrelli sfiorano la scia della mia lacrima umida.

- Ti amo, Elena - ribadisce, abbracciandomi.

°°°

Arrivo in libreria con le occhiaie fino in fondo ai piedi, i capelli raccolti in una coda lunga e liscia, e l'abbinamento jeans-camicia più elegante che sia riuscita a trovare nell'armadio. Sento le mie Adidas bagnate dalla leggera pioggerella estiva appiccicarsi agli enormi quadrati di mattonelle lucide che ricoprono tutto il pavimento.

Clap clap. Clap clap.

Clap clap fino a che Giovanni compare misteriosamente davanti a me, facendomi quasi scivolare nel tentativo di fermarmi, presa dallo spavento e dall'agitazione.

- Oh, Gesù - mi lascio sfuggire, aggrappata per miracolo a uno scaffale della libreria di fianco a me, il cuore in gola e la mano libera al petto.

- Buongiorno anche a te, ragazza - borbotta il mio nuovo capo. Controlla l'orologio da polso, in vecchio stile, dal quadrante tondo e il cinturino in pelle. Che spero ardentemente sia finta pelle.

- Non ti guasterebbero cinque minuti di anticipo - mi dice, squadrandomi in modo minaccioso da sopra gli occhialetti che fanno un po' John Lennon.

- Ehm, sì, mi scusi, la pioggia ha reso un po' difficile arrivare fino a qui, sa, con tutti quegli ombrelli enormi aperti sopra ogni testa... alcuni vicoli sono così stretti che non ci si sta nemmeno, con l'ombrello aperto - parlo a mo' di flusso di coscienza.

Controlla l'ansia, Elena, controlla l'ansia, se no sono figure di merda à gogo.

- Sai usare la cassa, vero? - mi chiede il libraio, ignorando completamente il mio breve monologo.

- Sì, certo - cerco di trovare un po' di sicurezza, mentre seguo Giovanni dietro la cassa.

- Sei fortunata che oggi piove. Ci sarà di sicuro un po' meno gente - borbotta, sedendosi sullo sgabello alto e incrociando le braccia.

- Uhm, immagino - dico, tamburellando le dita sulla superficie in legno del bancone. Lui pare non voler dire altro, chiuso in un improvviso, tetro, silenzio.

La pioggia si fa più forte, martellando il canale che sbuca dalla porta aperta alle nostre spalle.

Sto sbagliando ad aspettare sue istruzioni? Cosa dovrei fare, ora?, mi chiedo, non comprendendo bene il suo comportamento.

SOTTO LE PERSONE - In ProfonditàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora