Capitolo 2

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- Lena - Alice mi chiama e io mi alzo subito dal tavolo che ho occupato. Mate mi ha già portato una camomilla, perché secondo lui sono troppo agitata per lo spritz che vorrei.

Mi limito ad abbracciare Pede, sprofondo il viso nelle sue spalle magre e rimango qualche secondo a godermi il calore della nostra amicizia.

Sbuffo, mi risiedo senza dire una parola, e attendo che mi chieda lei qualcosa. E la sua domanda non ci mette tanto ad arrivare.

- Che cazzo è successo? - esclama.

- Non lo so - mormoro, scuotendo un po' la testa.

- Non ho idea di chi sia questa persona, men che meno che cosa abbia a che fare con il mio ragazzo.

- Al telefono dicevi che parlavano di lavoro? Magari è davvero solo questo... -. Alice mi lancia uno sguardo che dovrebbe essere consolatorio, ma è evidente che anche a lei 'sta storia puzza.

- Pff, solo lavoro... sì, hanno parlato di lavoro. Di un contratto da firmare, del padre di lei che lavora sempre... credi che possa lavorare col padre di Ryan, questo tizio?

- Potrebbe spiegare perché si conoscono, quello sicuro.

- Se è solo lavoro, perché si sono dovuti... abbracciare così? -.

Guardo la mia amica con non poca apprensione. Almeno con lei non serve fingere di non essere gelosa. Lo sono fin troppo, ma Alice mi capisce, e non mi fa mai sentire in difetto. Mai, per nulla al mondo.

E sì che ne sono successe di cose da quando ci conosciamo..., penso, vagando per un attimo tra i meandri della nostra amicizia. Ne avrebbe avute di occasioni, per giudicarmi; ma non l'ha mai fatto. Ed è questo ciò che amo di lei, del nostro rapporto. Non c'è spazio per i giudizi e le critiche, c'è spazio solo per noi, per essere noi stesse, per volerci bene così come siamo.

- Dolcezza, so che già lo sai, ma dovete proprio parlarvi. Chiaritevi, come fate sempre. Gli chiedi chi è questa, cosa ci fa di domenica a casa vostra, che cazzo vuole, tutto!

- Lo so, lo so.

- E poi vedrai che avrai le tue risposte.

- Spero solo siano risposte buone.

- Passerà anche questa, ora finisci quella camomilla, che poi andiamo a prenderci da bere davvero - mi fa l'occhiolino e mi tira un colpetto sul braccio.

Le sorrido, finisco di sorseggiare la camomilla ormai tiepida, e mi preparo a passare più tempo possibile con Pede.

Non sono sicura di voler tornare a casa e ritrovarli insieme.

°°°

Ormai si è fatta sera, sono stata in giro tutto il giorno con Pede, sono passata in libreria e ho fatto shopping di libri. Ne avevo davvero bisogno.

Cercando di farmi coraggio, mi avvio al mio appartamento. Con una lenta agitazione spingo il portone d'ingresso, salgo le scale e apro la porta di casa.

- Ryan? - provo a chiamare, la voce che un po' mi trema.

- Sei tornata anche tu -. Lancio un gridolino mentre mi rigiro verso l'entrata.

- Oh, Gesù. Mi hai fatto perdere dieci anni di vita -. Ho la mano libera dal sacchetto di libri ancora sul cuore, che stenta a rallentare i suoi battiti.

Non appena mi rendo conto che Ryan non era in casa, ma che è tornato ora anche lui, cerco di evitare il suo sguardo. Appoggio i libri sul tavolo, mi schiarisco la voce, mi levo le scarpe da ginnastica.

- Rientri ora anche tu quindi?

- Sì - si limita a dire. Si avvicina a me, cerca un contatto che io, però, non gli do modo di avere.

Fingo di riordinare le cose, mi sposto da un lato all'altro della cucina. Noto due bicchieri e due tazze sul lavello.

Una di lui, una di lei, a quanto pare, penso.

- Queste lavatele pure tu - sbotto, buttando lo straccio da cucina in malo modo sul piano da lavoro.

- Elena - Ryan mi richiama, e si avvicina ancora una volta. La sua voce è quella ferma e sicura di sempre, velata di preoccupazione e dolcezza.

- Cosa?

- Sei gelosa.

- Non è vero.

- Mh, - fa lui, abbozzando un sorrisino furbo - quindi non ti interessa sapere?

- Sapere cosa? Come mai una tizia è entrata in casa mia di domenica mattina e ti ha abbracciato come se niente fosse? - alzo le sopracciglia, e mi rendo conto che sto per perdere il controllo. Non voglio essere quella che fa scenate di gelosia, ma non ce la posso proprio fare. Questa cosa va oltre il possibile, per i miei gusti.

- Esatto - mi risponde con scaltrezza, approfittando della mia esitazione nel continuare a parlare. Come sempre, sa perfettamente come cambiare le carte in tavola. Che sappia giocare bene, me ne ero accorta fin da subito.

- Avanti, allora, - incrocio le braccia, schiocco la lingua - racconta. Ti ascolto -.

Ryan mi fa segno di sedermi, ma io lo ignoro e rimango in piedi. Lui si accomoda al tavolo, addenta un biscotto e poi inizia a parlare, la bocca piena, la fossetta in evidenza, e la sua bellezza sempre in mostra.

- I nostri genitori lavoravano insieme in America, prima che mio padre tornasse qua e si facesse una carriera tutta sua. Abbiamo passato diverso tempo insieme, abitavano vicino a noi.

- In America?

- Sì.

- Tu hai vissuto in America?

- Sì, piccola. Mia mamma è newyorkese.

Da qui si spiegano i nomi tendenzialmente americani dei figli, penso, mentre il mio stupore aumenta.

- E ora che ci fa qui?

- Suo padre ha chiesto una mano al mio per un nuovo progetto. Qualcosa che ha che fare con la base militare americana nella nostra regione. Non so bene di cosa si tratta, mio padre mi ha solo chiesto di fargli avere delle firme.

- E perché è venuta la figlia a firmare e non il padre?

- Perché anche lei è finita nel loop familiare, aiuta il padre in azienda come faccio io. E lo rappresenta sopratutto all'estero. Lei ha una laurea in lingue, ha sempre studiato italiano per via di qualche parente di qua e come immagino avrai notato, lo parla come se fosse la sua seconda lingua.

- È vero che non aveva accento - mormoro, ora anche un po' invidiosa.

Ryan mi osserva col solito sorriso provocatorio che tanto mi manda fuori di testa. Ha i capelli scompigliati, un po' di occhiaie ed è vestito più elegante del solito.

- Ora stai meglio? - mi chiede.

- Stavo benissimo anche prima - rispondo, consapevole che no, non sto per niente meglio.

Perché io non ero al corrente della sua vita in America?

- Certo - mi dice, ironico, tornando verso di me. Questa volta non si lascia raggirare, e in un attimo preme le sue labbra sulle mie. Il bacio, da dolce si fa più intenso.

Maledizione, lo sapevo, penso, mentre realizzo che ho già abbassato tutti i muri che mi ero creata.

- Però non pensare di passarla liscia così - sussurro, tra un respiro e l'altro, continuando ad assaporare i suoi baci.

SOTTO LE PERSONE - In ProfonditàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora