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Scarlett

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Scarlett.

COLOMBIA, MEDELLÌN.

Uno, due, tre...
Contai mentalmente i secondi che ci vollero per aprire la porta di casa.
Ma, come al solito, Aiden temporeggiò alimentando la mia impazienza.

Sembrò gustarsi ogni millesimo di secondo, tenendo la chiave in mano senza fare scattare la serratura.

Risultò pentito d'avermi portata a casa, e notando nuovamente il suo cambio d'umore, non feci niente che potesse risultare sbagliato.

Mi misi affianco a lui aspettando che si decidesse ad aprire.
Avrei voluto dirgli tante di quelle cose... Ma immaginando una sua ipotetica reazione, continuai a tacere.

Mi era piaciuto averlo vicino, tra le lenzuola impregnate del suo profumo e il tocco delle sue mani. Ma anche quello, l'avevamo lasciato a Londra, cancellato l'attimo dopo che si era rivestito.

Sospirò pesantemente voltandosi verso di me, ad incorniciargli il viso fu la solita espressione cupa e tagliente che mi fece venire l'ansia.

«Una settimana.»
Ripeté prima di aprire la porta.
Come se mi stesse ricordando che tutto sarebbe finito a breve.

Mi urtò parecchio il suo comportamento, ma alla fine ero sempre io ad illudermi.
Me l'aveva detto il momento prima di iniziare a posare le mani su di me.

Questo non significa niente.

E allora perché piangermi addosso, ne ero consapevole, avevo accettato il suo gioco senza ribattere.

«Non sono sorda, ma non ripeterlo. Non vedi l'ora che vado via, non è vero?»

In fondo, ci sperai in una risposta più gentile, ma quella, non arrivò.

«Mi piaci quando afferri le cose al volo.» Rispose aprendo la porta di casa.

Cosa me ne facevo della sua risposta carina quando davanti a me, sul divano, c'era lei...
Una nanetta che saltellava euforica urlando a squarciagola.

«Mamma»

Aprì le braccia più che poté, aspettando che io le corressi dietro.

«Ma ciao»
Accompagnai il suo urlo correndole incontro.
Mi lanciai letteralmente sul suo corpo facendola sparire completamente sotto il mio.

Le baciai tutto il viso ed infine, le pizzicai le guance paffutelle.

Aiden mi sorpassò annoiato borbottando qualcosa di incomprensibile.

Ero troppo occupata per concentrarmi su di lui.

«Ora resti sempre qui, vero mamma?»
Chiese con occhi da gattino indifeso.

Perché smontare la sua felicità?

Dovetti mentire per non farla piangere.

«Certo, adesso possiamo giocare assieme.» Le accarezzai le braccia con molta nostalgia.
Non la vedevo da tanto e la trovai addirittura più grande.

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