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Pamela Tropez entrò dalla porta dell'aula di pasticceria con la sua immacolata casacca bianca, e lasciò senza fiato ognuno di noi.

I suoi lunghi capelli neri erano raccolti in una perfetta coda di cavallo e il suo sguardo attento riuscì a penetrarmi anche nelle ossa.
Sapevo tutto sul suo conto, da come avesse cominciato a fare dolci, a come fosse arrivata a creare quel vasto impero che vantava una fama eccezionale in tutto il mondo.

Lei era come sarei voluta essere a cinquant'anni. Perché aveva tutto quello che desiderassi, solo che in proporzioni cosmiche.

A me sarebbe bastato riuscire ad aprire anche un'unica pasticceria, e non per forza una quarantina, e mi sarebbe andato bene anche essere apprezzata abbondantemente dalla popolazione locale e non da ogni persona sulla faccia della Terra.

Del resto mamma e papà mi sostenevano, ma mi dicevano anche di non sognare troppo in grande per non soffrire di una possibile delusione.

«Ciao, ragazzi. Come state?» fu il suo saluto.

Dalla mia postazione, dietro un ragazzo ed una ragazza, dovevo allungare il collo per riuscire a guardarla bene e non perdermi alcun suo gesto.

«Spero vi siate trovati bene con Tamara, la mia assistente, che è molto gentile ed accondiscendente, ma voglio dirvi che adesso le cose cambieranno».

Ed un brivido di paura e di ansia mi salì lungo la spina dorsale fino ad arrivare alla nuca.

«Dopo due intense settimane di lezione, avreste già dovuto imparare quelle cose fondamentali che nella pasticceria sono la base di ogni dolce perfetto. Oggi sono qui per testarvi e per dividere il gruppo» ci annunciò senza scomporsi, sorprendendoci tutti. «Un po' come quando a scuola fate i test ed aspettate un voto. Al posto del voto, saprete se continuerete a lavorare con Tamara, oppure cambierete rotta e lavorerete con me».

Non ero a conoscenza di nessun tipo di test e l'ultima cosa che volevo era tornare a lavorare con Tamara. Non perché non fosse brava come insegnante, ma perché Pamela Tropez era la pasticceria fatta persona.

«Per questa prova voglio mettervi a vostro agio. So che può essere spaventoso e destabilizzante, ma la vita è fatta così» ci disse, camminando per la stanza. «Dovrete solo preparare il vostro cavallo di battaglia, qualcosa che sapete fare bene. Accetto qualsiasi cosa: torte, biscotti, dolcetti composti... ma che siano degni di una pasticceria. Voglio vedere passione, sapore, capacità di decoro e un'ottima presentazione. Devono potersi mangiare prima con gli occhi, mi raccomando».

La mente cominciò a pensare a quale potesse essere la scelta più azzeccata per colpirla e, sebbene i biscotti e i cupcake mi venissero bene, non erano di certo capaci di stupirla.
Così optai per una torta, in modo che mi permettesse di mostrare diversi aspetti del mio talento e non sono un buonissimo gusto.

La torta creata per Erick forse poteva essere la scelta migliore. L'avevo decorata con passione e sia a lui che alla mia famiglia aveva fatto impazzire.

«Troverete tutti gli ingredienti a vostra disposizione in dispensa, come al solito» ci rammentò con il sorriso. «Avete tre ore, ragazzi... vi conviene cominciare».

Schizzai a recuperare tutto ciò che mi servisse per preparare la torta e mi scontrai con una ragazza che mi fulminò con lo sguardo e mi disse: «Farò fuori un po' di gente senza merito, magari anche te».

Restai sconvolta da tanta cattiveria gratuita, dal momento che non ci eravamo mai nemmeno presentate. Avrei dovuto dirle che io potevo fare lo stesso, e sconfinarla alle lezioni di Tamara, ma non me la sentivo di vantarmi in quella maniera. Se non ce l'avessi dovuta fare sarebbe stato il doppio imbarazzante.

Tengo que esperarte siete vidas más || Christopher VelezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora