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Erick fu capace di distruggere quel biglietto con il mio nome in trecento piccoli pezzettini e a porgermi la sua giacca.

«Ce ne andiamo» annunciò poi a gran voce, attendendo che mi coprissi le spalle nude e lo seguissi fuori. «Marisol, ti svegli?»

Fissai i resti di quello che restava del pezzo di carta sul tavolo e pian piano sollevai gli occhi verso Christopher, che non aveva mosso un solo muscolo da quando Erick si era infuriato.

Ci guardammo e il mio mondo andò in frantumi.
Una parte di me mi diceva di restare e baciarlo, così da capire che non erano veri sentimenti quelli che sentivo per lui, ma solo una fastidiosa attrazione che faceva fatica ad andare via. E l'altra parte mi diceva di correre, di seguire Erick, perché era la cosa necessaria da fare per proteggerlo.

Ferirlo non era nei miei piani e piuttosto avrei fatto del male a me stessa, che a lui.

«Ragazzi è solo un gioco» ci ricordò Richard, intromettendosi nella faccenda.

Erick rise e per poco non spaccò un bicchiere stringendolo con rabbia. «Gioco oppure no, è inammissibile che la mia ragazza baci un altro. Riesci a comprenderlo, o devo farti un disegno?»

Il ragazzo con l'anello al naso parve contrariato. «Siamo i tuoi migliori amici, Erick! Christopher non bacerebbe mai Marisol con quel trasporto che ti aspetti».

Christopher sospirò. «Richard ha ragione. Neanche io vorrei baciarla».

Avrei dovuto sentire sollievo ad ascoltare quelle parole, un peso in meno sullo sterno. Ma la delusione mi pervase incontrollatamente e mi uccise dentro.
Quella sensazione fu orribile da sopportare.

Non voleva baciarmi e questa era una verità incontrastabile con la quale avrei dovuto fare i conti al più presto.

«Lo stesso vale per me» aggiunse Joel sentendosi chiamato in causa. «Zabdiel, lo sai vero?»

«Non possiamo andarcene e basta?» fu Diana a parlare, per la prima volta da quando avevamo cominciato a pescare i nomi. «Perché litigare per una cosa che può essere tranquillamente evitata?»

Erick tornò a picchiettarmi la spalla. «Marisol, andiamocene».

Feci per alzarmi, decisa a fare come diceva, quando il presentatore salì di nuovo sul palco e disse: «Ora che le coppie sono formate, è arrivato il momento di giocare. È troppo tardi per abbandonare, ci siete dentro fino al collo».

Le luci divennero rosse e i camerieri cominciarono a girovagare per la sala, osservandoci uno ad uno.

«Restate» Rosalinde portò indietro i suoi capelli biondi. «Siamo tutti sulla stessa barca e non è detto che ci scelgano. Rilassiamoci».

Con un brivido che saliva su per la mia colonna vertebrale, annuii, acconsentendo a sfidare malamente il destino.

Erick sbatté la giacca su uno sgabello e mi incenerì con lo sguardo.

«Ti puoi calmare?» lo pregai con gli occhi lucidi. «Zabdiel non ha reagito così..»

Erick si passò nevroticamente una mano nel ciuffo corvino, lasciando che mi avvicinassi a lui e gli accarezzassi la guancia. «Posso baciare chiunque, va bene? Non conta niente se non è con te» sussurrai flebilmente. «E poi tu dovresti baciare Diana. Credi mi faccia piacere? Assolutamente no, ma so che per te è lo stesso».

Tengo que esperarte siete vidas más || Christopher VelezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora