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Ero riuscita nel mio intento: svegliarmi prima di lui per guardarlo dormire.
Era proprio come immaginavo, come una delle visioni più belle e magiche che avessi mai avuto la fortuna di vedere.

Christopher dormiva a pancia all'aria e con le mani poggiate sulla pancia.
E ancora pensavo a quando quella mattina ero rimasta più di un quarto d'ora a fissare i suoi lineamenti delicati e rilassati, la forma dolce delle sue labbra rosee, a come si sollevasse ed abbassasse il suo petto con lo stesso calmo ritmo.

Con l'immaginazione avevo disegnato con l'indice alcuni tratti dei suoi tatuaggi e mi ero soffermata sul suo petto, lì dove aveva quello a forma di diamante. Poi ero scesa più giù, percorrendo la linea della canottiera bianca bloccandomi poco prima del bordo delle sue mutande che spuntava dai pantaloncini.

Era così bello che a vederlo era impossibile pensare che fosse stato un vero tormento durante la notte.
Tirava le coperte, mi scopriva e mi aveva addirittura tirato una gomitata nel fianco, mentre cercava la sua posizione comoda.

Non era di certo stato come nei film.

Nessuno dei due si era svegliato fresco come una rosa, anzi, con qualche livido.

Ma guardarlo mi aveva fatto pensare che mi ci sarei anche potuta abituare. Ad averlo accanto al mattino. Mi sarebbe piaciuto, credevo.

Una volta sveglio, però, la magia era svanita.
Era tornato il solito Christopher con la lingua biforcuta che doveva avere il controllo della situazione.

Gaspare almeno era stato di parola: alle dieci e trenta la macchina era pronta e lucida, perché gli aveva dato anche una ripassata di sapone.
Ci eravamo messi in viaggio subito dopo averla recuperata e non ci eravamo più fermati.

«Come appaio mentre dormo?» mi chiese ad un certo punto del viaggio, facendomi avvampare.

«Cosa ne dovrei sapere io?»

«Tu sei terribilmente sexy» mi disse tranquillo. «Ti addormenti sul fianco e credimi... ho faticato a non urtare di proposito il tuo sedere con la mia mano».

«Christopher!» risi, coprendomi la faccia.

Lui mi seguì. «Che c'è? Tu mi piaci in ogni modo».

«Tu sei dolce» ammisi con un po' di imbarazzo.

«Dolce» ripeté, quasi come se avesse voluto sentire che suono avesse quella parola nella sua bocca. «Non sexy?»

«Sta zitto!»

Chris rise. «Quindi anche sexy».

«E fanatico...»

Quando finalmente arrivammo alla casa in montagna, dopo altre tre ore di infinito viaggio in cui mi si erano addormentate le natiche, lo afferrai per un braccio e lo trattenni prima che potesse andare dagli altri.

«Christopher...»

Gli bastò guardarmi per capire di cosa volessi parlargli. «Erick non saprà niente».

Tirai un sospiro di sollievo, riconoscente. «Grazie».

♡ ♡ ♡

Non c'era cosa più rilassante che starsene seduti intorno al fuoco, avvolti in una calda coperta e avendo tra le mani una buonissima cioccolata bollente.
Era così che avevamo passato le prime ore dopo il nostro arrivo, quando Erick aveva preso la chitarra e aveva cominciato a suonare una melodia che mi aveva trafitto il petto.

Avevo capito immediatamente che stesse cercando di farmi comprendere il suo stato d'animo, che mi stesse permettendo di leggergli dentro. Perché lui, con la chitarra, diceva qualsiasi cosa.

Tengo que esperarte siete vidas más || Christopher VelezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora