12. PALADINI DEL BENE

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Le stecche diradate delle tapparelle lasciavano entrare una flebile luce. Le lenzuola fucsia frusciavano inseguendo i piccoli movimenti di un corpo non più tanto addormentato. Una chioma castana emerse da sotto il cuscino pochi istanti prima che la sveglia trillasse, come al solito.

Un esile braccio si allungò per zittirla. Un mugolio, uno stiracchiamento e, alla fine, scattò seduta sul letto. I piedi nudi e ben laccati scivolarono dentro le ciabattine pelose e si diressero verso il bagno. Un largo sbadiglio, prima che l'acqua fresca sul viso completasse il risveglio; e l'animo gioiva sollevato, per aver scoperto che era tutto un sogno. Il più bizzarro della sua vita, certo, ma semplicemente un sogno.

Scelse con cura i vestiti da mettere. Si pettinò per bene prima di mettere l'ombretto rosa perlato sulle palpebre, il lucidalabbra colorato e le vistose campanelle alle orecchie.

Zaino in spalla, uscì dalla camera.

-Buon giorno tesoro!- disse la mamma dalla cucina.

-'giorno mami!- rispose lei, dirigendosi verso la porta d'ingresso.

-Non mangi nulla?

-Sono in ritardo, ma tranqui, lo farò a scuola.

Nel frattempo una bambina col suo pelouche stava montando sopra un letto non suo, gridando 'Sveglia fratellone! Sveglia!'.

-No! Silvietta, è presto, lasciami dormire ancora un po'..la sveglia non ha ancora suon... Come non detto. –e con un colpetto sul pulsante snooze fece smettere l'antipatico trillo.

-L'ho mandata io!-disse la mamma affacciatasi alla porta- Coraggio pigrone, fuori dal letto o non ti faranno entrare!

La sorellina prese a fargli il solletico sul naso con la zampetta pelosa dell'orsacchiotto, divertendosi un mondo.

-Sì, sì ho capito. Ora però esci.. che mi devo vestire.

-Vieni Silvia, andiamo intanto noi a fare colazione.

Come al solito si era dilungato troppo e l'orologio inclemente di cucina segnava già le otto meno un quarto; confidando nei semafori verdi forse sarebbe arrivato a scuola appena in tempo.

In sella al motorino, ancor prima di partire, accusò un lieve giramento di testa e deboli voci iniziarono a risuonare nelle sue orecchie. Si concentrò meglio sulle parole e qualcosa come "Cosa mi succederà stamani?", "Ho paura.", "Un giorno o l'altro ci morirò!" si distinsero con maggiore nitidezza. Sopraggiunse un mancamento e contemporaneamente la sensazione che il suo corpo venisse sfilato via come un vestito. Per non cadere si agguantò forte alle manopole del motorino e dopo alcuni lenti respiri ritornò fortunatamente in sé.

Nel quartiere vicino un altro bambino era in vena di dispetti.

-Se non tieni fermo quel piede non posso farti il fiocco. Per favore!-seduto sulla sedia, troppo alta per lui, si divertiva a dondolare le gambette in avanti e indietro, facendo penare il povero fratello.

Mentre le dita di quest'ultimo tentavano di annodargli quei lacci, il piccoletto esclamò 'Bellooo!'; e tolta di bocca la manina, ancora salivante, gli accarezzò il bracciale che faceva giusto capolino dalla manica.

-Mamma! -la voce scocciata della sorella- Diletta si è messa la mia gonna senza permesso!

-Non è vero, te l'ho chiesto ieri pomeriggio ma tu l'hai dimenticato!-replicò stizzosa.

Arianna rincorreva Diletta per toglierle la gonna di dosso; ma c'era ben poco da scappare in quei pochi metri quadri di appartamento.

Le Dimore del CuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora