Arrivo appena in tempo all'appuntamento, e per mia grande gioia, interrompo un bacio tra la coppietta felice.
«Ehy Daisy, com'è andata questa settimana?» chiede Oliv con il viso lievemente arrossato ed il respiro ancora non proprio regolare.
«Tutto bene, ho visto anche il tuo ragazzo» dico guardando Jason.
«Non me l'aveva detto» mormora Oliv guardando Jason.
«Me ne sono dimenticato, sai, è successo dopo la partita e abbiamo solo scambiato due chiacchiere» dice lui spostando lo sguardo da lei a me.
«Si, niente d'importante» confermo, nonostante la voglia di dire la verità, mi stia logorando. Jason per cambiare decisamente discorso si mette a fare una breve descrizione del massacro compiuto ai danni della nostra scuola, e termina dicendo che vuole al più presto andare a trovare Oliv a New York per portarla a vedere i New York Giants.Appena arrivati a casa, dopo gli abbracci e i baci di mamma e papà a Oliv, ci mettiamo a preparare il pranzo. Quando riusciamo a fare questi piccoli gesti da famiglia unita, al caldo della casa, mi sento felice, i guai personali scompaiono, e persino l'idea che stia arrivando il freddo dell'inverno è meno pesante.
Dopo esserci abbuffate come se non ci fosse un domani, senza fare caso alla qualità del cibo che noi stesse abbiamo preparato. Oliv mi fa segno di seguirla in camera.
«Cosa devi dirmi?» le chiedo dopo aver chiuso la porta.
«Jason mi ha invitata a una festa, che si tiene nel bosco» mi dice, elettrizzata.
«Okay e quindi?».
«Quindi verrai anche tu e ci divertiremo da matti».
«Con Jason e i suoi amici? Mi spiace ma passo».
«Io ti ho accompagnato a quella festa di liceali, ora tu vieni con me. E poi c'è anche il suo amico Aiden» dice facendomi l'occhiolino.
«E quindi? Cosa dovrebbe cambiare per me?» dico, ma temo di sapere più o meno la risposta.
«Ma non hai visto come ti guarda?!».
«Mi sa che devi andare dall'oculista» provo a smorzare il suo entusiasmo.
«Oh ma sta zitta!» dice lei per poi tirarmi una cuscinata in pieno viso.
Dopo esserci lanciate uno sguardo di sfida, prendo anche io un cuscino, e iniziamo un'accesa battaglia.
Era da tanto che non facevamo questi giochi stupidi insieme e devo dire che mi sono mancati.
«Tregua?» chiede Oliv stremata. Entrambe abbiamo il fiatone e i capelli tutti in disordine.
«Tregua» dico per poi buttarmi di peso sul letto disfatto.
«Quindi per la festa?» chiede lei, sedendosi di fianco a me sul letto. Non capisco proprio come una ragazza che sta costruendo il suo percorso nella moda, in un college a New York, sia così attratta dalle trovate da boscaioli di un qualsiasi ragazzo del Vermont.
«Va bene» dico, arrendendomi. Glielo devo.
«Si si lo sapevo!» esclama lei.
«Non montati la testa, per mezzanotte voglio essere a casa, se non prima».
«Va bene, tutto quello che vuoi».
«Posso non venire alla festa?».
«Oddio sei impossibile» dice per poi dirigersi verso il bagno.
«Fatti trovare pronta per le otto, che andiamo fuori a mangiare» dice per poi chiudere la porta del bagno. Sospiro e vado in camera mia.Dopo aver provato una miriade di vestiti, opto per un jeans aderente a vita alta e uno dei top che ho comprato la settimana scorsa. Maledetta giornata, se non fossimo andati a fare shopping, Oliv non avrebbe incontrato Jason e io adesso starei scegliendo il film su Netflix.
Alle otto in punto, Jason manda un messaggio a Oliv, per dirle che è arrivato.
Come mai mia madre non si sia messa in mezzo, è presto detto: si fida ciecamente di Oliv. Da quando ho memoria, Oliv è sempre stata supportata nella sua indipendenza, lo si vede persino dal fatto che i miei genitori non abbiano fiatato quando ha deciso di andare a New York sebbene all'università del Vermont, a quaranta miglia di qui, l'avrebbero presa a braccia aperte.
Io sono quella da badare a vista, invece. Soprattutto dopo l'episodio del concerto alle medie.
Io e una mia amica avevamo deciso di andare a un concerto, ma i nostri genitori non volevano, così entrambe abbiamo detto che avremmo dormito l'una a casa dell'altra, e avrebbe funzionato, se mia madre non avesse telefonato alla sua, per ringraziarla.
Da lì in poi mia madre non mi ha più fatta uscire, se non quando è sicura al centro per cento di dove sia, e nonostante siano ormai passati anni da quell'episodio.
Appena saliamo in macchina, Oliv e Jason iniziano subito a parlare e scherzare, mentre io mi perdo nei miei pensieri, guardando fuori dal finestrino.
Ne esco solo quando ormai siamo già nel parcheggio del ristorante.
In questo posto ci vengono un sacco di coppiette del mio liceo, perché è fuori città e quindi non è il solito posto che sembra sia fermo agli anni novanta, se non agli ottanta, non costa troppo ed è molto buono.
Si trova in una struttura in mattoni rossi con una grande insegna nera con le luci, mentre l'interno è un misto tra moderno e industriale.
«Daisy che fai non vieni?» chiede Oliv sorridendo.
«Adesso arrivo, un secondo» dico mentre mi slaccio la cintura.
Appena scendo dall'auto, arriva un'altra macchina, che si parcheggia esattamente di fianco a noi.
«Hey amico, come va?» dice Jason tendendo la mano ad Aidan. Ancora lui.
«Tutto bene» risponde lui secco.
«Bene, ora che ci siamo tutti possiamo andare a mangiare» dice Oliv per poi tirarmi verso l'entrata, lasciando indietro i due ragazzi.
«Non mi avevi detto che sarebbe venuto anche lui a mangiare» sussurro io, un po' a disagio.
«Secondo te avrei invitato la mia sorellina per fare il terzo in comodo?».
«Si, sinceramente sarebbe stato molto meglio».
«E dai non fare la tragica, vedrai che ci divertiremo».
Dopo aver ordinato, Jason inizia a parlare della partita che ci sarà la prossima settimana, e Oliv lo guarda ammaliata, come se le stesse parlando di una villa sulle colline di Hollywood. Aidan annuisce svogliatamente.
«Allora Daisy, non hai mai pensato di fare la cheerleader?» mi chiede Jason.Non so come siano arrivati a questo discorso, forse mi sono distratta un po' troppo, ma devo sbrigarmi a rispondere, visto che tre paia di occhi sono su di me.
«Non fa per me» rispondo, mentre mi guardo le mani.
«Daisy non scherzare» afferma Oliv per poi rivolgersi a Jason «Da piccola era bravissima a fare tutte quelle acrobazie» poi volge lo sguardo verso di me.
«Non ho mai capito, perché non hai continuato» dice con un sorriso quasi nostalgico.
Per fortuna a interrompere questa conversazione ci pensa la cameriera, portandoci le nostre ordinazioni. Il discorso sul cheerleading non viene più ripreso. Per mia fortuna.
So che forse avrei fatto bene a continuare, ma mi sono accorta in fretta di un ambiente molto competitivo, e che mi esponeva troppo al giudizio degli altri. Non sono fatta così e sono convinta di aver fatto bene a smettere.
Per il resto della cena, a intrattenere una conversazione ci pensano Oliv e Jason, mentre io e Aidan quasi ci ignoriamo.Verso le dieci andiamo alle auto, per poi dirigerci verso la festa.
«Daisy, perché non sali con Aidan?» chiede Oliv, proprio mentre sto aprendo la portiera della macchina di Jason.
«Perché dovrei?» chiedo guardandola dritta negli occhi. Il pensiero un po' mi inquieta.
Lei mi fa segno di seguirla, e dopo esserci messe a una distanza per cui nessuno dei ragazzi potesse sentirci, inizia a parlare.
«Lo sai che Jason mi piace?».
«Si, ma non vedo perché debba andare in macchina con il suo amico».
«Magari perché la tua sorellona vorrebbe passare un po' di tempo sola con lui» dice rivolgendomi uno sguardo d'intesa.
«Non dirmi che vuoi fare quello che penso io. In macchina, per giunta!».
«Questi non sono affari tuoi. Ma potresti andare in macchina con Aidan? Grazie» sostiene, lanciando un'occhiata alla macchina di Jason.
«Ma lo conosci da così poco!» le dico, non sapendo cosa fare per farle cambiare idea.
«Lo so, ma mi fa sentire bene, amata e al sicuro. Sta tranquilla Daisy andrà tutto bene, è mai andato storto qualcosa con me? Potresti farmi questo favore?» chiede lei supplicando.
Vorrei tanto dirle di quella sera, di cosa voleva farmi il suo 'ragazzo' ma non ce la faccio, è da tempo che non vedo mia sorella con quello sguardo.
«Va bene, ma non voglio diventare zia, okay?!».
«Andata» dice, per poi darmi un bacio sulla testa.
Un po' titubante mi avvicino all'auto di Aidan, apro lo sportello e mi siedo di fianco a lui.
Mette in moto la macchina e subito si diffonde della musica nell'abitacolo.
Ho sempre adorato fare giri in macchina, soprattutto di sera, ma sfortunatamente se la strada che percorro è piena di curve come questa, dopo poco mi sento male. Ovviamente questa volta non fa eccezione.
Di solito cantando o parlando, il senso di vomito mi passa, così decido di canticchiare la canzone che passa alla radio, cercando di non farmi sentire. Ma quando nella macchina l'unico suono è quello dell'autoradio, è difficile nascondersi.
«Ti piace questa canzone?» chiede lui con lo sguardo rivolto verso la strada.
«Si» rispondo sussurrando.
«Tutto bene?» chiede voltando il viso verso di me.
Non riuscendo a parlare scuoto la testa.
«Potevi dirmelo prima, ora mi fermo» dice dolcemente, per poi accostare.
Faccio appena in tempo a slacciare la cintura e ad aprire la portiera, prima di rimettere tutta la mia cena sul terreno coperto da pigne e qualche foglia.
Aidan cerca di spostarmi i capelli dal viso e mi porge una bottiglia d'acqua.
«Grazie» sussurro, per poi prendere un sorso.
«Avresti potuto dirmelo che stavi male».
«Scusa».
«Non fa niente» dice guardando la strada, «Ormai manca poco all'arrivo, te la senti di salire in macchina?»
Mi sorregge e mi sposta, ancora una volta, una ciocca ribelle dal viso.
«Credo sia meglio se cammino un po', ma tu vai» dico guardandolo.
Lui sorride, sospira, poi inizia a camminare lungo la strada, con la luce del telefono come torcia.
Io resto ferma a fissarlo, decidendo cosa fare. Nella mia mente lottano l'Aidan con la mazza da baseball in mano e quello che mi aiuta e mi sorregge mentre sto male.
«Allora non vieni?» chiede fermandosi e girandosi verso di me.
«E la macchina?» domando guardando lui e poi l'auto.
«La verrò a prendere a fine serata. Se un cervo non la distrugge».
E fa segno di seguirlo.
Camminiamo uno di fianco all'altro, senza dire nulla, finché non sentiamo della musica.
Davanti a noi ci sono una marea di ragazzi, alcuni intorno a dei barili, che fungono da tavolini, mentre altri si scatenano in quella che dovrebbe essere la pista da ballo, in lontananza vedo un banco con gli alcolici e alcuni barili di birra da cui alcuni bevono a testa in giù.
«Dovremmo essere arrivati» dice per poi guardarmi e sorridermi, «Ti senti bene?».
«Si, ma non me la sento di partecipare a una festa» dico guardandomi i piedi.
Dopo aver guardato il bosco gli spunta un sorrisetto furbo «Ti va di vedere una cosa?»
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Kopfino
Teen FictionDaisy vive in un piccolo paesino del verde Vermont, con i suoi genitori. Come ogni sabato la sorella di Daisy, Oliv, torna da New York, ma questa volta non si limiteranno a film e piumone. Oliv trascinerà la timida Daisy a una festa, dove incontrerà...