dodici

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La macchina di Aidan ha veramente un buon profumo, un po' pungente, ma buono, non me ne ero mai resa conto
«Tutto bene?» chiede lui, beccandomi con gli occhi chiusi ad inspirare quel buon odore.
«Sisi» dico puntando il mio sguardo fuori dal finestrino, in modo che non veda la mie guance rosse.
Tutto il percorso è nel silenzio più assoluto tra noi, solo la musica. Arrivo a casa che quasi non me ne accorgo.
«Grazie mille del passaggio» dico slacciandomi la cintura.
«Di nulla».
«Allora ciao».
Lui fa un cenno con la mano e poi parte. Non che mi aspettassi che mi facesse le feste, ma è stato strano.

Mi sveglio con il telefono che squilla.
«Pronto» dico con la voce impastata dal sonno
«Ciao Daisy, ti va di andare a fare shopping?» chiede Ev.
«Si, a che ora?».
«Sono già sotto casa tua, scendi».
La ragazza in perenne ritardo che è già sotto casa mia. Per un attimo la odio.
«Devo fare colazione» dico tirandomi su dal letto.
«La farai là, ora muoviti» dice per poi attaccare.
In bagno quasi non mi guardo allo specchio. Mi vesto, scendo e vado alla macchina.
«C'è ne hai messo di tempo» dice Ev ingranado la marcia.
«Provaci tu a renderti decente in cinque minuti» dico raccogliendo i capelli in una coda.
«Viene anche Dolly?» chiedo.
«No, ieri ha conosciuto un ragazzo, ed ora è da lui» dice girando verso sinistra.
«E il tuo ragazzo misterioso come sta?» chiedo facendo l'occhiolino.
«Sta bene» risponde lei sulla difensiva.
«Mi dirai mai il suo nome?».
«Forse, ma devi promettermi di non arrabbiarti».
«E perché dovrei arrabbiarmi?» chiedo confusa.
«Tu prometti».
«Va bene, prometto che non mi arrabbierò».
«È Jace, il ragazzo che abbiamo incontrato allo skatepark».
«Ma è fantastico!» rispondo entusiasta.
«Sicura? Non sei arrabbiata?».
«Perché dovrei essere arrabbiata?».
«Perché ti piaceva, no?».
«Si, è carino e simpatico, ma non mi piace in quel modo».
«Veramente?» chiede lei sorridendo.
«Veramente» annuisco io.
«Allora ho un sacco di cose da raccontarti» dice parcheggiando la macchina. Mi domando cosa mi avrebbe raccontato se le avessi detto che mi interessava.

Passiamo la mattinata in giro per negozi e tra una bottega e l'altra mi racconta gli episodi più interessanti con Jace.
«Oliv è già tornata a New York?» chiede Ev mentre sorseggia un frullato.
«No, è a casa di Jason».
«Fanno sul serio allora?!» dice entusiasta.
«Già».
«Non mi sembri molto felice» dice Ev, notando il mio cambio di umore.
«Se ti dico una cosa mi prometti di non dirlo a nessuno?» chiedo guardandola negli occhi.
«Così mi spaventi».
«Per favore» la supplico io.
«Okay».
«Sai quella festa dove sono scomparsa per un po'?».
«Si, me la ricordo, mi avevi fatto prendere uno spavento».
«Ecco, quella sera ho incontrato Jason e Aidan insieme ad un gruppetto di loro amici» dico giocherellando con la cannuccia del mio frullato.
«E?» insiste lei.
«E stavano sfasciando i vetri di un'auto, e quando mi hanno vista Jason si è scagliato contro di me, e non poco»
«Perché non l'hai detto prima?!» chiede prendendomi una mano.
«Non pensavo li avrei rivisti, e Jason mi ha minacciata di non raccontare a nessuno di averli visti. Ma poi Oliv ha iniziato a frequentare Jason, ed io non volevo spezzare la sua felicità».
«Oh Daisy, devi dirlo a Oliv, non può stare con uno che ha fatto del male a sua sorella».
«Lo so, ma con lei è sempre carino e gentile».
«Daisy, e se poi si arrabbia e diventa violento?».
Mi passano davanti tutte le storie di giocatori che picchiano le fidanzate, non potrei sopportarlo, soprattutto se avessi avuto la possibilità di evitarlo e non lo avessi fatto.
«Glielo dirò».
«È la cosa giusta».
«Ma forse è meglio se glielo dico durante la settimana...».
«Daisy!» mi richiama lei.
«D'accordo, appena torno a casa glielo dico».
«Dopo chiamami e dimmi come l'ha presa».
Annuisco e poi continuiamo a sorseggiare i nostri frullati, ma il sapore mi sembra completamente diverso.

Arrivo a casa, Oliv è in giardino a fare foto di foglie, dice che le usa per le texture degli abiti.
«Vai e diglielo» mi motiva Ev. Annuisco e mi incammino verso mia sorella.
«Oliv devo parlarti» le dico prima di perdere il coraggio.
«Va bene, ma prima io. Ho passato una serata bellissima con Jason, abbiamo ballato quasi tutta la serata e quando gli altri sono andati via, siamo andati in camera e mi ha coccolato tutta la notte» dice con lo sguardo perso nei ricordi.
È così felice forse non dovrei farlo, dice la vocina dentro la mia testa.
Devi farlo, mi dice la voce di Ev dentro la mia testa.
«Tu invece di cosa mi volevi parlare?» chiede entrando in casa e togliendosi le scarpe.
«Di Jason».
«Ti ascolto».
Inizio a raccontarle nel dettaglio la sera della festa e lei mi guarda impassibile, alla fine del mio racconto scoppia a ridere.
«Perché stai ridendo?».
«Perché non pensavo arrivassi a tanto pur di farci lasciare» esclama dirigendosi verso la cucina.
«Cosa?!» dico confusa.
«Ho capito che Jason non ti piace, ma addirittura inventarti che ti ha fatto del male per farci lasciare, è davvero troppo».
«Veramente pensi che mi inventerei una cosa del genere?!» quasi urlo, scioccata.
«Non so più cosa pensare» dice guardandomi negli occhi.
«Non ti sto mentendo».
«Non ti credo, ora scusami ma ho cose più importanti da fare».
Rimango sola in cucina. Per qualche minuto resto a metabolizzare quello appena successo, poi prendo il telefono e chiamo Ev.
«Com'è andata? Se vuole andare a spaccargli la macchina io ci sono».
«In realtà si è arrabbiata con me» sospiro sedendomi sul divano.
«Come?!».
«Non lo so, pensa che mi sia inventata tutto per farli lasciare».
«Quel ragazzo le ha fatto perdere la testa».
«Si ma ora cosa faccio?» chiedo sdraiandomi sul divano e coprendomi il viso con la mano.
«Non lo so, forse devi parlarne con Jason».
«Sei pazza?! Lui mi ha detto specificatamente di non dirglielo».
«Si ma Oliv glielo dirà sicuramente, devi fare in modo di essere presente quando glielo dirà».
«Non lo so. Non ci sto capendo più nulla».
«Daisy, mi dispiace tanto, è tutta colpa mia, probabilmente dovevi aspettare ancora».
«Tranquilla non è colpa tua, glielo avrei dovuto dire subito, magari mi avrebbe creduto».
«Eri spaventata, non è colpa tua vedrai che si risolverà tutto».
«Lo spero» dico per poi chiudere la chiamata.
Le poche ore ci separano dalla ripartenza di Oliv sono un silenzio ostile. Io e lei quasi non ci salutiamo nemmeno all'aeroporto.
«È successo qualcosa tra te e Oliv?» chiede mia madre appena torniamo a casa.
«Abbiamo litigato» rispondo riempiendomi un bicchiere con del succo.
«Vuoi parlarne?».
«No grazie» dico per poi andare in camera. Mia madre sospira. Delle volte è un bene che tutti sappiano della mia timidezza, del mio essere di poche parole, almeno non insistono.
Passo il resto del pomeriggio sul letto a leggere e a pensare ad Oliv. Il risultato è che leggo senza capirci nulla e questa cosa mi esaspera.
Verso sera mi viene l'impulso di scriverle un messaggio, ma alla fine ci rinuncio.

Il lunedì mattina non si può considerare proprio una favola, soprattutto per come ci siamo lasciate io e Oliv.
«Avete parlato tu e tua sorella?» chiede Ev appena si siede a fianco a lei in classe. Era talmente in ritardo che non ho nemmeno provato ad aspettarla, facendo tutto il percorso da sola.
«Non ci sentiamo da quando è partita».
«Prima o poi si risolverà« mi dice con un sorriso incoraggiante.
Durante la lezione ci scambiamo qualche bigliettino per organizzare il nostro pomeriggio.
Alla fine optiamo per fare una passeggiata all'aria aperta a zonzo, in perfetto stile Il-Vermont-è-pieno-di-cose-da-fare.
«Allora quando vi rivedrete tu e Jace?» chiedo girandomi verso di lei.
«Veramente non ci siamo ancora accordati, ma credo domani» dice con il sorriso sulle labbra.
«Lo sai che sono molto felice per te, vero?!».
«Lo so, non potevo desiderare una amica migliore» dice lei per poi abbracciarmi.
Sembra sciocco ma il mio pomeriggio non è stato niente male: niente ragazzi che fanno battute, niente litigi con mia sorella, solo io ed una mia amica.
E poche cose da dover spiegare alla gente.

Lunedì, dopo scuola, passo il pomeriggio da Ev, per aiutarla a prepararsi, anche se non ho il gusto di mia sorella nello scegliere i vestiti e, soprattutto, non ho la sua mano per il trucco.
«Divertiti» dico prima di incamminarmi verso casa. Lo dico sinceramente, spero per lei che passi un bel pomeriggio.
Decido di prendere la strada più lunga per tornare.
Passo per un parco, dove qualche bambino si diverte sullo scivolo, e poi per un breve tratto di strada attraverso un piccolo bosco. Da piccola adoravo passarci le giornate immaginando di essere la regina della natura. Ora ripensando a quei momenti mi sorge un sorriso spontaneo sulle labbra.
Appena arrivo a casa provo a chiamare Oliv, ma lei non risponde.
Ci provo una seconda volta dopo cena, ma ottengo lo stesso risultato di prima.
Così decido di andare a letto, per evitare di continuare a pensare a lei.
Ovviamente il mio ragionamento mi si rivolge contro, infatti mi sveglio con il viso coperto di lacrime e il respiro affannoso.
Non mi ricordo cosa ho sognato, ma posso immaginare centrasse con Oliv.
Scendo in cucina e dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua torno in camera.

Kopfino Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora