Capitolo 1

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Un'altra noiosissima serata, in un altro noiosissimo locale, la vita era ormai sempre uguale, così ripetitiva che anche essere me stesso ormai mi sembrava noioso. Le luci accecanti, la musica disco a tutto volume, ballerini, spogliarellisti, spacciatori e tipi da cui era meglio stare alla larga, c'era di tutto in quei locali, e solitamente quella era la gente con cui a fine serata finivo a letto. Quel tipo di vita mi era sembrato fantastico all'inizio, così stravagante, pieno d'eccessi, proprio da vera rockstar. Ma quello era quando avevo 28 anni, quando ancora avevo capelli lunghi e smalto sulle unghie, quando ancora ero un ragazzino ingenuo catapultato nel mondo del rock improvvisamente, ormai ero cresciuto non mi piaceva più quella vita avrei solo voluto trovare qualcuno con cui sistemarmi, come avevano fatto Brian, Roger e John. Però con me la vita non voleva essere dolce, voleva rendermi il tutto più difficile: ero gay e sarebbe già stato impossibile trovare qualcuno con cui stare, pensa poi farti accettare dalla società: I-M-P-O-S-S-B-I-L-E. Mi guardavo intorno per capire se ci fosse qualche tipo interessante con cui andare a parlare o anche solo per trovare una scusa pur di muovermi da lì: non ne potevo più dei discorsi di Paul, che mi diceva di firmare un contratto da solista, di lasciare i Queen, che avrei fatto più successo da solo. Erano ormai mesi che continuava a ripetermelo, ma come avrei potuto? Non potevo tradire i ragazzi, come artisti eravamo in pratica cresciuti insieme, erano la mia famiglia e per di più sapevo che noi quattro funzionavamo solo insieme e da quello deriva il nostro successo. Non avevo toccato niente da quando eravamo arrivati, né qualcosa da mangiare né l'alcol e di certo non avevo intenzione di usare droga quella sera, in realtà avrei solo voluto starmene a casa sotto le coperte, magari sorseggiando un buon tè.
"Io vado in bagno" dissi ad un certo punto ormai stanco dei discorsi di Paul e di quella musica a palla che mi rimbombava nelle orecchie, avevo solo bisogno di una pausa.
"Ti accompagno" disse Pheobe il mio assistente
"No, voglio andare da solo" dissi alzandomi.
Iniziai a farmi spazio tra la folla, che non sembrava neanche notare chi fossi, per raggiungere il lato opposto del pub.
Entrai finalmente in bagno, mi sciacquai la faccia con l'acqua gelata, per poi guardarmi allo specchio. A volte mi chiedevo come avessi fatto a diventare quella persona, non mi riconoscevo, una volta ero un semplice ragazzo di 18 anni che era dovuto scappare da Zanzibar con la sua famiglia, che si era trasferito a Londra e che era costretto a lavorare in un aeroporto pur di aiutare la famiglia, con il solo sogno di vivere di musica. Suonavamo in piccoli pub in città pur di guadagnare qualcosa, mi ricordo ancora la faccia di mio padre quando gli dissi che avrei fatto il cantante, probabilmente gli venne un infarto. Poi era arrivato il successo, e come un obbligo anche tutti gli eccessi, i party sfrenati o il sesso senza contegno, con anche più compagni in una sola notte. Eravamo davvero cambiati tanto, una volta scherzavamo dicendo di voler essere i migliori, e lo eravamo diventati in campo musicale, ma in campo morale eravamo solo peggiorati. Pensavamo che saremmo sempre stati sinceri con le nostre famiglie, ma ormai era nata una regola che quello che succedeva in tour, soprattutto nel dopo show, rimaneva solo tra noi, se solo avessimo raccontato anche una minima cosa che sarebbe potuta scappare a chiunque la stampa ne avrebbe fatto uno scoop epico e saremmo stati rovinato.
"Quello che succede lì dentro resta lì dentro" dicevo sempre agli altri fermandoli prima di entrare ad una qualsiasi festa, perché il mondo degli eccessi, dei reati a volte, doveva rimanere sigillato lì dentro, fuori dovevamo essere perfetti, perché ai personaggi pubblici non è permesso sbagliare. Mi sarebbe piaciuto che potessimo tornare quei quattro ragazzi spensierati, che avevano mille sogni, mille speranze, che dovevano solo trovare un modo per sopravvivere giorno per giorno, anche per un solo momento. Continuai a guardarmi nello specchio, una lacrima mi rigò il viso, non ne potevo più di essere solo il grande frontman, io avrei voluto essere me stesso e non Freddie Mercury. Mi asciugai subito agli uomini non è permesso piangere o forse sei un invertito, un travestito, un finocchio, non ne potevo più di tutti quelli stereotipi. Uscii dal bagno lasciando lì tutte le mie insicurezze. Notai seduto al bancone un ragazzo, che doveva avere circa la mia età, aveva dei baffi e i capelli castani, aveva un viso gentile, e per qualche motivo mi trasmetteva fiducia. Decisi di avvicinarmi.
"Ehi, posso offrirti qualcosa da bere?" Chiesi
"Ehm, no grazie" rispose lui, indicando con un cenno del capo la birra davanti a sé
"Insisto, beviamo qualcosa insieme, parliamo un po'" dissi io
"Stai cercando di abbordarmi?" Chiese il ragazzo
"Forse si, e poi che ci sarebbe di male?" Risposi
"Sono fidanzato e sarà meglio che il mio ragazzo non ti trovi qui" mi disse lui
Avrei potuto iniziare una litigata sventolando il mio nome come un trofeo, ma non avevo voglia di insistere, quella serata era già iniziata male fin dal principio, quindi tornai dagli altri.
"Torniamo a casa" dissi, tutti si alzarono, Joe andò a pagare il conto, mentre noi altri ci dirigemmo verso la macchina.
Per tutto il tragitto nessuno disse niente, credo che tutti capirono che era una giornata no. Entrammo in casa e salutai i miei gatti che subito vennero a strusciarsi sulle mie gambe, e subito mi resero più allegro. Amavo i miei gatti, erano gli unici a rendermi sempre felice, che non mi avrebbero mai tradito. Presi Tiffany un braccio e mi diressi in camera, la poggiai sul mio letto e mi infilai il pigiama. Mi misi sotto le coperte e la gatta si venne a posizionare sulla mia pancia facendo le fusa, tenendomi caldo come se fosse stata una borsa d'acqua calda e io amavo quella sensazione. Accesi la mia abat-jour sul comodino e rimasi un po' a fissare il soffitto accarezzando Tiffany, il suo pelo era così morbido e accarezzarla era quasi come un anti stress. Sapevo che il giorno dopo sarei dovuto essere in studio con gli altri, quindi mi costrinsi ad addormentarmi, o non mi sarei mai alzato il giorno dopo. Spensi la luce lasciandomi cullare dal suono delle fusa di Tiffany.


Spazio autore 💕
Ciao ragazzi 💜 spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto

Love me like there's no tomorrowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora