Capitolo 10

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Quelle due fantastiche settimane erano volate via, scappate, come un piccolo animale quando percepisce il pericolo. Ed ora ero ancora lì, su un altro aereo, di ritorno a Londra. In Inghilterra, lì dove i giornalisti e i paparazzi non vedevano l'ora di trovare lo scoop più grande, o la foto più incriminante, per fare soldi inventandosi cose su di me. Mi piaceva viaggiare per quello, negli altri paesi, lontano da casa, nessuno voleva usarmi solo come una notizia, lì mi sentivo realmente amato.
Questa volta mi sembrò di atterrare subito, ed ancora mi ritrovavo nei grandi corridoi dell'aeroporto. Caminammo fino all'uscita, ed eccoli lí, un gruppo di giornalisti corse subito verso di me, volevo solo girarmi ed andarmene, ma purtroppo era impossibile. Iniziarono tutti a fare domande, parlando l'uno sopra l'altro, non si capiva niente, si percepiva solo quanto fosse caotico quel momento. Ci fu peró una frase che capii benissimo:
"Signor Mercury, si dice che sia risultato positivo all'AIDS, queste dichiarazioni sono reali?".
Mi sembró che tutto intorno a me si fermasse, ero quasi pietrificato, quella frase lo faceva sembrare sempre più reale. Poi le voci di quei giornalisti tornarono, tutto tornò caotico.
"Le sembra che io abbia la faccia di uno che sta morendo di AIDS?!" Urlai, spingendo via il giornalista, camminando, quasi correndo, verso la macchina. Mi infilai frettolosamente nell'auto, chiusi la portiera sbattendola con tutta la forza che avevo in corpo. Stavo cercando di sfogarmi, avrei voluto urlare, ma non ne avevo il coraggio, non lì in mezzo a tutti. Una lacrima mi rigò il viso, non volevo tutto ciò, non volevo che fosse vero, perché non potevo essere normale come tutti gli altri?! Cercai di asciugarmi le lacrime, che sembravano tante goccioline di pioggia su un finestrino, quelle con cui giocavi da bambini, facendo delle gare, ma che ora erano solo tristezza. Anche gli altri mi raggiunsero poco dopo, Jim si sedette vicino a me.
"Freddie hai pianto?" Disse notando i miei occhi rossi e il viso bagnato.
"No" risposi cercando di non far uscire una voce spezzata, cercando di sembrare forte. No, non ero forte, non lo ero mai stato: ero sempre stato quello preso in giro, che non poteva far niente, se non divertire i bulli, ero quello che rispondeva a modo, ma che appena tornava a casa, da solo, si chiudeva in camera a piangere. Ero riuscito a farmi coraggio, ad avere autostima, solo grazie ai Queen, quei ragazzi erano i miei fratelli, eravamo così diversi e uguali allo stesso tempo, litigavamo, per poi consolarci. Avevamo imparato a sopravvivere, in tutti i sensi, e avevamo capito che l'unico modo era restare uniti.
Il panorama di Londra scorreva fuori dai finestrini scuri, e poi eccoci lì davanti al grande portone verde di casa. Scesi dalla macchina ed entrai in casa, salii in camera, buttandomi sul letto, la mia voglia di vivere era scomparsa. Avrei preferito morire istantaneamente, stare lí a contare i giorni, i mesi o gli anni che mi rimanevano, non mi piaceva, e adesso che le persone iniziavano a capirlo era ancora peggio. Come si poteva vivere in quel modo?
"Ehi" disse Jim, quasi sussurrando, apparendo sulla soglia della porta " lo so che quello che ti hanno detto oggi ti fa stare male, è brutto quando qualcun altro ti fa notare quello che non vorresti vedere... Poi non riesci più a togliertelo dalla testa" aggiunse poi sedendosi sul letto.
"Comunque ho qualcosa che forse riuscirà a rallegrarti" disse iniziando a cercare qualcosa nella tasca dei pantaloni, tirando poi fuori una scatolina in velluto nero "spero ti piaccia" aggiunse.
Mi tirai a sedere svogliatamente, prendendo la scatolina dalle mani di Jim. L'aprii, un sorriso comparve sulle mie labbra vedendo il bellissimo regalo: un meraviglioso anello, sembrava quasi una fede nuziale. Jim trovava sempre il modo per rendermi felice.
"Oh, grazie amore!" Dissi abbracciandolo, per poi dargli un bacio a stampo sulle labbra "quindi ora sei ufficialmente mio marito" aggiunsi, entrambi sorridemmo.
Era incredibile come in quel periodo passassi dal minimo al massimo in un secondo, forse c'entrava la mia malattia? In quel momento non mi importava, ero felice e andava bene così.
Su quello che mi rimaneva avevo già preso una decisione: vivere ogni momento, non potevo essere triste, non volevo che nessuno lo fosse.
Forse non avevo mai realmente apprezzato la vita, o non lo avevo fatto nel modo giusto: avevo capito che sesso, droga e rock n'roll non erano la vera vita. Ero stato uno stupido in molti casi, ma non era ancora tardi per rimediare.
"Dobbiamo andare a Montreux" dissi poi sognate
"Freddie, siamo appena tornati dal Giappone" mi rispose Jim
"Lo so, ma non voglio perdere tempo. E poi è un posto così rilassante e l'aria di montagna mi farà bene" dissi io
"Ci andremo amore mio, ma prima riprendiamoci da questo viaggio, non possiamo affaticarci troppo" disse lui, accarezzandomi una guancia.
Io annuii, non mi ero neanche reso conto di quanto in realtà fossi stanco.
Mi stesi sul letto, gli occhi si facevano pesanti, non avevo pensato che per colpa del fuso orario volessi in realtà solo rilassarmi.
Abbracciai Jim, come se fosse un grande orsacchiotto di peluche, e poco dopo già stavo dormendo.


Spazio autore 💕
Ciao ragazzi 💜 non so neanche io da quanto tempo non aggiorno, e mi dispiace di non riuscire a pubblicare più capitoli, ma quando inizieranno le vacanze ne usciranno sicuramente di più. Come tutti voi sono piena di verifiche, e poi devo anche preparare l'elaborato per l'esame, ma una volta finito tutto sarò finalmente libera, siii!
Non vedo l'ora che inizi l'estate perché sono realmente distrutta.

Love me like there's no tomorrowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora