Capitolo 12

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~24 novembre 1991

Ero bloccato a letto da ormai un paio di mesi, quella non era più vita, non per uno come me che amava correre su e giù per il palcoscenico. Avevo anche interrotto le cure da un bel po' di tempo: lo sapevo, tutti lo sapevamo fin dall'inizio, quelle medicine non funzionavano, io ed altre milioni di persone stavamo facendo da cavie per cercare di trovare una cura a quel male.
Era per la scienza, lo dicevano in molti, forse era vero, ma mi chiedevo se in realtà quei farmaci non mi avessero solo causato più sofferenza.
Vidi una sagoma scura avvicinarsi al mio letto, che riconobbi come quella di Jim: quella dannata malattia mi aveva anche fatto quasi perdere la vista.
"Freddie, amore, so che è difficile... Starai meglio molto presto te lo prometto" disse, lo sapeva anche lui che non era vero, ma su tutti quelli intorno a me alleggiava la speranza che per un miracolo mi sarei ripreso completamente
"Comunque Roger sta venendo qui, tra poco arriverà, starai meglio con lui... è il tuo migliore amico, sapete come farvi del bene a vicenda" aggiunse Jim, tentando di sorridere, anche se il suo viso era pieno di tristezza, io annuii era il massimo che ormai potevo fare per dare segni di vita.
Poi Jim uscí dalla stanza: c'era una regola nessuno poteva piangere quando era con me, ma era davvero difficile resistere in quel clima, per quello solitamente tutti entravano e uscivano dalla mia camera. L'aria era come diventata più pesante, nuvole grigie sorvolavano Londra da ormai un paio di giorni, tutto sembrava voler portare un presentimento e tutti ormai lo avvertivano: mancava poco.
Cercai di rallegrarmi al pensiero che Roger sarebbe arrivato da lì a poco, avrei voluto essere nelle mie normali condizioni per alzarmi da quel letto, farmi una bella doccia, per poi scendere al piano di sotto e salutare gli altri, uscire per prendere il giornale davanti alla porta d'ingresso e respirare l'aria della mattina. Mi mancavano quelle piccole cose, erano cose così normali, così stupide, ma mi mancavano; non potevo più fare niente di tutto ciò, ero solo costretto a vedere le solite quattro mura per tutta la giornata. Avrei voluto ribellarmi, prendere e alzarmi, la mia mente diceva che potevo farcela, che potevo alzarmi da quel letto, uscire di casa e correre in studio a registrare qualcosa, con gli altri, il cervello mi diceva che dovevo ancora cantare, che potevo, era però il corpo a rivelare i veri problemi, che vuoi nascondere, ma il corpo mostra sempre il problema.
Mi sentivo sempre più distante, più distante dalle persone, dal mondo, dalla terra, poi pian piano dal mio letto e poi dal mio corpo, ma qualcosa, in un angolo, mi diceva di ancorarmi a quello che ancora avevo, di resistere almeno un altro po', e lo feci, potevo farcela, dovevo. Volevo vedere Roger un'ultima volta, non lo vedevo da troppo, volevo scherzare, ridere, volevo fare il cretino con lui un'ultima volta, era la fine, ma ne avevo bisogno di tutto quello solo un'ultima volta. Era difficile però, c'era qualcosa che la mente o la ragione non può spiegare, qualcosa che è più grande di ognuno di noi, che voleva trascinarmi dall'altra parte, che voleva che salissi sulla barca di Caronte, ma io mi attaccavo alla riva del fiume, pregavo il traghettatore di ritardare di poco il viaggio, dovevo solo salutare il mio amico.
Jim rientrò nella stanza, questo mi diede la forza di attaccarmi ancora di più alla riva di quel fiume, per resistere.
"Oh Freddie, come siamo arrivati a tutto questo?" Mi chiese, e come avrei voluto potergli rispondere in qualche modo "forse avrei dovuto amarti sempre giorno per giorno, come se non ci fosse un domani, ma non avevo ancora capito che tutto può scomparire in un momento... Anche un sentimento così forte come l'amore" continuò.
Non sapeva in realtà quanto avesse fatto, quanto mi avesse fatto sentire amato, quanto avesse cambiato la mia vita in meglio, dandomi qualcosa a cui ancorarmi giorno dopo giorno. Quante cose avrei voluto dirgli anch'io, ma ormai era tardi, il tempo non aspetta per nessuno, non era così? Lo avevo detto io stesso in una canzone, quanto avrei voluto che però in quel momento avesse potuto aspettare.
"Sei l'amore della mia vita, ti amo, lo farò per sempre... Non voglio una vita senza di te, una vita... vuota. Ti amo sappilo, non scordartelo mai ti prego, sei la cosa migliore che mi sia mai capitata" disse, cercai di sorridere, quella parole mi avevano reso felice, ero forse prossimo alla morte, ma ero felice, sereno: sapevo che qualcuno mi aveva amato realmente, potevo dire di aver provato quella rara cosa chiamata vero amore.
Mi diede un bacio sulla fronte per poi ripetere ancora che mi amava, avrei voluto dirgli tante cose anch'io: "ti amo Jim, dal primo momento, mi hai fatto sentire bene, sei stato il primo e l'unico ad amarmi realmente per quello che sono... Sono felice di tutto quello che ho vissuto con te, mi hai migliorato la vita. Mi hai fatto vivere tutto quello che ogni uomo vorrebbe vivere e mi hai fatto provare il vero amore... ti ringrazio, realmente, ho vissuto questi ultimi anni nel modo migliore grazie a te, quindi grazie per avermi amato" .
Purtroppo non potevo parlare, e Jim non avrebbe mai saputo tutto quello, lo guardai ancora con uno sguardo felice e rilassato, non avevo paura della morte non più, avevo vissuto il meglio; mantenni ancora il sorriso e vidi una lacrima rigare il volto del ragazzo.
Tutto diventò più sfocato, poi chiusi lentamente gli occhi, rilassando i muscoli, lasciandomi andare sapendo semplicemente che quello era il momento. Sentivo le braccia di Jim che mi avvolgevano, era il regalo d'addio più bello che potessi avere, anche se speravo che sarebbe stato solo un arrivederci.
Il mio corpo poi fu improvvisamente leggero, ogni dolore o sofferenza terreni erano scomparsi, stavo bene. Era una bellissima sensazione, avevo ripreso tutto quello che mi era stato tolto. Semplicemente mi lasciavo volteggiare leggero spinto dal vento verso una luce bianca, piena di speranza, da cui proveniva uno splendido profumo di fiori. Vidi Tiffany, la mia gatta che avevamo fatto sopprimere anni prima, era uscita da quella luce, sembrava invitarmi a raggiungerla, facendo le fusa e guardandomi con il musino che tanto mi era mancato. Mi diressi verso di lei e attraversai la luce, ritrovandomi di fronte a qualcosa che era semplicemente indescrivibile a parole.
Ero morto si, ma non me n'ero realmente andato, quel mostro che avevo creato, mostro che poi molti avrebbero definito leggenda, di nome Freddie Mercury sarebbe rimasto in vita fino alla fine dei tempi...
LE LEGGENDE NON MUOINO MAI !

Spazio autore💕
Ciao ragazzi💜 spero che quest'ultimo capito vi sia piaciuto. Mi dispiace di averci messo un sacco a farlo uscire, ma sono molto impegnata con la scuola perché devo finire l'elaborato per il mio esame e devo consegnarlo entro lunedì. Se sarò inattiva in questi giorni è a causa dell'esame, ma poi tornerò a scrivere molte altre storie.
Vi ringrazio per tutti i bei commenti che mi avete lasciato per questa storia e grazie per il vostro sostegno ❤️

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