Capitolo 11

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~1989
Due anni, due fottutissimi anni erano passati dalla diagnosi di quella dannata malattia. Forse potevo ritenermi fortunato, per essere ancora lì, ma tutto diventava sempre più faticoso, mese dopo mese, respiro dopo respiro.
Tanto era cambiato: tante piccole macchie scure erano spuntate sul mio viso, Jim mi aveva consigliato di farmi crescere la barba, per nasconderle, e così avevo fatto, e poi c'era quella dannata piaga, proprio sulla gamba, che ormai mi rendeva anche difficile camminare. Però andavo avanti, non potevo lasciarmi andare, non era quello il momento, avevo ancora qualcosa da fare. Un peso però dovevo togliermelo: era arrivato il momento che gli altri lo sapessero. Forse in realtà già lo sapevano, facevano finta di non vedere, come praticamente tutti noi, ma avevano il diritto di averne la conferma. Ogni anno che passava si capiva sempre più che qualcosa non andava, se ne stavano accorgendo i media, e la band doveva essere pronta per quando tutte le domande sulla mia salute avrebbero iniziato a saltare fuori.
Eravamo tutti seduti intorno all'enorme tavolo della mia sala da pranzo, sembrava una tranquilla serata tra amici, tutti parlavano allegramente, di qualsiasi cosa che gli passasse per la testa.
Guardavo uno dopo l'altro prima Brian, poi John ed infine Roger, sorridevano, gli occhi erano solari, incurvati leggermente all'insù, come sarebbero dovuti essere quelli di chiunque ad una serata tra amici di fine estate.
Poi Brian fece due colpi di tosse, probabilmente qualcosa gli era andato di traverso.
"Bri, sei sempre il solito malaticcio! Dovremmo regalarti un abbonamento per l'ospedale" disse Roger ridendo
"Smettila di sfottermi!" Gli rispose l'altro
Tutti infine scoppiarono in una grossa risata, cercai di ridere anch'io, non volevo sembrare strano, ma nella mia mente c'era solo un unico pensiero: "magari fosse lui quello messo peggio".
Non avrei mai voluto interrompere quel momento, avrei voluto fermarlo, congelarlo e fare in modo che tutti noi rimanessimo così per sempre: felici.
Lo sapevo però, era quello il momento, continuare a rimandare avrebbe solo fatto più male.
Diedi dei colpi con il coltello sul mio calice, per richiamare l'attenzione.
Preso un respiro profondo, avevo tutti gli occhi puntati addosso.
"Sinceramente questa è una cosa che non avrei mai voluto dire" incominciai, cercando di nascondere la mia malinconia dietro ad un mezzo sorriso.
"Sappiate che non è la fine, in nessun caso, non pensatelo nemmeno. Andremo avanti, e poi un giorno voi tre andrete avanti senza... senza di me..." dissi in un sospiro
"Freddie che devi dirci?" Chiese Roger, i suoi occhi non erano più del colore del cielo, si erano improvvisamente scuriti, come se un grande uragano stesse per passare all'interno di essi.
"Quante ne abbiamo passate, non è così? Credo che in un certo senso saremo per sempre uniti, anche se in due mondi diversi" i tre mi fissavano, con uno sguardo triste, quasi vuoto, con la bocca semi aperta, come pronti a ribattere, a dire che non poteva essere vero "l'ho preso" sospirai "ho preso l'AIDS"
Gli occhi di tutti erano improvvisamente lucidi, gli sguardi di tutti continuavano ad incrociarci, Roger si appoggiò le mani sulla fronte, che poi scivolarono nei capelli, come per provare a trattenere tutto dentro.
"No, no, Fred... non ci credo, non può essere vero" disse John, alzandosi in piedi, posizionatosi poi dietro alla sua sedia, con le mani poggiate sullo schienale. Era come agitato, mentre una lacrima rigava il suo volto.
"Freddie, ti prego... dimmi che è uno scherzo, sai che non voglio perderti" aggiunse il bassista, indietreggiando fino a lasciarsi cadere sul divano, mentre la sua voce si faceva sempre più debole, rotta dal pianto.
"Freddie, tu... tu mi hai in pratica fatto sopravvivere fino ad adesso, i-io... ho bisogno di te... ti prego..." disse Brian, le lacrime rigavano anche il suo viso, mentre lui cercava di asciugarsele, forse notando che anche io avevo iniziato a piangere, per fare forza a tutti. Non ci eravamo neanche accorti che gli altri erano usciti dalla stanza, lasciandoci soli.
"Freddie, Freddie ti prego non farlo... non andartene, non... non posso vivere senza di te. C-cosa sono io senza di te? Siamo due facce della stessa medaglia, non puoi separarci... ti prego, non lasciarmi qui solo" disse Roger, non lo avevo in realtà mia visto così disperato, me lo chiedeva come se dipendesse da me, ma con tutto il dolore che si percepiva in quelle parole avrei voluto avere io la scelta.
Piangevo, tutti piangevamo, singhiozzando, non dicendo nulla, semplicemente stando l'uno accanto all'altro nel dolore.
Uno dei miei gatti si venne a strusciare sulle mie gambe, lo aveva capito che stavo male, quando erano intelligenti e affettuose quelle piccole creature. Piansi ancora di più in quel momento, mi volevano così bene quei mici, e io gli avrei lasciati da soli, chi avrebbe poi badato a loro. Mi aveva sempre fatto male il pensiero di prenderne uno di loro, ma quanto avrebbe fatto male a loro perdere me?
Non feci altro che prendere in braccio la mia Delilah, stringendola a me.
"Oh Delilah, non sai quanto di voglio bene, spero solo che starai bene anche senza di me, e ricorda sempre quanto ti ho amato, perché mi fa male sapere che ti lascerò" dissi, la mia voce si incrinò, quello fu come una forte pugnalata al cuore.
Misi a terra la gattina, per poi rivolgermi agli altri.
"Lo so che fa male, ma vi prego godiamoci questi ultimi anni che mi restano... sappiate che vi voglio bene" dissi, ci guardammo tutti, gli occhi arrossati dal pianto, i visi distrutti.
In un momento capimmo tutto, ci alzammo, per abbracciarci, piangevamo tutti, ma andava bene così. Ci stavamo sostenendo come avevamo sempre fatto, dovevamo cercare di essere ognuno la spalla su cui piangere dell'altro, e fino alla fine lo saremmo stati.
Non avevamo forse mai capito quanto in realtà fossimo tutti pezzi dello stesso puzzle, quando ci volessimo bene, ma in quel momento, in quell'abbraccio, tutto fu chiaro.




Spazio autore 💕
Ciao ragazzi 💜 spero che il capitolo vi sia piaciuto. In questo momento sto letteralmente piangendo, e ho pianto mentre lo scrivevo, e niente...
Comunque questo è il penultimo capitolo della storia. Solitamente scrivo storie lunghissime, ma per questa volta ho voluto cambiare un po'.

Love me like there's no tomorrowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora