Capitolo settantuno

317 42 5
                                    

Hitoshi's pov

Quella mattina ci accampammo in soggiorno come un branco di campeggiatori abusivi, dato che nessuno aveva chiuso occhio per tutta la nottata. Aspettammo l'alba in piedi, facemmo colazione con gli avanzi della cena e poi, tra uno sbadiglio e l'altro, andammo a dormire verso le sette e mezza del mattino. 
Questa fu quella che io definisco "una serata da ricordare".
Da bravi cavalieri cedemmo il divano alle ragazze e noi ragazzi occupammo il pavimento, avvolti in tanti morbidi sacchi a pelo recuperati dallo sgabuzzino e che nemmeno sapevo di possedere. Ora sì che potevano definirci degni alunni di Aizawa sensei.

Bakugou e Kirishima si addormentarono uno sull'altro nel giro di mezzo secondo, completamente incuranti del mondo esterno; Amajiki si prese la briga di zittire Neito e si addormentarono nel giro di poco tempo facendosi da cuscino a vicenda. Mina e Jirou crollarono addormentate un attimo dopo aver toccato il cuscino.
Credevo d'essere rimasto sveglio solo io, ma un movimento strano mi fece notare che anche Sero era ancora vigile e con gli occhi spalancati.

–Shinsou-kun– mi chiamò sottovoce. –Posso parlarti un attimo? È molto importante.
Io annuii; lui si alzò facendo attenzione a non fare rumore e mi si sedette accanto, le spalle poggiate contro il divano dove dormiva Mina.
–Non dire a nessun altro quello che ti sto dicendo– iniziò sottovoce, dopo aver verificato se la ragazza rosa dormisse veramente. –Aizawa mi ha anche fatto promettere di non farne parola con nessuno, specialmente con te, ma io penso che tu lo debba sapere, prima che questa storia finisca male.
Storsi le sopracciglia, incuriosito e un po' intimorito da ciò che avrebbe potuto dire. –Parla– lo esortai.

–Qualche giorno fa, quando sono finito in infermeria– sussurrò con un filo di voce. –Ho visto Kaminari ed un altro villain con i capelli bianchi non molto lontano da scuola.
–Come?!– esclamai, scordandomi di dover fare piano.
Sero saltò in aria dallo spavento ma per fortuna nessuno si svegliò, o almeno così parve.
–Come?– ripetei più piano, gli occhi spalancati dalla sorpresa. –Denki? Vicino scuola?
–Sì– confermò con un cenno del capo. –Stavano osservando qualcosa o qualcuno... penso gli eroi professionisti, ma non posso escludere la possibilità che in parte tenga d'occhio anche te, o noi in generale.
–Oh Buddha, davvero?!– mormorai, non sapendo nemmeno se fosse una notizia positiva o negativa. Probabilmente negativa, ma ero troppo innamorato di quel biondino per poterci dar peso. –Non posso crederci..!
–Non esserne felice– mi bloccò, forse notando i miei sentimenti contrastanti. –Non c'è niente di bello in tutto questo.

–Quel giorno– proseguì, il tono di voce però più grave del dovuto. –Ho fatto la cazzata e sono andato a parlargli. Volevo capire cosa gli fosse successo, perché l'avesse fatto, chi fosse veramente... queste cose, no?
–E che ti ha detto?– gli chiesi; prendevo dalle sue labbra. Dovevo sapere.
Sero scosse la testa. –Kaminari... non è affatto il ragazzo che abbiamo conosciuto noi.
–Eh? In che senso?– chiesi, fingendomi sorpreso. Sapevo meglio di chiunque altro, forse eccezion fatta per Shigaraki Tomura, quanti volti e sfaccettature avesse Denki.
–È uno stronzo, credimi– disse, quasi scioccato dalle sue stesse parole. Io già lo sapevo, ma resi il gioco al mio ragazzo e finsi di non saperlo. Probabilmente, non avendole mai pronunciate prima ad alta voce, Sero non era pronto ad accettare che le sue parole fossero vere. –Quando gli ho parlato della classe... non puoi immaginare! Ha detto che non gliene frega un bel niente e poi si è quasi messo a ridere. Sembrava impazzito, ti giuro! Lo psicopatico degli horror, ce l'hai presente?!
–E poi ha aggiunto anche che lui non è mai stato nostro amico e, anzi, che il Kaminari che conoscevamo noi non è mai nemmeno esistito!– continuò il ragazzo dai capelli neri. –È davvero egoista, e si è divertito a torturarmi... ha anche proposto di uccidermi, ma non sono riuscito a capire se fosse un bluff o se l'avrebbe fatto sul serio, se quell'altro non l'avesse fermato!
–Shinsou-kun... io capisco che i sentimenti non possano svanire così nel nulla ma, qualunque cosa accada, non andarlo mai più a cercare– concluse. –Kaminari è più malvagio di quanto possiamo anche solo immaginare. Non ne usciresti vivo.

All'udire quelle parole, nella mia mente sentii come un rumore di vetri infranti.
–Tu... sei sicuro?– mormorai, la mia traccia di felicità svanita nel nulla. –Denki è... così cattivo?
Lui annuì. –Stagli lontano, fidati di me– mi raccomandò molto seriamente; vedevo una certa preoccupazione trasparire dai suoi occhi, ma già sapevo benissimo che non sarei riuscito a dargli ascolto. –Guarda cosa mi ha fatto, il bastardo.
Sero spalancò la bocca e mi indicò uno spazio vuoto tra due denti, dove prima avrebbe dovuto esserci un premolare.
–È stato Kaminari– spiegò. –Tra le tante botte mi ha tirato anche un calcio in faccia, anche se ormai mi aveva già immobilizzato. E questo è il risultato.
–Oh, oh Buddha...– mormorai, e lo sguardo cadde autonomamente sul naso di Monoma, rimasto leggermente storto dopo il pugno ricevuto. –È sempre stato un po' aggressivo, ora che mi ci fai pensare...
–Shinsou, se dovessi rivederlo stagli alla larga– mi pregò ancora, serissimo. –Non ti fidare di lui anche se pensi di conoscerlo: farà del male anche a te. D'accordo?
–Ricevuto– risposi alla domanda, senza rendere troppo ovvio il fatto che non fossi d'accordo con lui. Le parole della sua lettera erano sempre valide, no? Lui mi amava, io ne ero certo.
Magari Denki non era il ragazzo che avevo conosciuto, ma io con lui sono sempre stato sincero. E io sono colui che lui ha detto, ha promesso di amare fino all'ultimo respiro.
Non mi avrebbe mai fatto del male, anche se era diverso da come me lo ricordavo. Doveva essere così.
O anche quella lettera era solo una bugia?

–E poi? Come sei scappato?– chiesi a Sero.
–Aizawa mi ha liberato e poi li ha combattuti– rivelò. –Quei due però in un modo o nell'altro sono riusciti a sfuggirgli. Il sensei li ha persi.
Trattenni appena un sorriso. Certo, mi spiaceva per il dente di Sero, ma sapere che Denki stava bene ed era ancora in libertà fu abbastanza per rasserenarmi almeno un po'.
Beh, in realtà non sapevo bene nemmeno io se fossi più tranquillo. Di certo ero felice di sapere che era in forma, ma non di scoprire che avrebbe ammazzato un suo vecchio amico... Dubitavo fortemente che potesse farlo anche con me ma, comunque, non fu del tutto una buona notizia.

*****

Denki's pov

–Pronto, qui è Sativa!– esclamai, rispondendo al telefono di lavoro.
Dall'altro lato dell'apparecchio, fu la voce di una certa ragazza a rispondermi. –Ehi rimpiazzo, ancora tu!– mi salutò allegramente. –Il vero Sativa?
–Si è rotto il cazzo di spacciare e ha lasciato tutto in mano a me– le dissi. –Ti dispiace?
–Nah, mi stai più simpatico tu, sai? Quell'altro aveva la voce da rettile– scherzò. –Qualche volta usciamo insieme? Ti va?
–Non sai nemmeno che faccia ho, magari ti faccio schifo– obiettai. –E sono circa impegnato con un altro ragazzo, quindi no.
–Oh, state insieme?– chiese Hamaki, interessata alla questione.
–Diciamo che è complicato– feci io. –Non ne voglio parlare.
–Mi spiace– mormorò. –Beh, pure io ho un mezzo ragazzo, anche se è più uno scopamico... cioè, una volta gli ho chiesto di metterci insieme.
–E che ha detto?
–Che ne avremmo parlato dopo– rispose.
–Non te ne ha più parlato?
–No– ammise con una vocina triste.
–Volevi farlo ingelosire?– tirai a indovinare; la ragazza si lasciò scappare una risatina.
–L'avrei fatto, forse– ammise. –Ma niente, dato che sei gay. Mi sa che non sono il tuo tipo.
–Sì, va be', tranquilla– le dissi. –Cosa ti serve sta volta? Sempre il solito?
–Il solito– confermò.
–D'accordo.

Presi l'agenda, segnai quello che dovevo segnare e poi le dissi che i pacchi sarebbero partiti entro un paio di giorni.
–Però quelle bottiglie che vuoi non te le posso mandare normalmente– aggiunsi di corsa, giusto un secondo prima che lei mi salutasse e chiudesse la chiamata. –Le ultime che ho spedito si sono rotte in viaggio, e per ripicca hanno picchiato il mio collega. Non penso che potresti pestarmi, ma non voglio che arrivino rotte anche a te.
–Ah. E che faccio?
–Te le puoi venire a prendere di persona?– chiesi.
–Boh, hai intenzione di ammazzarmi se mi vedi?– chiese lei di rimando.
–No, dato che quasi metà dei miei guadagni vengono dal tuo portafogli– risposi. –Ma non posso prometterti che un mio altro collega non ti tocchi. Di solito è tranquillo e pacato, ma è meglio non farlo incazzare o potresti diventare un polaretto.
–Non lo farò incazzare– promise. –Me le vado a prendere di persona, allora.
–Okay– risposi.
–Okay– disse Hamaki. –Ci vediamo!
–Ciao– la salutai, e staccai la chiamata.

The Void Behind Your Eyes 2‐ShinkamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora