Capitolo ottantotto

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Hitoshi's pov

Aizawa mi aveva chiesto di vederci prima che cominciasse il mese nuovo, e anche ben prima dell'inizio della scuola. Mi chiedevo che caspita avesse questa volta.
Durante primi giorni della seconda metà di marzo, si presentò alla mia porta accompagnato da Eri.
La bimba stringeva fra le braccia Uma, il suo unicorno di nome Cavallo, ed aveva un'aria allegra.
Quel giorno mio padre era rimasto in ospedale come sempre, quindi era una buona occasione per me ed il sensei di parlare con tranquillità.
–Ciao ni-chan!– Eri mi salutò, poi si aggrappò a me e mi chiese di essere presa in braccio. Fui felice di accontentarla, vedendo che finalmente cominciava ad essere una bambina capricciosa come tutte le altre, non una che aveva paura anche della propria ombra.
La afferrai e la alzai in aria e lei, ridendo, rivolse un sorriso ad Aizawa. –Shouta, guarda! Sono altissima!
Lui si sforzò di sorridere, poi prese posto sul mio divano come se fosse a casa sua.
Attese pazientemente che noi finissimo di giocare e, quando Eri si fu stancata abbastanza ed ebbe voglia di fare merenda, lo raggiungemmo.
Mentre la bambina era alle prese sia con un ghiacciolo alla pesca che le si stava sciogliendo in mano sia con i miei gatti che la fissavano, io ed il mio insegnante ci guardammo negli occhi.
Ciò significava solo una cosa: non erano lì solo per farmi visita.

–Sai anche tu perché sono qui, vero?– mi chiese, lo sguardo rivolto alla bambina.
Scossi la testa. –Onestamente pensavo che fosse perché Eri volesse vedermi.
–Anche, ma non è questo il punto– ammise Aizawa. –Ci sono dei problemi per il suo affidamento...
–Non la può tenere per sempre, immagino– intuii.
Lui annuì. –Ha bisogno di una famiglia, ed io da solo non basto.
–Lei non mi sembra un cattivo padre, sensei– obiettai, guardando anch'io verso la bimba. –Eri è felice, mi sbaglio?
–Non è questo il punto– disse lui con un sospiro triste. –Lei mi è stata affidata temporaneamente, e solo perché era un'emergenza. Ma ora Eri ha imparato a gestire il suo quirk, ed il mio tempo come tutore sta per scadere. Non ha più bisogno della mia protezione, e non mi concederanno di tenerla ancora.
–E non la può adottare e basta?– domandai.
Aizawa scosse la testa. –No, oltre che gay, sono anche single. Le adozioni si fanno solo per le coppie etero, lo sai.
Sospirai anche io, un po' terrorizzato all'idea di cosa sarebbe potuto accadere. Le parole del mio professore erano vere. Eri non poteva diventare sua figlia. –Finirà in una casa famiglia? La prego, mi dica di no...
–È quello che vorrei evitare– rispose il sensei. –Ma non conosco famiglie idonee e disposte a prendersi cura di lei. Se non trovo nessuno, andrà ai servizi sociali. E sono qui da te per questo... aiutami, ti prego.

–Penso che a mio padre non dispiacerebbe affatto occuparsi di Eri– dissi io, pensieroso. –E lei adorerebbe l'idea di diventare effettivamente mia sorella.
–Il problema è sempre lo stesso, però– obiettò. –È single, e poi non è mai a casa. A nessun giudice andrà bene.
–Guardi, convinco Jirou a sposarmi ed Eri la adotto io!– proposi, nella speranza di alleggerire l'atmosfera che stava diventando pesante. –Non la lascio in un orfanotrofio, non mi interessa.
–Bell'idea, Mr. Mi-sono-dimenticato-di-essere-minorenne– obiettò. –Non te la daranno mai.
Restammo in silenzio per un po', pensando a che cosa fare. A Eri serviva una famiglia tranquilla, due genitori amorevoli che le potessero garantire una vita normale e felice.
E, pensando, mi si accese, in una metafora piuttosto azzeccata, una lampadina nel cervello.

*****

Il giorno dopo io, Eri ed Aizawa ci recammo a casa Kaminari.
Inemitsu ci attendeva sulla porta, i capelli sempre raccolti in una lunga treccia dorata ed un sorriso raggiante sul viso. Portava un lungo vestito bianco ed una giacchetta verde annodata sul fianco; era bella, gentile come sempre.
Le avevo telefonato il giorno prima per chiederle se se la sentisse di conoscere Eri e considerare di adottarla e lei, come avevo previsto, fece salti di gioia e mi disse di sì ancor prima di vedere la bambina.
Ci accolse tutti con calore; abbracciò me e fece un inchino ad Aizawa e poi si accovacciò all'ingresso per salutare la piccola.

–Tu devi essere Eri– le disse la donna con sorriso. –Piacere, io sono Inemitsu!
–Ciao– fece lei, timidina, e le strinse due dita con la mano. –Quindi tu sei la mia nuova mamma?
Inemitsu le sorrise, ricambiando la stretta. –Non ancora– rispose. –Dipende se a te va bene o meno.
Eri le strinse tre dita con la sua manina. –Ni-chan mi ha detto che tu sei una mamma molto brava, e io di lui mi fido. Quindi per me è okay.
–Ni-chan?
La bimba annuì, poi indicò me. –Hitoshi ni-chan.
Io arrossii, ma Inemitsu, se possibile, sorrise anche più di prima.
Dalla porta, in ritardo come sempre, arrivò anche Inazuma-san. Sembrava in forma, abbastanza ripresosi dallo shock dell'ultimo "figlio", e, per l'occasione, si era tirato a lucido.

Eri alzò gli occhi su di lui e lo salutò. –Ciao, sei tu papà?
Al sentire quella vocetta di bimba chiamarlo "papà", gli occhi di Kaminari Inazuma non brillarono, presero fuoco direttamente.
Lui si abbassò alla sua altezza, gioviale come un ragazzino. –Sei Eri-chan?– le chiese, e la bambina annuì.
–Piacere, tesoro!– esclamò allegramente. –Ma lo sai che sei proprio carina? Assomigli ad un unicorno!
L'aveva conquistata. Oh, se l'aveva conquistata..!
Dopo circa cinque minuti erano già diventati inseparabili ed Eri aveva deciso che avrebbe passato il resto della giornata (e probabilmente dell'infanzia) seduta sulle spalle di Inazuma a bere un succo di frutta.
Mentre lui la portò al piano di sopra a visitare quella che sarebbe diventata presto la sua stanzetta, io ed Aizawa restammo a parlare con Inemitsu a proposito dell'adozione.
Filò tutto più liscio dell'olio, così perfetto da sembrare impossibile. Loro due erano più che idonei all'adozione e difficilmente avremmo trovato qualcuno più entusiasta di Inemitsu, forse solo suo marito. Ad Aizawa i Kaminari piacevano anche un sacco, quindi davvero non ci fu alcun problema.

–Vi chiedo soltanto...– disse Aizawa alla donna bionda, dopo aver controllato che Eri non fosse nelle vicinanze. –...di non dirle niente riguardo Denki. Parlategliene quando sarà più grande, magari. È giusto che sappia, ma non è ancora il momento.
Inemitsu annuì. –Lo capisco.
–Più che altro, io non vorrei che pensasse che Denki e Chisaki sono uguali e ne restasse scioccata– aggiunsi io. –Ha già subito fin troppi traumi, per non avere neanche sette anni.
–Faremo del nostro meglio per tenerglielo nascosto– promise Inemitsu. –Anche se prima o poi sono certa che ci chiederà se lo conosciamo, dato che aveva il nostro stesso cognome.
–In tal caso...– rispose Aizawa. –...vedete voi. Se vi sembra il caso, parlargliene. Se no, aspettate che cresca.

Ci fu un attimo di silenzio, poi Inemitsu parlò. –Grazie mille per la possibilità che ci state offrendo. Dopo aver perso Denki, questa bambina è come un miracolo.
–Grazie a lei per aver salvato Eri dalla casa famiglia– rispose Aizawa facendo un inchino riconoscente. –Ve ne sarò grato a vita.

Le carte ufficiali vennero firmate poco più di una settimana dopo. 
Di norma ci sarebbe voluto almeno un anno ma, visto che Eri era un caso super speciale, supposi che volessero risolverla al più presto e levarsela dai piedi. E, inoltre, Aizawa dovette averci messo non una, ma almeno una dozzina di buone parole per velocizzare il processo a tempi record.

Ben presto, la bambina sarebbe andata a vivere in una casa tranquilla con due genitori amorevoli. Avrebbe avuto l'infanzia felice che io avevo sempre sognato, non considerando i traumi passati, ed i Kaminari erano al settimo cielo. Mi sentii orgoglioso di me stesso, quando li vidi tutti e tre felici insieme.
Anche Aizawa sensei quando lesse i vari documenti fu visibilmente soddisfatto, ma disse una frase che ai tempi non compresi: "Mal che vada, sono felice di aver chiuso con lei" sospirò, e sorrise, triste, come se avesse letto l'ultima pagina di in romanzo bellissimo.

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Questo è ufficialmente l'ultimo capitolo tranquillo prima della conclusione.
Ci vediamo martedì con l'inizio della fine ;)

The Void Behind Your Eyes 2‐ShinkamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora