Capitolo ottantasette

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Hitoshi's pov

–Sembri sconvolto– mi salutò Jirou, quando mi presentai alla porta del suo negozio.
–Oh, lo sono– risposi. –E sono pure stanchissimo.
–Che è successo?
–Lascia stare, sto trovando regali e dando consigli a tutti, oggi– sospirai. –Anche a chi non pensavo che dovesse farne e soprattutto riceverne.
Lei mi fece entrare, salutai sua madre e, passando da una scala sul retro, arrivammo a quella che, sebbene fosse casa loro, sembra solo un'estensione abitabile e più confortevole del magazzino.
C'erano dischi appesi alle pareti, un esercito di strumenti e casse messi in un angolo del salotto, ed una batteria mollata in mezzo ai piedi.
–Perdona il casino, mio padre lascia sempre tutto in giro– disse lei, un po' imbarazzata. –Andiamo in camera mia.
–Okay, tranquilla– dissi e la seguii su di un altro piano ancora, una specie di soppalco che era stato adattato per essere una stanza.
Quella casa era strana, una specie di accozzaglia di stanze messe qui e lì, nate probabilmente per uno scopo diverso da quello abitativo. Era molto confusionaria ma, nel complesso, si adattava alla perfezione al modo di essere alternativo della famiglia Jirou.
La stanza della mia amica era piena di cose, però era ben ordinata.
I colori dominanti erano il viola ed il grigio chiaro, ed aveva anche un paio di tende ed un tappeto nero. Aveva buon gusto, non c'era niente da dire.

Mi invitò a sedermi sul letto e lei prese posto sulla sedia davanti a me. –Allora, dimmi, come posso aiutarti?– mi chiese.
–Beh...– mormorai, un po' imbarazzato, pensando a come poterle spiegare che volevo fare un regalo al mio ragazzo criminale. –Volevo fare una canzone per il White Day, ma da solo non ci sarei mai riuscito.
Lei piegò la testa di lato, ma non mi sembrò né sorpresa né confusa. –È per Kaminari? 
Fu il mio secondo di silenzio di troppo a rispondere per me.
–Lo senti ancora, vero?– insistette.
Io annuii, ammettendo la sconfitta. –Non dirlo a nessuno, o siamo fottuti sia lui che io.
–Non lo farei mai, tranquillo– garantì con un sorriso a mala pena accennato. –Come sta?
–Forse anche meglio di prima– risposi, ed ero sincero. –Ora che la verità è saltata fuori, in realtà, lui è molto più tranquillo. E lo sono anche io.
–Non sei preoccupato sapendolo in mezzo ai villain?– chiese ancora, curiosa.
Alzai le spalle con un mezzo sorriso un po' nostalgico. –Lo sarei molto di più a saperlo in mezzo agli eroi, onestamente– risposi. –Lì è a casa sua, e non è nemmeno così male.
La ragazza dai capelli viola spalancò gli occhi, sorpresa. –Ci sei stato– intuì.
–No– mentii. –Denki me ne ha solo parlato.
–Shinsou, tu non hai mai saputo raccontare bugie– obiettò lei, dandomi capire che mi aveva scoperto. –Si capisce che stai mentendo.
Jirou non sembrava arrabbiata.
–Okay, ci sono stato, una volta– ammisi, gli occhi alzati al cielo. –Ti giuro che è un posto quasi normale.
–Quasi?
Non sapendo come andare a spiegarle momenti come quando Toga saltava addosso a Neito, a Dabi ed i suoi aperitivi o vedere Geten fare da mamma a Denki, mi limitai a dire: –A volte se ne escono con trovate interessanti, diciamo.
–Tutto ciò mi inquieta– fece lei.
Ripensai a quando Dabi si era preso una pallina da tennis nei coglioni, e nascosi un sorriso. –Nah, non necessariamente.
Lei mi sembrò ancora più inquieta e confusa di prima.
–Sono pazzi, anche abbastanza– tentai di spiegare. –Ma alcuni, soprattutto quelli vicini a Denki, non sono male. Ti giuro.
Probabilmente a causa dell'ostilità e dei pregiudizi che aveva nei confronti di queste persone, Jirou si limitò a storcere le sopracciglia.

–Quindi... non sono cattivi?– domandò, ella stessa molto dubbiosa.
–Oh Buddha, dipende– risposi. –Ho imparato che tanti criteri di giudizio dipendono dal punto di vista. Per come li vediamo noi sì, sono cattivi, ma loro si immaginano più come dei rivoluzionari che vogliono cambiare il mondo.
–Ah...
–Ammetto che hanno dei metodi violenti– aggiunsi, mettendo le mani avanti. –Ma sono fatti così.
–Anche Kaminari-kun?
–Denki... è un po'... un po' tanto aggressivo, a volte, quando si arrabbia– ammisi, riluttante. –Ma cattivo... cattivo no.
Lei si lasciò andare ad un sorriso sincero. –Mi fa piacere!– esclamò. –Se lui fosse stato davvero malvagio, penso che sarei impazzita.
–Gli vuoi bene, eh?– chiesi.
La ragazza arrossì leggermente. –Già.
Alzai un sopracciglio, notando il suo imbarazzo. –Lui ti piace, vero? Puoi dirmelo, non mi offendo.
–Già– ripeté ancora, le guance belle rosse. –Ma stai tranquillo, non proverò mai a...
–Lo so– la bloccai. –Non preoccuparti, non sono geloso. Non sei la prima mia amica a cui Denki. C'è un mio amico che è cotto.
–Davvero?
–Diciamo che tra me e lui non so chi ci abbia flirtato di più con Denki, ma va bene– dissi. –E poi, beh...– aggiunsi, facendole l'occhiolino. –Io per primo ammetto che è difficile non prendersi una cotta per quel deficiente.

The Void Behind Your Eyes 2‐ShinkamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora