Prologo

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Mi chiamo Anna Ribaldi, per gli amici Ann.

Anche se di origini italiane io e la mia famiglia ci siamo trasferiti in Thailandia quando ero molto piccola, perciò ci sono cresciuta.

A diciott'anni ho iniziato a frequentare un'università, la quale si trovava molto lontano da casa mia. Ciò poteva solo essere un bene, considerando inoltre che con me sarebbe venuto anche il mio miglior amico di sempre: Pharn.

In un certo senso sono una ragazza particolare: adoro giocare a calcio e con i videogiochi, anche se non in modo agonistico come la maggior parte dei miei amici.

Nella mia vita tutti hanno imparato a non sottovalutarmi e anche se sono una ragazza sono ben accetta anche nei gruppi maschili.

C'è una cosa però che dovete sapere su di me, prima di avvicinarvi troppo: odio i gay con tutta la loro comunità di merda. Perciò se ne fate parte con me non avete speranze, anzi, vi conviene scappare.

-

La mia vita da universitaria era iniziata solo da poche settimane ma avevo già trovato il mio posto più che perfetto dove rilassarmi e fermarmi a riflettere. Il quale, altri non era, che gli spalti del campo da calcio del campus.

Era decisamente molto più rilassante quando nessuno giocava. Quando gli spalti non si riempivano di ragazzine ormonali che urlavano sperando che qualche giocatore si togliesse la maglietta.

Tuttavia, quel giorno sarebbe scoppiata la bomba, e anche se ancora non lo sapevo ero comunque già di mio fin troppo disperata per godermi il silenzio rilassante e lo spazio aperto.

Ero sdraiata a pancia in su sui gradoni, con le mani incrociate dietro la testa. Quando vidi sopra di me comparire la testa sottosopra del mio migliore amico Pharn.

«Ti hanno friendzonata di nuovo?» Rise delle mie disgrazie.

Piagnucolando mi voltai su di un lato in modo da non guardarlo direttamente negli occhi.

Pharn si sedette di fianco a me, mentre le parole della mia nuova ex cotta mi risuonavano nella mente.

"Oh, allora ti piaccio... ecco... io penso che tu sia davvero fantastica, ma non riesco proprio a vederti come una ragazza".

«Mi spieghi cosa cavolo vuol dire?! Perché me lo dicono tutti?»

«Vuol dire che sei troppo maschiaccio per essere vista come una donzella carina ed elegante con cui fidanzarsi.» Mi derise ulteriormente.

«Non sono affatto un maschiaccio, ho i capelli lunghi.»

Ed era vero. Lunghi e lisci capelli castani che in Thailandia attiravano sempre l'attenzione.

«Ti sei rifiutata di indossare la divisa scolastica femminile.» Mi ricordò quello che avrebbe dovuto essere il mio migliore amico.

«Le gonne della divisa femminile sono fatte apposta per farti guardare le mutande dai pervertiti e per far fantasticare i professori pedofili.»

«Sì, ma quei pantaloni lunghi e larghi non ti aiutano di certo con i ragazzi.» Rispose Pharn zittendomi.

Iniziò ad accarezzarmi i capelli.

Adoravo quando qualcuno lo faceva, ma quando lo faceva lui significava solo che aveva brutte notizie e che stava cercando di tenermi calma.

«Cos'è successo?» Chiesi già irritata.

«Ecco... ho scoperto una cosa, in realtà è una voce, non sono sicuro che sia vero...»

«Parla...» Dissi incerta sul mio effettivo desiderio di sapere di cosa si trattasse.

I hate you for realDove le storie prendono vita. Scoprilo ora