-Quello è il mio letto- voce ferma e fredda.
-Oh, scusa, non volevo- voce rilassata e calda.
-Hai calpestato le mie scarpe- disse di nuovo la voce fredda.
-Scusa, non le avevo viste- rispose a sua volta l'altra.
Erano due ragazze, a quanto pare non andavano d'amore e d'accordo, che si ritrovarono l'una compagna di stanza dell'altra, senza nemmeno sapere i loro nomi. E, a quel passo, non sarebbero nemmeno arrivate alle presentazioni.
La porta si aprì, con qualche cigolio, per mostrare una figura alta e ingobbita, che avvertì della propria presenza con una sottospecie di smorfia, o grugnito. Qualsiasi conversazione cercavano di avere, se effettivamente poteva essere chiamata conversazione, si interruppe.
-Hessen?- chiamò la voce graffiante e affaticata di quella che si scoprì essere la sorvegliante, una delle tante -Sei. Stata. Spostata- sbuffò.
-Stanza?- tagliò corto la diretta interessata.
-218- e poi se ne andò, lasciando Clary Hessen e le sue valigie completamente sfatte sole, o meglio, assieme ad una coinquilina sicuramente peggio della prossima.
-Allora, per fotografia che compiti hai?- chiese Andromeda, stesa sul suo letto, con tanto di pigiama colorato e libro aperto in mano.
-Solamente perché ritieni quel libro noioso, ciò non significa che sei autorizzata a snobbarlo per parlare con me!- ridacchiò Georgia, piegando alcuni dei suoi maglioni preferiti.
-Ehi, il mio libro è interessante, non lo sto snobbando!-
-Quindi leggi al contrario? Forte, quando hai imparato?- le fece notare lei, mentre si sedeva accanto ad un mucchio di cuscini nel suo letto.
-Al diavolo il libro, sei libera oggi? Ci facciamo una passeggiata per i giardini, così incontriamo un pò degli Invasori Indegni...- l'amica imitò una voce bassa, trovando una scusa per potersi distrarre dai suoi compiti.
-Invasori Indegni, eh? Vedremo, probabilmente devo fare un paio di scatti per la mostra di venerdì, la Laurent pretende sempre il massimo quindi...- la ragazza venne interrotta da dei colpi alla porta.
-Vado io- propose Andromeda, alzandosi per andare ad aprire, volendo mostrare il pigiama colorato.
-Signorina Tyssian?- chiese cortese un uomo in divisa.
-Mi dica- sorrise la ragazza, rimanendo gentile, nonostante lui la avesse disturbata.
-Mi dispiace comunicarle che è stata spostata nei dormitori dell'ala est. Siamo spiacenti, non si preoccupi per valigie ed effetti personali, manderemo la sorvegliante ad occuparsene. La stanza è la...- ci fu un momento di silenzio mentre gli occhi color legno frugavano attenti in una lunga lista di nomi -... 321. Grazie della comprensione, buona giornata- salutò l'uomo per poi andarsene.
--Grazie a lei, arrivederci- sorrise nuovamente Andromeda, rimanendo quasi impassibile.
Poi si chiuse la porta, con un tonfo improvviso che fece sobbalzare Georgia, ancora stesa sul letto.
-Giorgi, abbiamo un problema-
Quella mattina Georgia venne separata dalla sua unica amica, l'unica persona di cui si fidava davvero, come un punto di riferimento, delle braccia da cui correre al riparo. Lei, che per fare davvero amicizia impiegava fiducia, sforzi e molto tempo, si ritrovò separata dalla sua unica ancora.
Nel frattempo, mentre Andromeda preparava i bagagli per spostarsi e Georgia versava due leggere lacrime di paura, un certo Dennis era a girovagare per i corridoi della scuola. E quando s'intendono i corridoi della Lefevre, beh, è come tuffarsi tra le pagine di un libro, senza badare nemmeno alla copertina.
Uno scatto.
Un passo.
Un'altro scatto.
Un altro passo.
L'obbiettivo inquadrava perfettamente il volto coperto da ciocche ribelli, gli occhi fissi al pavimento, con la parvenza di un pensiero fisso che lo distraeva dal mondo circostante.
Ma, ecco, osservare una persona attraverso un'obbiettivo, ti fa focalizzare su vari aspetti.
Aveva ogni singolo capello talmente biondo da apparire bianco, color cenere, quasi come se quel biondo giallognolo che aveva da piccolo si fosse spento, e ora sono rimaste solo le ceneri di quella spensieratezza infantile.
Gli occhi erano coperti da grandi occhiali dalla montatura argentea, due grandi cerchi incorniciavano le iridi di un verde profondo, un colore che ricordava le chiome degli alberi in primavera. Il taglio dell'occhio era stretto, sembravano due mandorle, le ciglia invece erano chiare e lunghe, accarezzavano quelle occhiaie violacee.
Le labbra erano tirate in una sottile linea, ma rosee e delicate come dei petali di fiore; Non erano di quelle labbra screpolate, ferite o tagliate, né tantomeno un cimitero di morsi dovuti ad ansia e preoccupazione, solo ben curate, tanto da sembrare scolpite.
Aveva un colorito quasi cadaverico, una pelle nivea che risplendeva sotto la luce che di tanto in tanto filtrava dalle alte vetrate del corridoio. Delle lentiggini decoravano il naso all'insù, infine la mascella era ben scavata, il mento appuntito e i collo lungo coperto dal colletto della divisa.
Fu un sospiro ad interrompere il momento. Tutto era sospeso in un momento, indefinito ed infinito, poi da un lieve sospiro il tempo tornò a scorrere.
Lo sguardo di Dennis cadde verso l'obbiettivo, si udì uno scatto proprio quando le iridi incrociarono lo sguardo della lente.
Il fotografo allontanò la macchinetta dall'occhio, osservò meglio la foto ottenuta, ammirandola rapidamente.
-Cos'era quello?- chiese il soggetto della foto.
-... Arte- ammise il fotografo.
-Chi è l'autore, lì dietro?- chiese Dennis, non riuscendo a scorgere il volto.
-Come ti chiami?- domandò il fotografo, ignorando la domanda.
-Dennis Berret- rispose.
-Grazie, Dennis- sorrise lui, alzandosi da terra, doveva aveva scattato dalla giusta angolatura la foto, e sparendo dietro ad una colonna. Poi il rumore dei passi giù per le scale si fece sentire come a voler dettare il tempo, di lì in avanti.
Un bussare alla porta fece smettere Georgia di abbracciare il suo cuscino, la fece alzare per andare ad aprire, sperando in un'Andromeda sorridente pronta a tornare da lei.
Invece, era una ragazza qualsiasi, un volto sconosciuto, una persona mai vista prima, davanti alla sua porta.
Georgia iniziò a capire, a farsi un'idea di cosa stesse succedendo. Dentro di sé c'erano mille voci che le suggerivano aspetti a cui prestare attenzione, parole giuste da dire, un modo giusto in cui comportarsi, ma da fuori sembrava aver visto un fantasma.
Delle valigie ed una divisa diversa.
Alla porta era appeso, luccicante e ben lustrato, il numero della camera, 218.
-Piacere, Clary Hessen. Non ho tempo per le presentazioni, solo, fammi entrare e non parlarmi- sbuffò la ragazza, innervosita dl cambio di stanza.
Georgia non fiatò, si fece da parte e la lasciò entrare.
La camera, ordinata com'era, si trasformò in un disastro di vestiti e libri sparsi.
-scusa, come hai detto che ti chiami?- chiese dopo un pò Clary, mentre sistemava alcuni libri sopra una delle due scrivanie.
-Non l'ho detto- fece osservare -Comunque, Georgia- tentò di sorridere.
-Mh... il mio già lo sai. Senti, vado a farmi un giro, sono nuova di qui. Ci si vede!- e in poco tempo la ragazza sparì dalla stessa porta da cui, poco più di qualche minuto prima, era entrata.
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Hi Ragy, ci è voluto giusto un pò per scriverlo, quindi lasciate una stella e commentate :) presto aggiorno anche l'altra storia, promesso.
Bye And All The Love <3
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The Name of Love
Romantizm"Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore... se mi odi, sarò sempre nella tua mente" lesse ad alta voce lui, sotto la luce fioca della candela che gli scioglieva lo sguardo; accarezzava le parole con la stessa...