Capitolo 26.
Per arrivare all'alba, non c'è altra via che la notte.
(Kahlil Gibran )
A volte ad Hermione sembrava di toccarlo quel dolore, che sentiva ancora vivo e pulsante, che si annodava partendo dalle viscere.
Anelava la morte, per congiungersi con il suo angelo, quel bimbo concepito nella rabbia dell'odio, e che aveva perso ancora prima di poterlo stringere.
Non si dava pace, se chiudeva gli occhi veniva risucchiata come da un gorgo.
Ci provava a risalire dal fondo di quell’angoscia senza fine, ma spesso si trovava a scontrarsi con se stessa, con quella minuscola parte logica che la stava salvando dalla follia, che le urlava nell'animo di farsi forza.Gli occhi di Hermione sembravano grida taciute, mentre quelli di lui bruciavano di rimorso che come un fuoco ardeva all'interno consumandolo.
La notte Draco la sentiva piangere , quasi avesse timore di una sua reazione, soffocava i singhiozzi nel cuscino per ore, finchè sfinita non si addormentava.
Lui si sentiva un viandante che, perso in mezzo alla tormenta, non vedeva la strada innanzi a lui, perchè aveva la vista offuscata da stupidi pregiudizi.
E poi come consolarla? Proprio lui che era stato l’artefice della morte di quel bambino? Così rimaneva zitto, incapace di un gesto di consolazione esplicito, rimanendo solo lì al suo fianco, come a ricordarle che non era sola in quella tragedia.
Ma anche Hermione taceva, avrebbe voluto parlare, sfogarsi, ma il muro di silenzio, l’evidente senso di colpa di lui la trattenevano dal dire nulla. Una parola sarebbe stata troppo poco, due troppe, così affrontava da sola i suoi fantasmi, comunque grata dalla presenza costante di Draco, da cui in qualche modo traeva conforto.Silenzi fatti di sguardi, ecco come cercavano di venire a patti con se stessi.
Ogni tanto il vecchio Draco " bussava " imperioso, messo subito a tacere dai suoi sensi di colpa.
Si sentiva responsabile per non aver potuto fare nulla per evitare quell’evento, e così il peso del suo gesto si sommava al dolore, e questi gli pesavano come macigni, riempiendo il suo cuore che flebile cominciava a pulsare.
Cercava di fare ammenda, anche se alla sua maniera sicuramente poco ortodossa.
I giorni trascorrevano frenetici al manor.
Hermione stava riacquistando le forze sotto la attenta supervisione di Narcissa, che le girava intorno come una chioccia rimpinzandola ai pasti, e assicurandosi che bevesse tutte le pozioni che le servivano per accellerare la guarigione.
- Mangia tutto quello che hai nel piatto! -Le intimò a colazione quella mattina, quasi parlasse ad una bambina.
- Ma non mi ci sta neppure un altro boccone! - Pigolò sazia e pronta ad esplodere, non era mai stata una grande forchetta.
- Devi essere in forze, oggi inizia l'allenamento, non vorrai farti vedere debole. – La stuzzicò, per spingerla a fare come le diceva.
Draco che stava entrando in quel momento, scocciato s'intromise.
- Piantatela madre, non è un oca all'ingrasso. Ed inoltre non vorrei trovarmi una mongolfiera tra le lenzuola. -
-Draco, Malfoy! - Esclamarono entrambe. Una imbarazzata e l’altra indignata.
- Che ho detto?! - Esclamò lui, finto ingenuo, mentre si versava del caffè ed addentava una fetta di torta di mele.
- Frena la lingua in mia presenza, le tue attività ludiche tra le lenzuola non sono di mio interesse. – Lo riprese la madre. Suo figlio non aveva il minimo contegno.
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Serva Di Un Solo Padrone. (Dramione)
Fanfictionin un mondo oscuro fatto di sangue, padroni e asserviti, dopo la morte di Harry Potter, Voldemort gioca a fare Dio con il mondo. Ora una nuova contorta idea è balenata nel suo cervello corrotto. A farne le spese sette giovani rampolli di nobile sang...