Pelle Bianca, Occhi di Ghiaccio

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-Arabella!- Una voce familiare mi aveva chiamato. 

Aprii gli occhi. Mi trovavo sdraiata in una stanza bianca, senza porte né finestre, ma illuminata da una luce fredda e accecante. La riconobbi subito. Era la stessa stanza che avevo sognato quel famoso lunedì, lo stesso in cui avevo incontrato Jarvis.

-Arabella!- era la stessa voce di poco prima, femminile, chiara e limpida. Chiunque la pronunciasse, non si trovava nella mia stessa stanza. Mi alzai e mi avvicinai al muro, alla ricerca della stessa porta da cui ero passata la volta precedente. La trovai abbastanza facilmente, quindi l'aprii e la varcai, entrando nello stesso corridoio buio che non pareva avere una fine.

La voce parlò ancora. -Vieni- mi disse.

Provai a seguirla, ma sembrava provenire dal muro del corridoio. Non c'erano porte. La voce continuava a chiamarmi. Sferrai un pugno al muro, sfondandolo e creando un buco delle dimensioni della mia mano. Dall'apertura, filtrava un bagliore freddo, tendente al violaceo. Aiutandomi con calci e pugni, allargai il buco abbastanza da poterlo attraversare.

-Finalmente.- disse la voce, con un'aria tra il trionfale e lo scocciata. Fu in quel momento che ne riconobbi la proprietaria. -Meg?- chiesi.

Mi trovavo in una stanza minuscola, angusta, soffocante. Anche questa era vuota, ma era decisamente più buia di quella in cui mi ero svegliata. Al centro della stanza, c'era una parete di vetro, al di là del quale una piccola lampada abatjour emanava l'anomala e sinistra luce viola che avevo scorto poco prima.

-Arabella, ho bisogno di aiuto.- 

Dalla penombra uscì Margaret Grace, ma, con mia sorpresa, non le somigliava affatto. La sua caratteristica chioma corvina era, invece, canuta, i suoi occhi grandi e celesti erano del colore del ghiaccio. Margaret non indossava nessun capo alla moda, niente lupetti a collo alto, niente jeans skinny. Una camicia da notte bianca, a righe, le cadeva fino a sotto le ginocchia. Sopra, indossava un cardigan giallognolo, sbottonato. Sul polso, invece, portava un braccialetto bianco con sopra un'iscrizione, indecifrabile a causa della poca luce, ma non avevo bisogno di leggerlo per riconoscere da dove proveniva quell'uniforme.

-Ravenswood.- dissi ad alta voce. Era vestita esattamente come Mary nella foto sull'articolo che mi aveva mostrato Violet riguardo Jasmine. -Meg, perchè sei così strana?- le chiesi.

-Non c'è tempo. Porta dell'aglio.- disse solo, lo sguardo vuoto, la voce implorante. 

Perchè quei capelli, quegli occhi? Perchè quell'uniforme? Era tutto così enigmatico. Sentii una fitta alla tempia e la mia vista cominciò a sfuocare. Persi l'equilibrio e caddi.

***

Mi svegliai di soprassalto nel mio letto; ancora una volta, una pozza di sudore sulle lenzuola. Era mattina, circa le otto. Mi alzai e andai in bagno a farmi una doccia. 

Mentre lavavo via il sudore sotto il flusso dell'acqua gelida, ripensai alla visione. Non impersonavo qualcun altro, come era successo, invece, le altre volte. Proprio come quel famoso lunedì, mi trovavo in quella stanza ambigua, con quel corridoio infinito. Per la prima volta nelle mie visioni, ero me stessa e parlavo con qualcuno, Margaret Grace, con quell'aspetto insolito, che non le apparteneva. Decisi che ne avrei parlato con Riley e con il gruppo.

Erano passate due settimane dal nostro primo bacio. Io e Riley avevamo deciso di provare a metterci assieme, a fare coppia. Con lui mi sentivo bene, a mio agio. Era così dolce e gentile, ma contemporaneamente vivace e divertente. Negli ultimi giorni, stavo padroneggiando la mia telepatia e mi divertivo a fargli qualche scherzo innocuo a scuola o nelle riunioni del gruppo. Lui sembrava divertirsi. Andavamo d'accordo, tutto sommato.

Noumenon - Premonizioni #wattys2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora