Ravenswood

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Il giorno seguente, era un sabato, mi svegliai sul presto. Erano passati circa venti giorni, da quando Riley mi aveva spiegato, nella caffetteria da Meds, la storia del Noumenon. Quel giorno, tra le varie cose, aveva anche ipotizzato che il mio vero cognome non fosse Smith, ma che facessi parte di una nobile famiglia italiana di medium, i Sartori. Con mia madre non ero ancora riuscita a parlarne, giusto qualche accenno durante cena, ma per il resto, a furia di uscire e vedermi con il gruppo, non avevo avuto ancora tempo di tenere una vera conversazione con lei. Mia madre il weekend non lavorava, in più, quella mattina, Liam ancora dormiva. Mi sembrò il momento più adatto.

-Ciao, ma'- la salutai, scoccandole un bacio sulla guancia.

-Ciao, Bella. Dormito bene?- mi chiese lei. Mia madre era una donna sulla cinquantina. Era alta, il fisico un po' deperito. I suoi capelli dorati cominciavano a ingrigirsi, sul viso abbronzato, qualche ruga d'espressione si pronunciava. Per mantenerci, mia madre era costretta a fare due lavori, la mattina la segretaria in un ufficio, la sera, per arrotondare, si occupava di fare le pulizie in un studio dentistico. L'ammiravo molto: la trovavo determinata e resiliente. Non si era fatta abbattere dall'abbandono di mio padre, aveva perseverato. Era come una guerriera, ai miei occhi.

-Sì.- risposi. La fissavo. Come posso chiederglielo? Pensai. -Senti, mamma, volevo chiederti qualcosa su papà.- dissi poi. Di mio padre non parlavamo molto. Mia madre era consapevole del fatto che eravamo ancora abbastanza in contatto, e sembrava le bastasse sapere questo. Io, però, avevo bisogno di conoscere.

-Certo.- disse lei, distratta. Aveva tirato fuori dalla dispensa il preparato per i pancake del supermercato e stava leggendo le istruzioni sul retro della scatola.

-Ecco, papà e la zia Carla sono italiani, vero?- incominciai.

Lei annuì. -Certo, cara, te l'ho già detto.-

-Lo so, ma c'è di più. Volevo sapere: perché, anche se sono italiana, il mio cognome non lo è?- domandai poi. Mia madre alzò gli occhi dalla confezione dei pancakes e mi guardò. Dal suo sguardo trapelava un'emozione di disagio.

-Come mai questa domanda?- mi chiese.

-Non ci hai mai pensato?- feci io, l'aria investigativa -Mi chiamo Smith, ma sono italiana. É assurdo!-

-Be', ma se è il tuo cognome... non puoi farci nulla.- mia madre faceva la finta tonta, ma sotto sotto sapevo che stava provando a nascondermi qualcosa.

-Mamma, lo capisco quando provi a mentirmi. Non ti vedrò proprio tutti i giorni, ma ti conosco da quando sono nata!- l'ammonii.

Mia mamma sgranò gli occhi bruni, sembrava agitata.

-Mamma, a me puoi dirlo.-

-Senti, Bella,- incominciò, dopo essersi guardata furtivamente attorno -devo chiederti una cosa: per caso, hai sognato qualcosa di anomalo da quando hai compiuto diciassette anni?-

Beccata!, pensai. Avevo ragione a credere che mi stava nascondendo qualcosa.

-Infatti.- risposi.

Mia mamma sembrava agitata e, a quanto pareva, sapeva qualcosa anche della storia delle visioni. Mi si avvicinò e mi disse sottovoce: -Bella, se ti abbiamo cambiato cognome è solo per tenerti al sicuro. Nessuno deve sapere che non sei Arabella Smith, ricordatelo sempre.-

-Mi hanno detto,- incominciai, sempre sottovoce, -che potrei essere Arabella Sarto...- mia madre mi tappò la bocca, la mano sudata, gli occhi nel panico.

-Non dirlo mai ad alta voce, Bella. Me lo prometti? Ne va della tua sicurezza.- mi intimò. A quanto pareva, la storia del cognome che mi aveva detto Riley era vera. Come mai tutta quella segretezza? Volevo chiederle così tante cose, ma sembrava proprio che non volesse parlarne. Eppure, avevo il diritto di saperne di più.

Noumenon - Premonizioni #wattys2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora