L’abbondante pioggia di un freddo cielo autunnale annegava nei campi sterminati, non ancora in grado di partorire spighe inneggianti al sole dell’estate, intrise di vita e luce. Ogni singola goccia si perdeva nell’accogliente abbraccio di quelle fertili terre dell’Oregon, senza fare il minimo rumore. Il silenzio sembrava regnare sovrano, interrotto solo dal brusco passaggio di un treno merci, che come bestia a stento addomesticata, mordeva i binari con le sue rotaie, imponendo la sua presenza tra le docili pianure.
Nell’ultimo vagone, seduto tra alcuni sacchi di frumento e frastornato dalla stanchezza, Jeff sentiva lo scorrere del tempo scandito dal rumore degli ingranaggi. Portò svogliatamente una sigaretta alla bocca, cullato dalle oscillazioni del treno.
Spostarsi dalla costa occidentale a quella orientale era stata un’impresa tutt’altro che facile, ma doveva impedire che la polizia lo braccasse: a quell’ora lo stavano sicuramente cercando negli stati immediatamente confinanti al Tennessee (ultimo posto in cui aveva fatto le sue “visite”); nessun poliziotto credette che il giovane assassino avesse uno spostamento così drastico. Ciò che rendeva maggiormente Jeff the Killer inafferrabile era proprio la sua totale imprevedibilità, e la lucida, geniale follia, che gli consentiva di prevedere le mosse dei suoi inseguitori. Inoltre, non operava mai in nessun territorio se prima non lo studiava nei minimi dettagli, in genere per comprendere in che modo avrebbero operato le forze dell’ordine, e per cercare posti sicuri, eventuali vie di fuga. Gli venne da ridere pensando che, forse, avrebbe potuto diventare un valido stratega nell’esercito degli Stati Uniti, anziché una specie di cancro ambulante, che uccideva tutto ciò che lo avvicinava . Studiò la cartina dell’Oregon nei minimi dettagli, e se i suoi calcoli erano precisi, di lì a poco sarebbe giunto a destinazione.
Guardò il suo orologio: ore 23.22. Si alzò lentamente, recandosi presso l’enorme sportello laterale del vagone. Sentiva ormai che era arrivato a destinazione, perché il treno cominciò a rallentare.
Aprì lentamente lo sportellone, osservando la nuova, promettente meta che gli si parò davanti. Un agglomerato urbano non troppo grande, contornato da una zona rurale, circondato da boschi estesi, si preparava ad accoglierlo riluttante. Il nome della cittadina era Oldfield.
« Oldfield…» Jeff pronunciò quel nome tre volte, come una breve litania, mentre il suo sguardo ceruleo sembrò brillare di una lugubre luce; fu di nuovo invasato dalla sua bestia, quella che lui avrebbe domato solo facendosi sbranare come un’antilope da un branco di leoni. La sentiva bruciare fin dentro le ossa, attendeva impaziente che fosse soddisfatta.
« Non sono bellissimo?» sussurrò sfiorandosi il viso deturpato, rievocando nel suo delirio una storia iniziata diciassette anni prima, destinata a ripetersi fino alla fine dei suoi miserabili giorni.
Cominciò a sghignazzare, per poi allargare la sua bocca in una risata che nessuno mai avrebbe voluto vedere, perché orribilmente accentuata dalle cicatrici ai due lati del viso.
Jeff attese che il treno fosse quasi fermo per saltare giù e sparire nel fitto bosco che guardava con bramosia. Gettò via la sua cicca di sigaretta e saltò, continuando a ridere.
Quella notte, i boschi di Oldfield udirono gli ingranaggi di un treno e una risata a stento celata dalla fitta vegetazione.
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Più del suo pugnale. (Jeff the Killer)
ФанфикLui: un assassino seriale, sfuggito alla giustizia per diciasette anni. Lei: una giovane costretta a fare del suo corpo una merce. Entrambi reietti (seppure per diversi motivi), sopravvivono in quello stesso mondo che li ha partoriti per poi rinnega...