Bob

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Procedendo in direzione opposta al centro città, esattamente per la strada statale costeggiata da boschi, ci si imbatteva, dopo circa mezzo chilometro, in un incrocio scarsamente illuminato, con una sola indicazione verso Oldfield. Al di là di tale crocevia, un piccolo sentiero in ghiaia conduceva a una casa indipendente, la quale, anche se celata da alcuni alberi, era comunque ben visibile. Le sue fattezze suggerivano un’abitazione abbastanza rustica e non molto curata, ma nel complesso piacevole da vedere. Fu proprio in quella casa che Bob entrò, con un po’ di difficoltà dovuta a qualche bicchiere di troppo. Tentò circa due volte di inserire la chiave giusta nella serratura, e al terzo tentativo (contornato da una bestemmia appena bofonchiata) vi riuscì. Entrò, avvertendo lo sgradito tepore di casa sua, che invece di recargli sollievo, gli procurò una stretta al cuore, intrisa di amarezza e nostalgia. Riuscì a reprimere una lacrima, mentre tolse il suo cappotto per assicurarlo all’appendiabiti.

 Placidamente si recò in un salotto adiacente all’ingresso: lì accoglieva coloro che gli dedicavano il loro tempo per alleviare la sua maledetta solitudine. Dalla vetrina dei liquori, sita proprio alla sua destra, prese una bottiglia di Rhum e due bicchieri, che poggiò su un  tavolino che si trovava tra due poltrone, al centro della stanza: si sedette sulla poltrona rivolta verso un camino spento, ai cui lati di quest’ultimo c’erano due grandi finestre che illuminavano la stanza con la luce lontana di un lampione. Era finalmente seduto, con le spalle rivolte verso l’ingresso. Girò nuovamente il suo sguardo verso la sua vetrina di liquori, dove intravide, appena dietro le bottiglie, il suo amato fucile, che per anni lo aveva accompagnato nella caccia. Si versò del Rhum e guardò nel vuoto dinanzi a sé, convinto che quella sera avrebbe riposato.

Non passò molto tempo che udì la porta dell’ ingresso di casa chiudersi. Il rumore lo destò dal leggero torpore nel quale ormai stava entrando. Non mosse un solo muscolo, per meglio sentire i passi quasi impercettibili che attraversarono l’ingresso di casa sua: si avvicinavano sempre di più, finché non cessarono proprio all’entrata del suo salotto. Per un tempo che sembrò un’eternità, la presenza che Bob aveva alle sue spalle restò ferma. Sentì puzza di alcool e sangue, per cui realizzò di non essersi sbagliato.

« Vieni avanti, figliolo.» disse stancamente il cacciatore.

Per tutta risposta, udì un sussulto che lo fece sorridere: comprese di aver colto di sorpresa lo sconosciuto visitatore.

Riprese a dire, con la stessa flemma: « Siediti. Versati del Rhum, se vuoi.» indicando la poltrona di fianco alla sua.

Udì nuovamente i passi avvicinarsi alla sua poltrona, stavolta più rumorosi e incerti. Continuando a fissare dinanzi a sé, intravide, con la coda dell’occhio, l’alta corporatura di un uomo dai capelli neri e il viso pallido, che gli si ergeva di fianco. Non aveva bisogno di guardarlo negli occhi per comprendere quanto fosse perplesso. Alzò lo sguardo verso la parete del camino, sulla quale, nonostante il buio, si notava con chiarezza la foto di una donna di mezza età, piuttosto attraente, dal sorriso rassicurante e piacevole.

Bob la fissò, le sue labbra si mossero in un sorriso che sembrava più una smorfia di dolore. Dopo qualche secondo, i suoi occhi divennero lucidi. Restò fermo a fissare quella foto per almeno mezzo minuto, incurante dello scorrere del tempo e dell’evento che di lì a poco avrebbe segnato la sua esistenza.

Quando finalmente si ricordò del suo inatteso ospite, gli chiese: « Come ti chiami? »

Più del suo pugnale. (Jeff the Killer)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora