Tre settimane dopo

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Jeff decise che avrebbe dovuto starsene buono per un po'. I piedipiatti avevano cominciato a stargli alle calcagna, ma sapeva come risolvere il "problema". Gli bastava smettere di uccidere e aspettare che lo stato di allerta si abbassasse, permettendogli così di mandare a dormire qualcun altro...era sempre la stessa storia, in tutti gli stati che visitava. Erano passate tre settimane dal suo assalto alla famiglia nel quartiere di Wernicke, ma sapeva che avrebbe dovuto attendere ancora prima di colpire nuovamente.

Ripensò alla prostituta incontrata quasi un mese prima, al suo corpo così scoperto e attraente... La osservava spesso mentre avvicinava clienti al bar o sotto al lampione dall'altro lato della strada, anche se non le aveva più rivolto la parola. Gli capitò anche di spiarla diverse volte, dal suo rifugio nel bosco, specialmente quando lei guardava fuori dalla finestra della casa nella quale viveva con le sue colleghe. Come a una preda particolarmente difficile e per questo maggiormente desiderabile, Jeff amplificò le sue "attenzioni" verso di lei. Sapeva che per arrivare a sgozzare quell'esile collo, avrebbe dovuto eliminare almeno il pappone, per far sì che nessuno potesse più proteggerla; ma anche arrivare a lui era piuttosto difficile, dal momento che faceva continui spostamenti tra la casa delle prostitute, il bar e altre zone fuori città. Abbandonò il pensiero di quella ragazzina, per dedicarsi a godere i suoi drink in santa pace: di lei si sarebbe occupato più avanti.

Era di nuovo al bar, stavolta un po' brillo. Aveva consumato un elevato quantitativo di alcolici che lo resero un po' abbattuto, ma ancora sufficientemente attento da cogliere le conversazioni degli altri clienti.

« Maledizione, Tom! Come se questa sudicia città non facesse abbastanza schifo da sola... ».

Jeff girò leggermente la testa in direzione della voce che aveva pronunciato quelle parole: un uomo sulla sessantina, calvo e dagli intensi occhi azzurri, discorreva con un altro di corporatura molto robusta e dalla folta barba bruna, che il killer riconobbe come il tizio che si ubriacava sempre di Whiskey.

« Hai ragione, Bob. Questa città sta cadendo a pezzi. Ci mancava un pazzo che va in giro sterminare gente.» biascicò Tom in tutta risposta.

« Se becco quel bastardo, gli riempio il culo di proiettili! Lo giuro sulla buonanima della mia Rachel. Un altro bicchiere di Whiskey, Frank!» esclamò l'uomo che l'altro aveva chiamato Bob.

« So che non sono affari miei, ragazzi, ma dovreste restare sobri, e tenere gli occhi aperti.» rispose il barman in uno stato di evidente disagio.

« Naaa! Giovanotto, non abbiamo modo di cambiare il corso del nostro destino. Se devo morire stanotte con un pugnale piantato nel petto...così sia.» rispose Bob.

I due uomini discorsero per una buona mezz'ora, sbevazzando, ridendo e a tratti accendendosi in qualche discussione, prima che Bob si alzò dal suo sgabello per salutare l'amico e il barman.

« Ci vediamo, ragazzi. Dovrò svegliarmi prima dell'alba, le quaglie non si cacceranno da sole!» si accomiatò ridacchiando e barcollando.

 Jeff lo seguì con lo sguardo, mentre consumò il suo ultimo bicchiere di alcool. Lasciò il compenso per il barman sul bancone e, cautamente, si avviò verso l'uscita del bar, pedinando colui che di lì a poco sarebbe stato la sua prossima vittima.

L' esclamazione che aveva udito mezz'ora prima dalla bocca di quello sventurato fu musica per le sue orecchie, e la accolse come una sfida.

« Vediamo come riesci a riempirmi il culo dei tuoi fottuti proiettili...» disse tra sé e sé, mandando al diavolo il suo proposito di restare nell'ombra per un po' di tempo.

Più del suo pugnale. (Jeff the Killer)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora