Tiro fuori il telefono dalla tasca dei miei jeans, sgrano gli occhi nel vedere l'orario: le due del mattino, accidenti. Il mio sguardo ricade sulla notifica che segnala le dieci chiamate perse da parte di Abby. Dannazione.
Decido di scendere e di tornare a cercarla alla festa, che è ancora nel pieno del suo svolgimento. Mi sento una pessima amica, l'ho lasciata sola in questa gabbia di matti senza curarmi minimamente di quanto si sarebbe preoccupata.
La cerco con gli occhi ma non la intravedo da nessuna parte, vorrei andarmene ma non ho la macchina, non so proprio che fare.
Mi avvio al piano di sopra per andare in bagno e lavarmi il viso, ma vicino alla porta, mentre mi guardo intorno con aria smarrita, due ragazzi mi si parano davanti e torreggiano su di me.
Uno di loro tiene in mano uno spinello, l'altro un bicchiere. Entrambi hanno gli occhi iniettati di sangue e mi sorridono, sono entrambi molto muscolosi e potrebbero essere degli atleti, ma non credo di averli mai visti. Ad ogni modo, non mi lasciano passare e l'ansia comincia a salirmi.
Uno di loro avanza di un passo verso di me <<Dove vai, bellezza? Ti va di unirti a noi?>>
Il suo alito puzza estremamente d'alcol, e barcolla un po' mentre quella frase esce dalla sua bocca. La mia mente comincia ad immaginare una serie di scenari possibili mentre cerco di respirare profondamente, ma in nessuno di questi scenari la cosa va a finire nel migliore dei modi.Provo a dire qualcosa ma le parole mi si mozzano in gola, faccio per voltarmi ma uno dei due si mette dietro di me per sbarrarmi la strada: sono decisamente in trappola.
Chiudo gli occhi e con il labbro tremante serro i pugni lungo i fianchi, il mio petto si alza e si abbassa sempre più velocemente e sposto il peso da un piede all'altro come se mi aiutasse ad alleggerire la tensione, ma inutilmente.
Penso e ripenso, mentre i due si guardano divertiti e continuano a bere e fumare.
Se urlassi, di certo non mi sentirebbe nessuno con il baccano della musica, mi guardo intorno e nessuno è nei paraggi, mi sento davvero sul punto di avere un attacco di panico in piena regola, la mia testa gira e le lacrime mi offuscano la vista.
Mi appello a quel briciolo di autocontrollo che mi è rimasto e decido di provare a dare uno spintone al ragazzo che torreggia dietro di me, e con mio grande stupore, riesco a correre via perchè non riesce ad afferrarmi, non avendo i riflessi pronti per via del suo stato.
Riesco a raggiungere il corridoio delle stanze e mi infilo in quella di Jackson, entrandoci e sbattendo la porta alle mie spalle, appoggiandomici sopra. Il mio respiro è pesante, ho bisogno di calmarmi, e scivolo sulla schiena contro la porta arrivando a sedermi sul pavimento con le ginocchia al petto. Finalmente posso scoppiare in lacrime.
I singhiozzi echeggiano nella stanza buia, e non ho la minima idea di quanto tempo sia rimasta seduta lì, ma ad un certo punto la luce del lampadario mi abbaglia.
Jackson dormiva nel suo letto e devo averlo svegliato, ma vedendomi in quello stato balza giù e corre da me. Si abbassa e con un mano mi tira su il mento, ha un'aria preoccupata.
<<Che ti è successo?>>
La sua voce è strana, non riesco ad intepretarla, sembra arrabbiato.
<<Mi dispiace di averti svegliato, non sapevo dove andare, dovevo andarmene perchè quei due altrimenti..>>
Non mi lascia finire, mi tende una mano per aiutarmi ad alzarmi, poi apre la porta.
<<Aspettami qui>>
Non so dove sia andato, ma decido che ormai non mi resta che sdraiarmi sul suo letto e rannicchiarmi in posizione fetale. Osservo la stanza perlopiù spoglia, davanti a me c'è una scrivania bianca con un pc chiuso poggiato sopra e alcuni libri dell'università al suo fianco, una sedia di pelle nera e un armadio di piccole dimensioni semi aperto. Lì accanto, due paia di scarpe di tela nere.
Le pareti sono bianche, anonime, non lasciano trasparire nulla di ciò che è lui.
Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, e mi rendo conto che le lenzuola hanno il suo forte profumo di muschio bianco, lo stesso che potevo sentirgli addosso poco prima mentre eravamo abbracciati sul tetto.
Con un tonfo, la porta della camera si apre e si richiude e, voltandomi a guardarlo, mi accorgo che le nocche della sua mano destra sanguinano e delle gocce di sangue si intravedono sul suo polso.
Gli vado incontro e gli prendo il viso tra le mani, lo esamino per constatare che il sangue non sia suo e che non sia ferito.
<<Ma che ti è successo? Di chi è questo sangue?>>
Non risponde, mi scansa e si dirige in bagno, dove sento scorrere l'acqua del lavandino.
Lo raggiungo e mi appoggio allo stipite della porta, lo osservo mentre si lava le mani, l'acqua che si colora di rosso... che diavolo ha combinato?
Mi porto entrambe le mani sul viso, mi sfrego la faccia e poi mi porto i capelli indietro, stringendoli con le dita.
<<Rispondimi, cazzo!>> gli grido contro. Sono stupita tanto quanto lui di questa mia reazione, lui si volta e sgranando gli occhi mi dice <<Levati dai coglioni>>.
Mi ferisce, ma non mi lascio intimorire. <<Dove sei stato? Perchè sei ridotto così?>> Riprovo a dire.
<<Ti ho detto di levarti dai coglioni, sei sorda? Ho dato una lezione a quei due pezzi di merda, sto bene, ora vattene. Nessuno ti darà più fastidio qui dentro. Tornatene a casa>>
<<Perchè l'hai fatto?>>
<<Chi cazzo sei, mia madre? Piantala di farmi il terzo grado>>
Lascio il bagno e torno a sedermi sul letto, ma mi rendo conto che non posso tornare a casa, non ho la macchina e non posso chiamare nessuno. Abby deve essersene andata da un pezzo e starà dormendo.
Queste feste fanno una più schifo dell'altra, cristo!
Esce dal bagno dopo qualche minuto con un asciugamano legato in vita e i capelli umidi. Si volta e nel vedermi seduta sul suo letto, un ghigno gli disegna il viso e solleva un angolo della bocca in un mezzo sorriso.
<<Sei ancora qui?>>
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Give me everything
RomanceFinirà mai questa sensazione che mi pervade anima e corpo ogni volta che mi guarda? Camila Wyatt è una studentessa modello che frequenta il Boston College, lavora in una libreria per contribuire alle spese per la retta dell'università, la sua vita n...