CAPITOLO 21

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<<Ciao, piccola>>
La sua voce roca e profonda mi fa sussultare, un brivido mi sconquassa il corpo dalla punta dei piedi alla punta dei capelli.

Scrollo le spalle e giro lentamente il capo verso di lui, trovandolo appoggiato allo stipite della porta con solo un paio di boxer neri addosso e nient'altro.

È sexy da morire, dannazione.

I capelli umidi fanno pensare che abbia appena fatto una doccia, qualche goccia gli ricade sui pettorali e fa risplendere la sua fisicità; deglutisco a fatica e cerco di mantenere il controllo.

Si dirige verso di me e il suo metro e novantadue torreggia su di me non appena mi è davanti, il mio battito cardiaco è salito alle stelle.

Mi afferra un polso e mi porta con sè in camera, chiudendosi la porta alle spalle.

<<Sembri scossa>> mi dice posandomi una mano sulla guancia e accarezzandola con il pollice.

In quel momento, una lacrima mi riga il viso e lui la raccoglie; tutte le emozioni che ero riuscita ad accantonare con la sua presenza, riaffiorano come un fiume in piena e mi travolgono completamente.

Tutte le scene del mio crollo mi passano davanti come un film, la mia verginità, Jackson, Ben, i miei genitori, e ora mi trovo qui, il posto peggiore che potessi scegliere.

<<Dimmi perché piangi, piccola>>

Il Jackson che conoscevo sembra si sia tramutato in un ragazzo dolce e premuroso, nella sua voce non c'è malizia e nel suo sguardo non ci sono secondi fini, anzi sembra seriamente preoccupato per me per la prima volta.

<<Io.. ho avuto una brutta giornata>> esito un po' prima di rispondere, e in quei secondi realizzo che forse potrei anche lasciarmi andare un po'..

Si comporta come se non gli avessi vomitato in faccia tutto il mio disprezzo nei suoi confronti due settimane prima, come se il nostro litigio non fosse mai avvenuto, ma anche io, da parte mia, sto facendo altrettanto e mi spaventa il fatto di volergli stare accanto in un momento come questo nonostante tutto.

Forse sto perdendo la testa?

Mi oltrepassa e si siede sul bordo del letto, invitandomi con un gesto della mano a raggiungerlo e io, come se fossi una marionetta i cui fili sono controllati da lui, lo faccio.

<<Mio padre ha tradito mia madre>> dico tutto d'un fiato, in un modo spontaneo, ma senza guardarlo in faccia.

<<Mi sembra di non sapere più niente, questa situazione mi sta logorando>> continuo.

<<Non possiamo pretendere che le persone rimangano legate a noi solo perchè siamo noi a volerlo, inoltre, tuo padre non ha tradito te, perciò non capisco perchè tu soffra tanto>>

Le sue parole mi fanno riflettere un attimo su quanto io sia infantile, ma il mio cuore è inevitabilmente ridotto in mille pezzi.

<<Invece soffro eccome, mio padre rappresentava un pilastro nella mia vita, abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, era la mia luce nell'oscurità, la mia fonte di felicità e spensieratezza>>

<<Chi ti dice che non possa continuare ad esserlo?>>

<<Ora lui se ne andrà, e io sarò costretta a rimanere con mia madre e il suo dolore. Ho sempre avuto un pessimo rapporto con lei, nonostante le voglia bene, ma non sono sicura che rimanere con lei possa far bene nè a me tantomeno a lei>>

Improvvisamente Jackson si alza e comincia a camminare nervosamente avanti e indietro al centro della stanza, con una mano tra i capelli e gli occhi colmi di rabbia.

Rimango sbigottita di fronte a quella scena bizzarra perchè non capisco a cosa sia dovuto questo suo strano comportamento.

<<Ho detto qualcosa di sbagliato?>> mi affretto a chiedere. Quell'atmosfera di fiducia che si era creata è svanita come un battito di ciglia.

<<Senti, non so perchè stiamo giocando a fare i fidanzatini, ma ora devi andartene>>

Mi alzo in piedi e sgrano gli occhi, incredula e incerta se abbia realmente detto quelle cose.

<<Non capisco, stavo solo parlando di mia madre..>>

<<Almeno tu ce l'hai una madre!>>

Senza lasciarmi finire mi grida contro quell'unica frase e il suo sguardo è mutato ancora, stavolta, carico di tristezza. <<Esci, vattene da qui>> dice a denti stretti spalancando la porta invitandomi chiaramente a uscire.

Gli occhi mi pizzicano nuovamente per le lacrime imminenti, ma per una ragione ancora sconosciuta i miei piedi non si staccano dal pavimento e rimango inerme nello stesso punto non so per quanto tempo.

Questo ragazzo così bello, porta dentro cicatrici che non oso nemmeno immaginare, non ha mai ricevuto amore? Forse sua madre se n'è andata quando lui era piccolo?

Ho tutta l'intenzione di scoprirlo, ma ora mi sembra che i miei problemi e le mie frustrazioni siano microscopici paragonati a quelli di Jackson, perciò decido di restare contro ogni logica.

Mi avvicino a lui che ora è di spalle e lo cingo in vita abbracciandolo forte; il mio petto aderisce alla sua schiena nuda, il mio tocco lo fa sussultare, i suoi muscoli si tendono; per un secondo dimentico perfino che sia in mutande, perchè in quell'abbraccio è racchiusa tutta la mia vicinanza per lui. Il suo respiro è rotto, ma non riesco a decifrare se sia per nervosismo o paura.

Probabilmente nervosismo, infatti mi aspetto che da un momento all'altro faccia una sfuriata.

Con uno scatto, sbatte la porta chiudendola e si gira verso di me: ora riconosco i suoi occhi blu.

Mi prende il viso con entrambe le mani e mi bacia con possesso e con trasporto; mi rendo conto che da quando sono entrata qui dentro è l'unica cosa che volevo che facesse, mi è mancato così tanto il suo tocco, la sua lingua fusa con la mia, le sensazioni che è capace di regalarmi.

Mi spinge bruscamente sul letto e io mugolo al nostro contatto mancato, con gli occhi pieni di desiderio e le labbra gonfie per i nostri caldi baci.

Posiziona le sue ginocchia in mezzo alle mie gambe che io apro di rimando e mi sovrasta in tutta la sua imponenza, lo guardo dal basso verso l'alto e lo desidero ogni secondo di più. Poi avvicina le labbra al mio orecchio

<<Non provare mai più a toccarmi, non mi serve la tua carità>>

Il suo tono è potente e deciso nonostante stia sussurrando, ma invece di intimorirmi, mi eccita ancora di più, tanto che sento un fiotto caldo scendere nelle mie mutandine e rispondo inarcando la schiena verso di lui per sentirlo più vicino e intreccio le mie gambe nel suo bacino.

La sua grossa protuberanza è percepibile attraverso i boxer e spinge sul mio sesso, facendomi desiderare di liberarci di quel tessuto di troppo che ci divide.

<<Dimmi cosa vuoi, piccola>>

<<Ti voglio, Jackson>> rispondo impaziente, con gli occhi ridotti a due fessure, e scorgo nelle sue iridi un lampo di malizia e la sua bocca si piega in un sorrisetto beffardo.

Non mi importa più di nulla, se non di averlo dentro di me e placare quella bramosia che pulsa in ogni parte del mio corpo.





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